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31 Marzo 2025 0 Commenti Denis Abello
Ci sono persone che “a pelle” ti colpiscono subito e ti trasmettono al volo vibrazioni positive e Luca “Vicio” Vicini fa sicuramente parte di questa categoria di persone.
Conosciuto ai più sicuramente per essere “uno dei cinque” (ed in particolare il Bassista) dei Subsonica ammetto che mai avrei pensato che prima o poi sarei finito ad intervistarlo sulle pagine di MelodicRock.it, ma il destino sa lavorare in modi inaspettati. Così, causa anche quel galeotto che risponde al nome di Luca “Luke” Bosio (che ringrazio per aver fatto da tramite e che è sicuramente conosciuto da chi segue assiduamente MelodicRock.it), mi troverò a breve a far quattro chiacchiere proprio con il Bassista dei Subsonica…
“MA”, perché un MA potrebbe sorgere spontaneo ai nostri lettori, che cosa c’entrano i Subsonica con il Melodic Rock e l’AOR???
Io vi dico che c’entrano, o meglio, c’entra il “torbido passato” proprio del loro Bassista, passato che in questi giorni è tornato a bussare alla sua porta e che si presenta ora sotto il nome di 4GOT10.
Intervista a cura di Denis Abello.
MelodicRock.it ringrazia Luke Bosio per averci messo in contatto con Luca.
MelodicRock.it: Ciao Luca e prima di tutto grazie mille per questa opportunità! Passerei subito al sodo. Penso che la maggior parte delle persone ti conosca come il Bassista dei Subsonica, cosa ci fai quindi su una testata che parla prettamente di Hard Rock / AOR e Melodic Rock?
Luca “Vicio” Vicini: Grazie a voi e ci tengo a farvi i complimenti per il lavoro che portate avanti, avendo anche io scritto negli anni ’90 sulle pagine di Distortion, dove tra le altre cose ha scritto anche Luke Bosio con cui siamo amici, so cosa vuol dire!
Per il resto io sono classe ’71 e quindi ho vissuto appieno gli anni ’80 ed ero veramente infognato della musica che andava dal Metal all’AOR. Così nell’88, insieme al mio partner in crime Alberto “Vacchio” Vacchiotti (chitarrista dei Fratelli Di Soledad! n.d.r.) mettiamo insieme i Meat Butched, pure sbagliando il nome e invertendo aggettivo e sostantivo, e tra l’altro facendo una roba strana tra il thrash metal, il new wave ed il dark wave.
Questo perchè il nostro cantante del tempo era fissato dei Japan, Bow Wow, Joy Division, U2. Io anche ero molto spurio perché spaziavo dagli Slayer ai Cure, Duran Duran e la musica degli anni ’80. Poi tutto dove trovavo un Basso figo mi piaceva, soprattutto i Police o gli Iron Maiden.
Alberto invece all’epoca era quello più straight edge!
Comunque già al tempo avevamo le idee chiare, sempre fatto roba nostra, mai passato per la testa di fare cover.
MelodicRock.it: Quindi abbiamo chiarito anche come conosci il buon Luke Bosio e direi che con Alberto Vacchiotti è un’amicizia che parte da lontano e dura ancora oggi.
Vicio: (Ride) Si, con Luke ci unisce il Metal ed il Tennis, mentre Vacchio per me è come un fratello, nel vero senso del termine. Con lui abbiamo fatto robe inimmaginabili e combinato robe inimmaginabili, perché eravamo due disgraziati… e in parte lo siamo ancora adesso.
MelodicRock.it: Come continua quindi la tua storia?
Vicio: Parlando per me, con il passare del tempo e avendo maturato anche più un’attitudine al songwriting mi è venuto naturale spostarmi verso suoni che forse già avevo nella testa, perché io da piccolo ascoltavo appunto i Police, un sacco di musica dei primi anni Ottanta, anche la roba più commerciale, come poteva essere Chris Rea o, che cavolo ne so, i primi Depeche Mode. Anche proprio quel synth pop che a me è sempre piaciuto.
MelodicRock.it: Sei stato indirizzato in qualche modo verso questo tipo di musica?
Vicio: Indirizzare me è una delle cose più difficili dell’universo, perché sono un rullo compressore ed è difficilissimo avere a che fare con me musicalmente parlando (Ride). A casa mia da piccolo si ascoltava tanto la radio e a fine anni Settanta c’era la New Wave, spesso mi capitava di ascoltare delle note che mi attiravano e ogni tanto captavo qualcosa da amici o parenti più grandi, come per esempio da mia cugina che aveva 8 anni più di me. Quindi quella è stata la mia primissima formazione. Poi sono stato folgorato sulla Via di Damasco da due o tre cose.
Una in particolare, la pubblicazione del primo disco dei Bad English, disco che ho letteralmente consumato.
Quindi, insieme ad Alberto Vacchiotti e Mauro Ala, il trittico che poi ha fondato i Forgotten Sons, ci è venuto naturale iniziare a scrivere verso quella musica, complice anche il fatto di aver trovato al tempo un cantante con una voce molto melodica.
MelodicRock.it: Sfondi una porta aperta, Bad English è uno dei miei dischi preferiti di sempre.
Vicio: Beh sai, è per me uno di quei dischi che ti cambia la vita. Da un giorno all’altro ti rendi conto che non è più la stessa vita. Chiedi a Bosio, l’ho fatto letteralmente rincognionire con questo disco. Poi un altro momento importante per me è stato l’aver visto i Dare di supporto agli Europe a Torino (1989 n.d.r.). Ero da solo e non mi aspettavo sinceramente granchè, invece fu un bel concerto da parte degli Europe.
Però prima di loro suonarono i Dare, e io non avevo la più pallida idea di chi fossero, ma rimasi folgorato. Micidiali! Poi da li ho scoperto l’album Out of the Silence.
MelodicRock.it: Continui a sfondare porte aperte, Darren Wharton è pura meraviglia!
Vicio: Si, già con i Thin Lizzy. Però ora che ci penso c’è stato ancora un album che prima di tutto ha fatto scattare in me la scintilla, Hysteria dei Def Leppard. Ecco, mi è capitato di parlarne anche con amici produttori e musicisti, quello è un album che se lo hai sentito non puoi averlo ignorato!
Anche se spesso ci prendiamo in giro con Max Casacci, il nostro chitarrista nei Subsonica e anche lui produttore, che quella roba li la odiava. Però non la puoi ignorare, non puoi ignorare la portata di un produttore come Mutt Lange che ha cambiato il modo di lavorare sulla musica.
Hysteria è stato un disco che non aveva confini, non era un disco AOR, non era un disco Rock e non era neanche Pop, ma in realtà era tutto insieme. Ecco, questa forse è la musica che a me piace fare, senza connotazioni ma assolutamente curata. Come lo possono essere su questo piano della cura album come Synchronicity dei Police, altro cardine della mia vita, o Operation Mindcrime dei Queensryche. Sono dischi che hanno tutti un filo che li unisce di serietà e di precisione produttiva.
Poi a questo punto con Alberto ci siamo impallinati anche di produzione e ci siamo presi una cotta per i White Lion di Pride e Main Attraction, il primo disco dei Diving for Pearls, i Journey… poi a me ha sempre fatto impazzire John Waite, come anche Bryan Adams.
John Waite poi è anche bassista e nei suoi dischi c’è sempre un grande songwriting, anche in quelli post Bad English. Lo stesso grande songwriting che ritrovo per esempio ora nei The War on Drugs, ecco per loro al momento sbiello proprio.
Quando scrivo quello è il senso che voglio trovare, poter dire ”Ok, sto scrivendo qualcosa di veramente buono”, non sto solo scrivendo “qualcosa”.
MelodicRock.it: Tra l’altro all’epoca con i primi Forgotten Sons avevate anche inciso qualcosa di vostro, corretto?
Vicio: Si, come si chiamavano una volta, Demo Tape, che poi in realtà a pensarci bene era un EP in cassetta. Perché erano quattro brani distribuiti da CGD. HM ci aveva recensiti, e ho ritrovato recentemente la recensione. Dicevano che eravamo il futuro dell’AOR italiano, i nuovi Elektradrive, che tra l’altro sono cari amici miei e di Alberto.
MelodicRock.it: Elektradrive altra grande band, vista non molto tempo fa dal vivo e anche loro in quanto a cura si difendono bene.
Vicio: Con Stefano Turolla (bassista degli Elektradive. n.d.r.) siamo molto amici. Poi ho dato una mano ad Eugenio Manassero (tastierista, n.d.r.) a districarsi tra le sequenze, a cercare di “subsonicizzare” il sound degli Elektradrive (Ride).
MelodicRock.it: Torniamo quindi ai Forgotten Sons. Belle recensioni, eravate anche nel periodo storico “giusto”, e poi?
Vicio: niente, eravamo ragazzini, eravamo teste di minchia… e ci siamo sciolti. A parte gli scherzi, quando abbiamo iniziato a fare un po’ più sul serio è arrivato il grunge quindi noi ci siamo trovati con le mani in mano. Poi all’epoca sembrava una disgrazia, anche perché il grunge, per chi aveva come me vent’anni, non era più una musica interessante.
Io i coglioni che giravano li avevo già avuti prima, quindi mi ero già sfogato con gli Slayer, i Kreator, i Motorhead, le robe che a me davano la possibilità di scaricarmi… i Nirvana e Soundgarden in quel periodo no.
Poi dopo li ho adorati. Però li ho adorati non come dire, “ah questa è la musica che mi salva la vita”, ma come musicista perché ho saputo apprezzare quel loro suono. Anche perché a me la vita l’hanno salvata i Bad English.
MelodicRock.it: Cos’è successo quindi dopo?
Vicio: Io ho iniziato ad interessarmi ad altro. I Prodigy, Chemical Brothers, Underworld, tutta quella roba lì. Massive Attack. Motivo per cui pian piano io mi sono avvicinato ad un altro genere e poi sono entrato nei Subsonica.
MelodicRock.it: Suppongo che i Subsonica siano stati la tua svolta professionale?
Vicio: Sono sincero, è l’unico gruppo con cui avrei suonato. Ci conoscevamo già prima e tra l’altro anche Boosta (Davide Dileo, tastierista, n.d.r.) è un grande appassionato di AOR. Lui ha iniziato a suonare perché ha visto David Bryan dei Bon Jovi (Ride).
MelodicRock.it: i Subsonica penso abbiano portato via una parte importante del tuo tempo?
Vicio: Si, quasi 26 anni. Poi con i Subsonica hai davanti un’entità enorme, quasi schiacciante. Perché essere parte di un gruppo così famoso, e come parte intendo proprio parte integrante visto che siamo un gruppo di cinque elementi a pari livello, e questo schiaccia tutto quello che c’è dietro la persona.
Nel mio caso, a parte la musica, tutto il resto a livello personale che per me è quasi un lavoro, dal coaching, alla diffusione dello Yoga e della Meditazione, alle Arti Marziali.
MelodicRock.it: Arriva però un momento dove da un cassetto riappaiono i Forgotten, o meglio i 4GOT10.
Vicio: È nato credo dal fatto che Alberto ha dovuto cambiare casa e ha dovuto sbarazzarsi delle vecchie robe che aveva in soffitta e ha ritrovato questi vecchi nastri. Quelle robe lì da film (Ride). Lui li ha digitalizzati e me li ha fatti ascoltare.
Abbiamo tutti e due studi di produzione in casa (Lo studio di Vicio si chiama Punto V e si trova in bassa Valle di Susa. N.d.r.), io più orientato verso il Pop, lui sul Rock e così ci siamo detti: “Questa roba non suonava male e alla fine scrivevamo bene, ma perché non li riprendiamo in mano, almeno le basi, e le facciamo suonare come fosse Hysteria, almeno questa era la nostra idea iniziale”.
Poi è arrivato il COVID e così abbiamo trovato effettivamente il tempo di riprendere in mano questo materiale. Abbiamo fatto tutto io e lui, perché io mi sono occupato di fare tastiere, programmazioni, bassi, chitarrine. Lui tutte le chitarre.
I pezzi per noi suonavano da paura. Però c’era l’incognita cantante, il nostro cantante Mauro Ala, già che è sempre stato una persona abbastanza sui generis, negli anni 90 è andato a vivere in Spagna. Quando era tornato una volta qua, nel mio vecchio studio avevamo riregistrato un paio di robe con lui che già al tempo ci avevano fatto capire cosa poteva uscire.
Nel 2021 quindi lo ricontattiamo iniziando a scambiarci materiale tra Italia e Spagna ma in breve vediamo che la cosa non funzionava. Lui non aveva un grande interesse a farlo, poi io e Alberto siamo due musicisti, viviamo nella musica, lui non più. E quindi tirar dentro una persona forzatamente, tu dici anche no.
MelodicRock.it: La voce però in un progetto come i 4GOT10 è un tassello a mio parere importantissimo. Come avete quindi risolto?
Vicio: Abbiamo semplicemente proseguito a buttare giù basi. Poi la scorsa primavera un mio amico storico che si occupa di teatro mi chiede perché non suoniamo nuovamente come Forgotten? Secondo lui c’era un sacco di materiale e si poteva parlare anche di fare un musical.
Subito l’idea di un musical sembrava interessante, ma poi alla fine questo tipo di musica dove avresti potuto suonarla?
Però da li mi è partita l’idea di riprendere le basi e rifare tutte le top line. Io canto, così le ho ricantate e ho riscritto tutti i testi. Sempre e comunque solo io e Alberto a riscambiarci i pezzi.
I pezzi funzionavano. Contemporaneamente io stavo producendo qua un cantante che si fa chiamare Proibito, un ragazzo giovane di Torino che fa roba in italiano, che si accompagna a una tastierista che le fa da supporto produttivo e arrangiamento, Elena Crolle, una molto molto brava e che canta anche molto bene.
Parlando con lui salta fuori che gli piace un casino Steve Perry dei Journey e Bono Vox e così ho avuto l’intuizione di fargli provare a cantare i pezzi. Tra l’altro gli ho fatto un culo in studio inimmaginabile (Ride), perché avevo le idee chiarissime su come volevo fosse cantato questo genere, senza andare troppo in alto, ed è venuta fuori una roba che ci piaceva.
Ecco, da lì poi abbiamo trovato l’altro chitarrista Iacopo “IA” Arrobio, che suonava già con noi in una seconda versione dei Forgotten negli 90, facendo una roba un po’ diversa. Lui era chitarrista dei Sick Rose, gruppo seminale dell’Underground Garage negli anni 80.
Alla batteria ho chiamato un mio amico, Mattia Barbieri, che è uno dei top player italiani, batterista jazz molto molto bravo. Da lì, eccoci, siamo riusciti a fare un disco sostanzialmente registrando qua da me da settembre a dicembre, lavorando alle rifiniture alla follia! Follia produttiva.
MelodicRock.it: Parliamo quindi dell’album di debutto dei 4GOT10. Ho avuto il piacere di ascoltarlo in anteprima e confermo che uno dei punti di forza è sicuramente il livello di dettaglio che traspare dai pezzi. Segno questo che c’è stata una ricerca molto mirata e curata sui singoli brani per riuscire a caratterizzarli, cosa che ultimamente spesso manca alle produzioni di questo genere.
Vicio: Concordo, suonano male molti attuali dischi AOR, che è una cosa assurda. Per far suonare bene adesso un disco, è più semplice rispetto ad una volta. Non dico come Hysteria, però comunque arrivi ad alti livelli. Quindi non riuscire a far suonare bene i dischi per me, da produttore e da mix engineer, è inquietante.
Mentre invece quello che a me spaventava, in senso buono, delle produzioni fino agli 80 dell’AOR era la produzione. Ritchie Zito con i Bad English, Ron Nevison, i Giant, cioè quelle robe che suonavano da spavento.
MelodicRock.it: Parlando invece dei pezzi. Sono tutti brani che già avevate e avete riadattato o avete scritto anche nuovo materiale?
Vicio: Qualcosa lo abbiamo scritto ex novo, tipo For this moment l’ho iniziato a scrivere a luglio. Poi Alberto mi ha dato una mano a concluderla. idem One Second Chance, l’ha scritta Alberto tra ottobre e novembre. C’è anche un mio pezzo, Everybody Loves Everybody Hates, che pensavo non fosse neanche adatta, troppo Pop. Agli altri è piaciuta e quindi è stata inserita.
MelodicRock.it: A mio parere l’album ha un suono suo e personale, che è una cosa che è diventata molto molto difficile da trovare nei dischi AOR e Melodic Rock.
Vicio: Devo dire che a livello di produzione è andato oltre le mie più rosee aspettative. Anche se per me è l’unico modo. Io lavoro un po’ con tutti così. Chi lavora con me come produttore sa che il mio livello di dettaglio e di andare a rifinire tutto ciò che è tridimensionalità nella struttura di una canzone è fondamentale.
Da quel punto di vista uno dei gruppi che mi ha cambiato abbastanza a livello musicale ultimamente sono i The 1975 che trovo molto molto vicini a tanti suoni di questa musica di cui stiamo parlando. Loro sono un gruppo Pop che vende ancora milioni di dischi e riescono ancora ad avere quella cura li.
O se vogliamo possiamo dire Peter Gabriel…
MelodicRock.it: li vai veramente a parare su un livello alto di dettaglio e accuratezza!
Vicio: Però è lì che devi andare a parare. Devi crearti i tuoi riferimenti di ascolto, io per questo disco non mi sono riferito a niente di espressamente rock, devo dire.
MelodicRock.it: mi hai citato un sacco di gruppi in questa intervista, veramente tanti, tra cui anche gruppi che mi piacciono un sacco. Io però ti dico, ascoltando l’album, un gruppo che mi è venuto in mente, e non me l’hai ancora citato, sono i Toto. Anche forse proprio per la cura del dettaglio che c’è dietro ai pezzi, più forse che per lo stile.
Vicio: Guarda, i Toto sono per me croce e delizia. Penso di aver venerato Jeff Porcaro, per me è stato il batterista AOR per eccellenza, così come Steve Lukather è stato uno dei più grandi chitarristi. Ho letto anche il suo libro, The Gospel according to Luke, molto interessante e bellissimo. Lui è un bel personaggio. Soprattutto negli anni 80, quando si muovevano nel versante pop, a me loro piacevano.
Devo dire però che non mi piaceva tutto, perché poi certe canzoni proprio non riesco a digerirle. Tipo le robe troppo “luffiane”, quelle troppo “easy listening”, non riesco proprio a digerirle. Però per esempio un disco come Seventh One l’ho consumato.
MelodicRock.it: 4GOT10 comunque ha una sua parte easy listening… o sbaglio! 😉
Vicio: (Ride) Sì, ci sono sicuramente dei passaggi easy listening. Poi l’assonanza con i TOTO non è così stramba. Alberto è uno che è cresciuto con Steve Lukather, a anche io. Spesso se dovevo fare delle robe di chitarra su questo genere, lui e Dan Huff dei Giant, Neal Schon (Journey)… i riferimenti erano quelli. Però Steve Lukather in particolare, sul discorso rifiniture è stato sicuramente un maestro per tutti quelli che hanno abbracciato la chitarra da studio.
Poi anche il nostro batterista Ninja è molto debitore al mostro sacro della batteria, Jeff Porcaro. Tra l’altro li ho visti dal vivo un paio di volte e avevo anche intervistato Steve Lukather per Distortion negli anni ’90.
Però ammetto che i Toto non erano tra i miei gruppi preferiti di sempre anche se li apprezzavo sicuramente come musicisti e come session man.
MelodicRock.it: Ultimo giro di domande. La prima è cosa ti aspetti dall’album dei 4GOT10?
Vicio: Non lo so, mi basterebbe che la gente ascoltasse che in Itali si possono fare cose di livello in questo ambito. La mia mira poi sarebbe di suonare questi pezzi live esattamente così come spero possano arrivare su album.
MelodicRock.it: Questa era la mia seconda domanda? Rimarrà un progetto o l’idea sarebbe di portare i 4GOT10 live?
Vicio: Guarda, preparo cena, mangio una roba al volo e inizio a provare subito dopo (Ride). E’ complesso, è una challenge elevatissima. Cantare in quattro, cantare e fare uno show che abbia un grande livello. Se tu vai a vedere i 4GOT10 dal vivo devi trovare un alto livello. Per me è come i Subsonica, dove il livello di dettaglio è esattamente quello.
MelodicRock.it: Rispetto al disco è ancora più difficile portare un alto livello in un live!
Vicio: Guarda, io piuttosto non suono. Arrivo comunque da un livello con i Subsonica che per me è alto e non voglio andare a suonare delle cose a un livello più basso. Poi è ovvio che non saremo mai i Subsonica, ma neanche lo vorrei, altrimenti non farei 4GOT10. Mi basterebbe quello che faccio con i Subsonica.
Mentre per me è proprio l’idea di fare una roba totalmente, radicalmente diversa, ma con l’attitudine che metto nei Subsonica
E’ molto disciplinata. Conta che a me piaceva Robert Fripp e i King Crimson degli anni Ottanta. Ho poi praticato e seguito gli insegnamenti di Gurdjieff, per cui la disciplina so cosa vuol dire.
Diciamo che quindi la mira più elevata è proprio quella di portare i 4GOT10 live con un alto livello e comunque anche se dovessimo suonare davanti a due persone le dobbiamo fare uscire piegate e soddisfatte!
MelodicRock.it: Verrò sicuramente a vedervi!
Tocchiamo quindi l’ultimo punto! Spulciando un po’ i tuoi social (i link li trovate a fondo di questa intervista. N.d.r.) e da questa lunga intervista sicuramente traspare il fatto che sei un Personaggio assolutamente poliedrico. Oltre la musica quindi coltivi anche altre Passioni? Ti va di parlarci quindi un po’ di te?
Vicio: Guarda, ad essere sincero non ho molte Passioni. Potrei anche essere molto volgare dicendo quali sono le mie passioni (Ride), perché poi le passioni sono altre cose. Le mie sono banalissime, cadrei nell’equivoco dell’uomo comune.
Mentre invece ciò di cui mi occupo nel resto della mia vita non è una passione, ma è il mio modo di stare al mondo. Perché per me lo Yoga, la Meditazione, così come la Musica, il Qi Gong o il Karate o il Tai Chi… per me si basano tutti sullo stesso concetto di lavoro su di sé. Quindi anche la Meditazione ed il fare Coaching, quindi facendolo anche per gli altri, è proprio il mio modo di stare al mondo.
Io vivo così. Tutti i giorni cerco di seguire una disciplina anche molto ferrea di risvegliofatto in un certo modo, di meditazione, di Qi Gong, di Yoga o comunque quello che sia. Vivo la giornata in un certo modo, l’alimentazione in un certo modo e tendo a finire proprio la giornata sempre seguendo delle linee di disciplina abbastanza ferre, non troppo però. Sicuramente c’è molto tempo dedicato al silenzio, star seduto e semplicemente meditare.
Oltre al contatto con la Natura, perché io vivo fuori città, in collina, in mezzo al Verde, quindi con la mountain bike o andando a camminare. Ho sempre fatto tanto sport, quindi per me il contatto con la natura, il silenzio, stare nel momento, quello è un altro mio modo di stare al mondo.
Non vorrei passare come eccessivo uomo per bene, perché ho fatto anche dei disastri in passato. Tant’è che arrivi poi a questa cosa perché il passato è costellato di casino, e questo in parte traspare anche nei testi di 4GOT10. Ho cercato di mettere giù l’album da un punto di vista anche di chi le cose le ha viste, può permettersi anche di raccontarle un po’ sorridendo come stiamo facendo adesso io e te.
Quello che vivo in questo momento me lo vivo bene, anche l’Amore me lo vivo bene senza nessun tipo di paranoia, gelosia. Cerco di vivere una vita libera in un periodo molto difficile per il mondo a livello energetico, politico, e di tante altre cose.
Cerco di fare mia la Vita in questo modo, anche cercando di portare in giro alcuni concetti a per me importanti con dei seminari. Per esempio io e Livio Magnini, il chitarrista dei Bluevertigo, che tra l’altro anche lui è super appassionato di AOR, stiamo portando in giro questo seminario che si chiama Suono, Silenzio e Meditazione, sull’ascolto emozionale della musica, su ciò che provoca, sull’ascolto del silenzio interiore e anche sulla pratica del corpo.
Quindi cercare anche di portare qualcosa di buono al mondo.
MelodicRock.it: Direi che è stata una lunga e bella chiacchierata e a me non resta che salutarti e augurare a te ed alla band tutto il meglio per questo nuovo percorso dei 4GOT10.
Vicio: Grazie mille a te ed a MelodicRock.it. E’ stato un piacere anche per me e spero ci sia presto occasione per rivedersi.
CONTATTI SOCIAL
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22 Marzo 2025 0 Commenti Samuele Mannini
A quasi due mesi dall’uscita del disco “The Way It Burns” dei finlandesi Ginger Evil, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare il chitarrista della band, Tomi Julkunen. Con lui abbiamo approfondito un album che mi ha colpito per la sua capacità di discostarsi dai canoni classici trattati sul nostro sito, offrendo al contempo momenti di freschezza e leggerezza nell’ascolto. Ecco il risultato di questa breve conversazione.
Dai Moonshine Inc. a Ginger Evil
“Ci puoi raccontare qualcosa del percorso evolutivo che ti ha trasformato da Moonshine Inc. nella band che sei oggi? Quali elementi del tuo passato sono ancora presenti nel sound della band?”
Tutto è iniziato nel lontano 2005, quando sono tornato da Dublino, dove avevo vissuto per 4 anni. In realtà, ho vissuto a Stoccolma per qualche mese prima di trasferirmi definitivamente in Finlandia. Avevo alcune idee per delle canzoni e, una volta stabilitomi, ho chiesto al nostro bassista Veli se voleva formare una nuova band. Abbiamo scritto canzoni e provato per circa un anno e mezzo, ma non riuscivamo a trovare il cantante giusto. Abbiamo fatto molte audizioni, ma nessuno aveva la voce o l’atteggiamento adatti. Sembrava infatti che in Finlandia non ci fossero molti grandi cantanti che non fossero già impegnati in tre o quattro band contemporaneamente. Volevamo un cantante che fosse veramente impegnato con noi. Una volta deciso di riprovare con quei brani, tutto si è incastrato molto rapidamente: il cantante giusto, il batterista giusto e siamo stati pronti a partire. Direi che il nostro passato si fonda sul rock classico degli anni ’70 e sul rock alternativo degli anni ’90. Amiamo la musica rock tradizionale e il nostro intento era creare un album che fosse un piacere da ascoltare tra le mura domestiche.
Influenze musicali e omaggi
“L’album è stato elogiato per la sua capacità di fondere diverse influenze: a quali band o generi volete rendere omaggio e come avete tradotto queste ispirazioni nel vostro sound?”
Suona ciò che senti. Come ho già detto, Ginger Evil attinge da numerose influenze: Pearl Jam, Stone Temple Pilots, il vecchio Aerosmith, Fleetwood Mac e via dicendo. Praticamente, tutte le band e gli artisti che abbiamo ascoltato crescendo. Tuttavia, la cosa fondamentale è che volevamo suonare come noi stessi, senza cadere nella mera imitazione. Le influenze si percepiscono, ma non si riesce a dire esattamente a quale band assomigliamo. Non desideriamo essere “il prossimo questo o quello”. È un approccio che cerchiamo di evitare: scrivere canzoni pensando di dover replicare lo stile di un’altra band non ha alcun senso.
Il ruolo di Ella Tepponen
“La voce di Ella è stata particolarmente apprezzata dalla critica e anche da me: in che modo la sua interpretazione vocale ha contribuito all’identità musicale dell’album?”
Per me, la sua voce è ciò che fa risaltare le nostre canzoni. Non ho alcuna illusione: senza di lei saremmo solo un’altra band. Il suo sound è speciale e rende le nostre canzoni migliori di quanto avrei mai potuto immaginare. Inoltre, scrivere canzoni con Ella è divertente, perché lei le percepisce in modo diverso. Questo è ciò che rappresenta Ginger Evil: ognuno porta il proprio contributo, ed è proprio questo che rende i nostri brani interessanti per noi stessi.
Collaborazioni e Produzione
“Avete avuto il piacere di collaborare con figure di spicco come Teemu Aalto e Svante Forsbäck. Quali aspetti del loro contributo hanno arricchito maggiormente la produzione di ‘The Way It Burns’?”
Mettiamola così: Teemu è stato per noi come il nostro George Martin (produttore noto per essere stato definito ‘il quinto Beatle’ (nda)), un professionista che ama la musica e vede il quadro generale. Ha smontato le canzoni per ricostruirle da zero, proprio come fa un grande produttore. Avevamo tutti gli elementi per creare delle canzoni eccezionali, ma queste avevano bisogno di una messa a punto. Quando si registra un album, è fondamentale avere qualcuno che produca e guidi la band: altrimenti, il percorso potrebbe diventare infinito.
È stato sicuramente uno sforzo collettivo; abbiamo lasciato il nostro ego fuori dalla porta, consapevoli di aver bisogno di un vero direttore d’orchestra per tenere tutto insieme. Una volta che ho conosciuto Teemu, ho capito subito di poter contare su di lui. Magari e stato anche un po’ schiavista, ma nel senso migliore del termine: senza di lui, l’album sarebbe venuto fuori a metà.
Ovviamente, Teemu conosce Svante, che ha quell’orecchio d’oro capace di rendere un album già ottimo ancora più straordinario. Teemu era presente anche durante la fase di mastering, e posso solo immaginare quei due insieme, a discutere di concetti completamente incomprensibili per persone come me.
Equilibrio tra Tradizione e Innovazione
“La vostra musica riesce a combinare elementi tradizionali del rock con sonorità moderne; come trovate il giusto equilibrio tra il passato e le direzioni moderne?”
È semplicemente così: non pensarci troppo. Suona e fatti sentire nel modo che preferisci. La cosiddetta produzione e sound moderni non li sopporto affatto. Sono troppo rumorosi e puntano troppo sugli effetti. È come cercare di trasformare una canzone debole in qualcosa di migliore aggiungendo suoni spettacolari: non si può davvero fare una zuppa di pollo se gli ingredienti sono pessimi, giusto?
Sfide da superare per registrare in studio
“Quali sono state le principali sfide durante il processo di registrazione e come le avete trasformate in opportunità creative?”
Ad essere sinceri, l’unica vera sfida è stata trovare il tempo giusto per registrare l’album. La band aveva fatto i compiti in anticipo e, avendo un produttore esperto, lui ha svolto il ruolo di direttore d’orchestra e pianificatore. L’intero processo di registrazione è andato davvero liscio, nonostante le lunghe giornate di lavoro.
Evoluzione del legame personale
“Parlando della dinamica interna della band: come descriveresti l’evoluzione del vostro rapporto, sia a livello personale che professionale?”
Io e Veli siamo come una vecchia coppia; possiamo e dobbiamo prenderci in giro continuamente. All’inizio, agli altri membri della band sembrava un po’ strano quando abbiamo iniziato a suonare insieme: “Non potete dirvi certe cose l’un l’altro così”, dicevano. “Davvero? L’ho appena detto.” Veli e io ci completiamo sia come amici che come colleghi, e più suoniamo insieme, più diventa facile. Il rispetto reciproco è fondamentale. Certo, litighiamo, ma sono cose da poco, e senza di esse la vita sarebbe molto più noiosa.
Negli ultimi anni ho avuto modo di conoscere meglio Ella e Toni, e sento che saremmo amici anche se non facessimo parte della stessa band. Sono tanto simpatici e appassionati di umorismo un po’ sgangherato quanto noi. A livello professionale li stimo moltissimo. Il mio principio guida è sempre stato quello di suonare con musicisti migliori di me e di mettermi costantemente alla prova, dando a tutti la libertà di fare ciò che ritengono giusto. È così che si crea la musica destinata a resistere alla prova del tempo, con ognuno che investe il massimo impegno.
Progetti futuri e direzioni sperimentali
“Dopo l’uscita di ‘The Way It Burns’, quali sfide o nuovi progetti state affrontando? Avete già in mente direzioni musicali precise o collaborazioni?”
Attualmente il focus è sulla scrittura dei brani per il secondo album dei Ginger Evil. In un certo senso, è davvero liberatorio: il primo album è ormai nato, mentre il prossimo è già in lavorazione e i demo vengono realizzati con impegno. Personalmente, non credo che lo stile della band cambierà molto nel secondo album. Non seguiamo le mode, le canzoni sono create dalle stesse persone e, fin dall’inizio, il nostro approccio è stato quello di amare ciò che facciamo ed essere fedeli a noi stessi.
Non riesco a concepire la musica con la mentalità di “cosa vende”. Sarebbe un imbroglio. Non vorrei mai essere popolare suonando musica in cui non credo davvero. Amo troppo la musica per iniziare a pensare: “Aspetta un attimo, quali suoni e quali canzoni dovremmo creare per avere successo?” Quella strada porta solo alla vergogna e a una pressione insostenibile.
Feedback da critici e fan
“Qual è stato il commento o il feedback più sorprendente che avete ricevuto sia dalla critica che dai fan?”
Forse uno dei commenti più toccanti è arrivato da un intervistatore di quasi 60 anni: “La musica dei Ginger Evil suona fresca e nuova, ma allo stesso tempo è un viaggio nostalgico.” Lo stesso interlocutore ha detto che è fantastico ascoltare musica che ti riporta alla giovinezza senza però essere una semplice copia del passato. Gli ha dato la sensazione che le influenze siano presenti, ma senza che ci sia un’imitazione diretta. Ed è proprio questo il punto: chiunque può essere la copia di qualcosa, ma chi vorrebbe esserlo? Noi sicuramente no.
“Per mia figlia di 11 anni, che sto cercando di introdurre e far apprezzare la musica rock, il vostro sound è stato immediatamente coinvolgente: mi ha spinto ad approfondire il vostro album e scrivere la recensione qui su MelodicRock.it. Vorrei sapere: come vi relazionate e comunicate con un pubblico più giovane? Avete notato un entusiasmo particolare o un feedback significativo da parte dei fan più giovani, specialmente considerando l’attuale scena rock finlandese?”
“È interessante notare come la nostra musica tocchi persone di tutte le età. Ho una figlia di 8 anni, e sembra davvero apprezzare la nostra musica. Certo, per lei magari suo padre sarà pure imbarazzante (😄), ma in particolare la voce di Ella risuona profondamente con lei. Credo che, come musicisti adulti, facciamo musica per adulti. Non sento il bisogno di cercare disperatamente di conquistare un pubblico più giovane. Sarebbe piuttosto ridicolo e imbarazzante. Tuttavia, quando noti che anche i giovani apprezzano e si divertono con la musica, è davvero bello. Forse possiamo, in qualche modo, fare da ponte tra le generazioni.”
Ringraziamo dunque Tomi ed i Ginger Evil per averci permesso di conoscerli un po’ meglio e vi invitiamo a dare un’ascolto al disco sicuri che potrà piacere a molti dei nostri lettori.
11 Febbraio 2025 0 Commenti Giorgio Barbieri
Questa intervista ce la siamo fatta in famiglia: il nostro Giorgio Barbieri ha fatto qualche domanda al nostro instancabile scribacchino Alberto Rozza per parlare un po’ del disco dei Tessilgar, band in cui Alberto milita. Leggete un po’ questa chiacchierata se vi va…
Buonasera ragazzi, innanzitutto tutto, presentatevi e poi spiegateci come siete nati e descrivete un pò la vostra storia.
1. Ciao Giorgio. Grazie mille per l’opportunità! Siamo i Tessilgar, una band hard & heavy contemporaneo della provincia di Lodi. Siamo nati nel 2008 come cover band anni ’80, per poi evolvere il nostro sound verso orizzonti più pesanti. Dal 2019 siamo passati ai brani inediti e oggi proponiamo una scaletta totalmente original.
A chi vi ispirate come band e più in particolare, diteci a quali artisti vi riferite singolarmente.
2. Come band ci ispiriamo agli Avenged Sevenfold, ai Black Sabbath e Soundgarden. Però ognuno di noi attinge a vari generi e a vari artisti, perché non ci siamo mai posti limiti negli ascolti e nelle influenze.
Come ho detto nella recensione, Growth significa crescita e che la vostra crescita sta anche nel cercare una progressione nel vostro modo di approcciare la materia hard rock, se voi siete d’accordo o anche se non lo siete, spiegateci cosa significa per voi. In questo senso, state già componendo nuove canzoni?
3. Hai perfettamente ragione. La nostra crescita musicale si è sviluppata nel corso degli anni e tutte queste esperienze e anni di prove hanno prodotto il sound attuale. “Growth” è sia un punto di arrivo che un punto di partenza. Per i nuovi brani, ci stiamo già cimentando nella composizione di nuova musica. In questo momento ci siamo staccati dalle prove per stare un po’ con te.
I testi parlano di argomenti abbastanza sensibili, Stefano tu che ti occupi della loro scrittura, ci puoi dare qualche spiegazione sul contenuto e su come arrivi alla stesura degli stessi?
4. Semplicemente ho sempre avuto un interesse particolare al trattamento di argomenti “scomodi” perché mi sono accorto, in questi ultimi anni, che temi sensibili di questo tipo sono sempre più comuni, purtroppo, nella vita di chi ci circonda. Il volerne parlare in terza persona non è nient’altro che un messaggio diretto allo spronare gli ascoltatori nel farsi coraggio ad esprimere questi pensieri. Sono esperienze talmente pesanti che ,chi vive cose di questo tipo, segnano anche le esperienze future.
La stesura del testo è un viaggio personale che faccio dopo che avviene la prima stesura del brano, mi piace immaginare sulla produzione dei miei compagni che colore dare successivamente al testo
Il disco è autoprodotto, siete soddisfatti di come è riuscito? Qualcuno di voi ha già esperienza in tal senso?
5. Siamo iper soddisfatti del disco, sia dal lato compositivo che musicale, senza dimenticare le grafiche che sono fighissime.
Ripeto che il mio brano preferito è “Call on me”, il quale ha un sentore di anni novanta, siete d’accordo con questa impressione?
6. Un po’ ce l’ha, ma abbiamo cercato sia a livello personale che a livello di suoni di renderlo il più attuale possibile e diciamo che il risultato è stato inaspettatamente positivo. “Call On Me” è uno dei primi brani inediti che abbiamo composto e l’ispirazione veniva proprio dal nostro passato musicale.
Anche “Agony” mi sembra molto ben centrata come apertura dell’album, avete scelto appositamente questa canzone?
7. Sì, perché “Agony” è stata la prima vera traccia che abbiamo composto insieme ed era giusto utilizzarla come apertura per il disco. In generale poi, abbiamo sempre aperto i nostri concerti con gli inediti con questo brano, che ha un bellissimo incipit oltretutto.
Dei singoli già pubblicati, “By your side”, mi sembra quello più convincente, con il suo andamento hard, come collegate un’anima musicale più easy ad un testo dall’argomento così rilevante?
8. Questo è stato un brano che ha svoltato la nostra attività compositiva, un brano che ci ha dato l’identotà musicale attuale. La musica, come sempre, è venuta spontanea, così come l’ispirazione del testo, che Stefano ha plasmato con la tecnica e le suggestioni che ti ha spiegato prima.
“Narcissus” ha un andamento più complesso, come è nata la composizione? Ed è questa la direzione che vorreste intraprendere?
9. Rispondere a questa domanda è molto complesso: la parte musicale è nata come sempre dalle vibrazioni sentite in sala prove; Stefano ha molto a cuore la tematica della violenza contro le donne e ha trovato le giuste parole per coniugare un senso molto profondo a una musicalità complessa. Per la direzione, diciamo proprio di sì, perché la seconda parte del disco si orienta su queste sonorità.
Basate molto il vostro suono sul groove, vi riesce naturale sfoderare questo tiro?
10. Certo! Fortunatamente il comparto ritmico è ben affiatato, a tal punto che il groove esce sempre molto naturale.
L’artwork è decisamente inquietante, ma anche intrigante, chi lo ha ideato e chi lo ha eseguito?
11. Il lavoro dell’artwork è stato affidato all’artista Simone Occhiato. Il suo interesse nello sviluppare quanto hai potuto vedere non è nient’altro che il suo massimo impegno nell’ascoltare e realizzare le nostre esigenze, per centrare il difficile obiettivo di rendere visibile le sensazioni di ansia e inquietudine, espresse nelle canzoni del disco.
Argomento live, avete in cantiere alcune date a supporto di “Growth”? Trovate difficoltà a suonare dal vivo?
12. Suonare dal vivo per una band che propone inediti hard & heavy è sempre complicato, ma fortunatamente le recensioni e la risposta del pubblico sono state più che positive, dandoci la possibilità di esibirci già diverse volte in supporto al disco. A breve (27 febbraio) suoneremo al Rock’n’Roll di Milano e comunicheremo le date in uscita.
Avete intenzione di cercare un’etichetta che distribuisca l’album in maniera più capillare? Avete già qualche indicazione?
13. Attualmente, oltre che a comporre nuova musica, è la nostra attività principale! Abbiamo già ottenuto diversi contatti e ora stiamo vagliando la situaizone.
Non sono uno che fa molte interviste, ma quelle che ho fatto, le ho sempre concluse dando libero spazio ad ogni componente della band per invogliare i lettori del sito a comprare il vostro disco!
14. Grazie ancora Giorgio! Per il disco, contattateci sui nostri social (Tessilgarofficial) e ve li spediremo volentieri. Meglio ancora, venite ai nostri live! Ti aspettiamo a Milano per la prossima data e aspettiamo anche tutti i lettori e le lettrici sotto al palco… e per una birra!
25 Aprile 2023 0 Commenti Denis Abello
A pochi giorni dall’uscita della nuova fatica dei Perfect View a titolo Bushido (The Way of The Warrior), opera rock dedicata al mondo dei samurai che sarà pubblicato il 28 aprile tramite Lions Pride Music, non ci siamo fatti scappare l’occasione di una succulenta intervista con la Band!
intervista a cura di Samuele Mannini e Denis Abello
PRIMA LA PRESENTAZIONE!
MR.it: Parliamo dei Perfect View! Diteci chi siete e qual’è stato il vostro percorso per arrivare qui oggi!
JOE: La band nacque nel 2008 con l’intento di fare musica originale che rappresentasse le varie influenze che ci avevano indelebilmente marcato nel corso della nostra adolescenza. Quasi da subito riuscimmo a firmare un contratto discografico con l’etichetta tedesca Avenue Of Allies che pubblicò il nostro album d’esordio, “Hold your dreams”, nel 2010. Dopo questo album ci fu il primo cambio di lineup con l’ingresso di Frank, che è ancora oggi accanto a me. Il secondo album, “Red Moon Rising”, uscì nel 2014 sempre per la stessa etichetta ed è stato il primo album ad avere anche una edizione giapponese con la label Rubicon Music. Dopo questo album ci fu un altro cambio di lineup (in questo caso tastierista e cantante) per poi rimetterci al lavoro giungendo così, nel 2018, al terzo capitolo, “Timeless”, che vide anche un cambio di etichetta. Approdammo infatti alla danese Lions Pride Music, etichetta che ci contattò e si dimostrò molto interessata alla nostra musica. Ora eccoci giunti al quarto album, con un cambio di formazione ancora più corposo perché sono entrati a far parte dei Perfect View un nuovo batterista (Davide “Dave” Lugli, che è arrivato nella band appena dopo l’uscita di “Timeless” e quindi ha fatto anche i live di supporto/promozione di quell’album), un nuovo tastierista (Alberto Bettini) e, ultimo “acquisto”, un nuovo cantante (Damiano Libianchi). Con questa rinnovata formazione abbiamo dato vita, come percorso naturale di una crescita che per qualcuno di noi è appunto ben più che decennale, al nostro lavoro più ambizioso ed impegnativo, un concept album anch’esso in qualche modo frutto di influenze che soprattutto per me e Frank, affondano le radici anche in gloriose “rock opera” del passato. Abbiamo trovato nei nuovi arrivati una grande disponibilità musicale ed il sapersi intelligentemente calare nella realtà di una band/situazione che ormai ha un minimo di storia e tradizione, che segue un percorso ben preciso da anni. Il risultato è a mio avviso una ulteriore evoluzione della proposta musicale della band, con nuove sfumature derivanti soprattutto dal percorso di maturazione e dall’intenzione di scrivere un concept album ma anche dagli inevitabili differenti colori musicali delle performances dei nuovi elementi dei Perfect View.
ADESSO PARLIAMO DELL’IMMINENTE USCITA DI BUSHIDO
MR.it: Perché in un periodo storico che vira molto sulla musica usa e getta, vi siete messi in testa di fare un concept album che tradizionalmente è più ostico?
FRANK: Semplicemente perche’ abbiamo una grande necessita’ di stimoli e sfide. Questa e’ stata davvero impegnativa e chi avra’ desiderio di acquistare il disco o seguire la band dal vivo capira’ velocemente di cosa stiamo parlando. Come diceva Joe, abbiamo condiviso un background musicale che affonda radici anche nelle rock opere come The Wall, Quadrophenia, Music From the Elder, Operation Mindcrime, Tommy….insomma, subito dopo l’uscita di “Timeless” proposi a Joe di valutare di farne uno tutto nostro e piano piano “Bushido” ha preso forma. Si tratta di una impresa titanica che a noi ha dato tantissime soddisfazioni nel realizzarla ma che solo voi addetti ai lavori e chi acquistera’ il CD potra’ realmente definire se sia stato fatto un buon lavoro o meno.
MR.it: Perché l’ambientazione giapponese nello specifico? Siete forse stati influenzati dalla jap culture derivata da manga e anime?
FRANK: Da tempo sentivo la necessita’ di ringraziare quella parte di fan Giapponesi che ci supportano dal nostro secondo album “Red Moon Rising”, perche’ non capita tutti i giorni il privilegio di avere fan ed etichetta di un paese da sempre molto attento al nostro genere musicale. Questo album e’ stato scritto per uno di loro in particolare. Quindi mi sono semplicemente ispirato alla sua storia. Con molta discrezione ho unito una storia di vita reale, con una parte romanzata dedicandogli il ruolo di un giovane che diventa un Samurai dopo un lungo e tortuoso viaggio. Mai come in questo caso, oltre alla band abbiamo avuto bisogno di diversi collaboratori esterni fondamentali per la sua riuscita. Ad esempio, mi sono confrontato per i cenni storici, con dei fan Giapponesi cosi’ come per i Kanji che sono stati inseriti nel video di “Compassion”, disegnati a mano da Nobuya Tamaki. Altri mi hanno aiutato negli inserti in lingua Giapponese (Mauro Baratta) a rendere la storia ancor piu’ romanzata (Grazia Fraccon), ma il piu’ grande dei ringraziamenti lo facciamo a Simone Muci, un giovane di grande talento ve lo assicuro, difatto colui che ha creato dal mio immaginario, il personaggio “Koji” rendendolo reale e che trovate sulla copertina del disco.
MR.it: Quale è in sintesi il messaggio del concept di Bushido?
ALBERT: Il messaggio che abbiamo voluto dare con il nostro concept e’ credere sempre in se stessi e nella realizzazione dei propri sogni, nonostante i limiti, anche se fisici. Con la perseveranza e la dedizione gli obiettivi della vita si riescono a raggiungere.
MR.it: Com’è stato l’inserimento del nuovo cantante e avete dovuto fare delle modifiche al materiale eventualmente già pronto? Tra l’altro siamo molto felici della scelta visto che c’è stata una “spinta” anche dall’interno della nostra redazione… 😀
DAVE: L’inserimento di Damiano è avvenuto tramite un casting avvenuto con la collaborazione di Gianni D’Addese (Tastierista di Umberto Tozzi, vocal coach e vecchio amico della band) il quale ci ha messo nelle condizioni tecniche ideali per poter ascoltare e scegliere tra i vari candidati che avevano dato la loro disponibilita’. Non abbiamo dovuto apportare modifiche in quanto il materiale era gia’ pronto e Damiano è riuscito ad inserirsi bene mettendoci del suo e contemporaneamente, seguendo le linee vocali preparate/lavorate da Joe e Frank, direi che il connubio sia avvenuto in modo piuttosto naturale. Abbiamo apprezzato tanto il suo impegno nell’affrontare il viaggio (dopo essere stato indirizzato da voi) e mettersi alla prova.
MR.it: Riuscite a lavorare insieme come band oppure usate la tecnologia per lavorare a distanza?
JOE: Io e Frank facciamo parte della vecchia scuola, quella che vede la sala prove come elemento imprescindibile nell’economia di una band che faccia musica propria. Il nostro modo di lavorare quindi è sempre stato quello di suonare assieme, in presenza, nella nostra sala prove. Credo che sia un metodo insostituibile per avere risultati che suonino “veri”, da band reale e non come un progetto assemblato a tavolino che magari formalmente può pure essere impeccabile ma che poi manca di una certa genuinità e… pathos. “Bushido” è nato in pieno periodo di pandemia, con lockdown e “coprifuoco” a rendere tutto parecchio difficile. Questo ha allungato sicuramente i tempi ma abbiamo continuato a lavorare come siamo sempre stati abituati a fare. Ovviamente abbiamo registrato i demo ognuno nel proprio home studio (cosa che abbiamo fatto anche nei precedenti album peraltro) ed inevitabilmente ci sono state alcune decisioni/riunioni fatte a distanza ma l’album è comunque stato sviluppato in sala prove. L’unica deroga a questo consolidato metodo è stato il lavoro sulle linee vocali. Damiano è di Roma ed è arrivato con noi nel Dicembre del 2021, dopo averci pienamente convinto alle audizioni che stavamo facendo per trovare il nuovo cantante. La musica di tutti i brani era già pronta e con lui abbiamo, per forza di cose, lavorato a distanza, inviandogli i demo di 2/3 brani per volta e lasciandogli sviluppare linee vocali che si sposassero con la sua vocalità e che poi noi andavamo ad arrangiare, sistemare, integrare con idee vocali che avevamo già scritto, etc. Circa una volta al mese Damiano veniva da noi per un weekend nel quale concentravamo il lavoro sulle linee vocali e cori aggiungendo la registrazione di queste parti ai demo già esistenti. Quindi anche in questo caso siamo comunque riusciti in un certo senso a lavorare anche in presenza senza disdegnare di sfruttare la tecnologia e le comodità che può dare.
MR.it: Prevedete concerti in Italia e all’estero durante il periodo estivo?
DAMIANO: Abbiamo in programma sia qualche concerto che alcuni meet & greet per presentare l’album da qui alla fine dell’estate, per il momento soltanto in Italia. A fine Maggio parteciperemo al Festival Rock Camp di Trieste e sarà una bella occasione per tornare da quelle parti dove i Perfect View hanno ottimi ricordi, come quando aprirono il concerto degli Harem Scarem anni fa.
Siamo inoltre in attesa di novità (molto speciali) per l’autunno!
INFINE UN PO’ DI “CULTURA GENERALE” DAL PUNTO DI VISTA DEI PERFECT VIEW
MR.it: Dall’interno, come vedete la scena AOR / Hard Rock italiana? A noi sembra che a dispetto di ottime band si resti sempre un po’ in disparte rispetto all’ondata Scandinava, la vostra opinione?
ALBERT: Purtroppo la scena AOR italiana in questo momento storico non e’ delle migliori. La tendenza musicale in Italia vira sempre di più alla standardizzazione, e questo influisce negativamente sulle band che propongono musica originale fuori dagli schemi, come la nostra, con il nostro concept per esempio. Ormai la scena AOR e’ stata monopolizzata da quella scandinava, e questo a causa di scelte arbitrarie dettate a tavolino per conto terzi. Su questo aspetto ci sono etichette discografiche specializzate in questo genere che invece di promuovere valide band del territorio nazionale ( e ce ne sono diverse ), investono su band estere, nello specifico per la maggior parte svedesi, portando il sound ad essere sempre uguale a tal punto da far fatica a distinguere una band da un’altra.
MR.it: Avete qualche band attuale Italiana che vi sta piacendo particolarmente (oltre a voi stessi 😀 )? E se guardiamo all’estero?
DAMIANO: Personalmente stimo da sempre i Lionville, pur avendo un cantante certamente non italiano, per quanto bravissimo.Inoltre ammiro i One Desire, i Poets Of The Fall e trovo d’ispirazione gli Evergrey di Tom S. Eglund per quanto riguarda la scena Metal. Mi piacciono anche i Threshold.
FRANK: Trovo interessanti gli Arcadia, Lionville, Danger Zone, ma le mie preferenze restano fuori terra italica. Adoro i Ghost, gli H.E.A.T., Eclipse, Rekless Love, Nestor, The Warning e Chez Kane
MR.it: Il vostro sogno segreto come Band / Artisti?
DAVE: Il nostro sogno sarebbe di riuscire a vivere totalmente la nostra passione nel creare musica insieme, farla conoscere anche ai giovani e soprattutto nel nostro paese dove sta mancando un po’ la curiosità di conoscere le nostre realta’…poi un tour in Giappone non ci dispiacerebbe affatto!
SALUTI!
TUTTI: Grazie a tutto lo staff di MelodicRock.it per lo spazio che avete concesso alla band e per portare avanti la scena del Melodic Rock, con grande passione e competenza.
MR.it: Grazie ragazzi per il tempo che ci avete dedicato e speriamo ci siano presto possibilità di incontrarci sotto ad un palco!
Se volete saperne di più su Bushido (The Way of The Warrior):
Perfect View: la band italiana annuncia la Rock Opera Bushido
Perfect View: comunicato stampa della band con aggiornamenti sulla release di Bushido.
Qui sotto il primo singolo “Compassion” tratto da Bushido (The Way of The Warrior)
01 Febbraio 2023 0 Commenti Redazione MelodicRock.it
Dopo l’uscita di What Comes To Light e l’entusiastica recensione di Alberto Rozza (Qui Il link ), abbiamo chiesto al disponibilissimo Markus Pfeffer deus ex machina dei Barnabas Sky se potevamo fargli qualche domanda, questo è il risultato della nostra piacevolissima chiacchierata.
Domande a cura di Alberto Rozza.
A. Per cominciare, cosa puoi dirci a riguardo del nome “Barnabas Sky”e perché lo hai scelto?
M. Barnaba (in aramaico) significa “Figlio della consolazione”. Dato che scrivere queste canzoni mi è sembrata una consolazione durante la pandemia, ho scelto questo nome e l’ho combinato con “sky” poiché di solito sento che qualsiasi ispirazione arriva “scendendo dall’alto”.
A. Qual è stato il tuo primo approccio alla musica, quale musica ti rappresenta e chi sono i tuoi artisti di riferimento?
M. Ho iniziato a suonare la chitarra elettrica all’età di 15 anni. A proposito, non avevo mai suonato la chitarra acustica prima, volevo fare rock duro subito, haha. Gary Moore e Eddie Van Halen erano i miei due grandi idoli allora. Gary per le sue grandi linee melodiche e l’inconfondibile sensazione nei bendings e Eddie principalmente per la sua tecnica nel tapping. Penso che si possano ancora oggi sentire entrambe le influenze molto chiaramente nel mio modo di suonare. Stilisticamente mi sento a casa nei generi Melodic Hardrock e AOR, anche se mi piace incorporare sottili influenze progressive nelle mie canzoni.
A. Come ti sei sentito la prima volta che sei salito sul palco? E come ti senti ora.
M. Il mio primo concerto fu alla fine dell’estate del 1989 a Hütschenhausen , con la mia prima band ESCAPE. Era piuttosto affollato, era caldo ed ero tutto sudato, ma è stato fantastico. Da quella volta fino ad oggi, non sono più stato molto nervoso, e di solito non vedo l’ora di scatenarmi e posare sul palco (ride).
A. Hai un rapporto con l’Italia in qualche modo? E, in generale, quando sei in tour ti piace visitare i luoghi dove suoni?
M. È interessante notare che ho visitato l’Italia molto spesso , ma solo per dei week end (Bergamo, Milano, Bologna, Como, Iseo, ecc.), ma ancora non sono mai stato nel tuo paese per una vacanza più lunga.
Sfortunatamente, quando sei in viaggio per i concerti, di solito non hai abbastanza tempo per dare un’occhiata ai luoghi o ai paesi in cui stai suonando. Purtroppo!
A. L’album “What Comes To Light” è oggettivamente molto ispirato e suonato in modo impeccabile: qual è stata la genesi del lavoro e quali erano le ‘vibrazioni’ in quei giorni?
M. Grazie mille! L’album è stato scritto nel bel mezzo del secondo anno della pandemia. C’era già stato un certo isolamento e incertezza sul fatto che la normalità sarebbe mai tornata, ma una “luce alla fine del tunnel” stava lentamente emergendo, da cui il titolo dell’album.
A. Che consiglio dai ai giovani che vogliono avvicinarsi al music business.
M. Fai le tue cose. Suona e canta ciò che senti e non pensarci troppo. La musica è emozione, non calcolo commerciale. O almeno DOVREBBE essere così.
A. Qual è la domanda che hai sempre voluto sentire, ma nessuno ti ha mai fatto?
M. “Perché fai musica e cosa ti dà?” È interessante notare che non mi è mai stato chiesto prima. E per rispondere io stesso: perché non posso farne a meno. Le melodie, le idee semplicemente “volano” ed è sempre liberatorio quando una breve idea diventa una canzone completa.
A. A proposito dell’album, come hai gestito così tanti cantanti? E come hai scelto le voci giuste per ogni canzone?
M. Questo non è stato affatto un problema, perché al giorno d’oggi tutta la comunicazione avviene via web. Tutto è facile con questa tecnologia. A proposito, di solito scrivo “solo” la musica e poi cerco un cantante la cui voce penso sia adatta ad essa, è il cantante stesso che poi scrive il testo e la melodia vocale. Dal momento che i cantanti scrivono i propri testi, e non viene loro imposto di interpretare una cosa che non sentono propria, possono anche sostenere al 100% le proprie parole, e penso che sul disco tu possa sentirlo. Con alcuni cantanti invece, ho scritto le canzoni appositamente per loro – ad esempio, la title track di Danny Vaughn e “Grant Me A Wish” di Jesse Damon.
A. Ci sono uno o più aneddoti riguardanti la scrittura dell’album che vuoi raccontarci?
M. In effetti, avevo finito 15 canzoni, solo per rendermi conto che non entravano in un singolo album (ride). Sarebbe stato troppo lungo, quindi abbiamo messo da parte 4 canzoni. Le canzoni con Danny Vaughn (“Fire Falls”), Deibys Artigas (“Over The Horizon”), Conny Lind (“Book Of Faces”) e un’epica epopea di 9 minuti con Dirk Kennedy (“Scirocco Sands”) saranno nel prossimo album.
A. Quali sono i messaggi che vuoi trasmettere con l’album “What Comes To Light”?
M. I testi sono stati tutti scritti dai rispettivi cantanti, quindi posso solo dire quello che sento. La maggior parte delle canzoni tematizzano e cercano speranza, penso che questo messaggio sia molto importante al giorno d’oggi.
A. Vuoi dire qualcosa ai lettori di MelodicRock.it ?
M. Grazie per aver letto questa intervista e per avermi dato l’opportunità di spiegare meglio il progetto Barnabas Sky. Se volete approfondire su YouTube potete ascoltare altre nostre canzoni:
https://www.youtube.com/watch?v=tuhvq82BhZY (Seven Wonders feat. Dirk Kennedy / Hittman)
https://www.youtube.com/watch?v=D_ovVZqNRPc (“What Comes To Light” feat. Danny Vaughn di Tyketto)
e dal debutto “Inspirations”:
https://www.youtube.com/watch?v=m4RAqR5i-G0 (“In My Mind” feat. Danny Martinez Jr. di Guild Of Ages)
https://www.youtube.com/watch?v=AW10IjTpcFw (“Till The End Of Time” feat. Jesse Damon dei Silent Rage)
20 Dicembre 2022 0 Commenti Giorgio Barbieri
Parlare con Luca Bonzagni è un po’ come scoperchiare lo scrigno dei ricordi per me, che ho vissuto il periodo d’oro del metal, italiano e non; per chi non lo sapesse, Luca è il talentuosissimo ex cantante dei Crying Steel, band storica che, assieme a Death SS, Vanadium, Strana Officina, Vanexa, Sabotage e tanti altri nomi magari meno conosciuti, ha scritto la storia della musica dura nel belpaese, ora Luca si ripropone alla ribalta con i Krell, interessante proposta hard’n’heavy, che ha da poco pubblicato “Deserts” attraverso la Sneakout Records/Burning Minds. Andiamo a sentire le parole dello storico cantante bolognese…
G -Ciao Luca, innanzitutto direi che potresti presentarti al pubblico di Melodicrock.it, che magari non conosce il tuo illustre passato e che vuole conoscere il tuo presente.
L – Ciao Giorgio e ciao a tutti i lettori.
Come prima cosa vorrei sinceramente ringraziarti per questa intervista!
Per quanto riguarda la mia presentazione cosa posso dire? Sono un vecchio cantante che suona (canta) dal 1981 e ho co-fondato i Crying Steel con cui ho inciso tre dischi (Crying Steel, On the Prowl, The Steel is Back, più la prima apparizione della band su vinile nella compilation Heavy Metal Eruption con il brano Thundergods).
Il mio ultimo lavoro è appunto Deserts con la band Krell che abbiamo fondato io e Francesco.
G – Io sono soprattutto un fan e quando ho saputo della possibilità di intervistarti, non ti nascondo che ho avuto quel sentimento di gioia e paura al tempo stesso, che ti prende quando ti incontri, seppur virtualmente, con uno dei miti degli anni ruggenti del metal italiano, quindi, è normale che ti chieda un paio di cose su quelli che sono stati i tuoi esordi, i Crying Steel, raccontaci un pò quegli anni, come li avete vissuti e se avete mai avuto l’impressione di essere in grado di farcela.
L – Ti ringrazio molto per l’apprezzamento, sicuramente immeritato. Gli esordi risalgono all’autunno del 1981 quando ho incontrato Alberto Simonini e Angelo Franchini che suonavano nei Wurdalak. Dopo il nostro incontro decidemmo di fondare i Crying Steel che hanno effettuato il loro primo concerto nel marzo ’82. Poi dopo qualche cambio di chitarrista e batterista ci siamo ‘stabilizzati’.
Si era agli esordi e l’HM non era certamente diffuso e ‘sdoganato’ come ora. Ci siamo divertiti tanto e ci siamo anche meravigliati del relativo successo ottenuto nonostante fossimo molto ‘underground’. Avevamo molto pubblico in Europa ed eravamo anche in classifica in un paio di radio statunitensi. La realizzazione di “On the Prowl” ci ha permesso ulteriore visibilità ed apprezzamento da parte dei fans che lo hanno votato come miglior disco HM italiano del 1987.
Non ci siamo mai preoccupati troppo di ‘farcela’, non nutrivamo nessuna aspettativa, suonavamo ovunque e cercavamo di comporre brani che piacessero in primis a noi.
G – Se ti va, dicci come mai hai abbandonato la band nel 1988 e poi successivamente nel 2009 e se sei ancora in contatto con gli altri.
L – Sono una persona creativa e con il ‘difetto’ di aver bisogno costantemente di stimoli. Quando la musica diventa una semplice ripetizione di cose pregresse, senza avventurarsi in nuovi progetti e nuove idee, il mio interesse cala drasticamente. Decisi di lasciare proprio perchè ero stanco di suonare sempre le solite songs. Uscito io, Alberto mi seguì a ruota.
Negli anni successivi, dopo 2 o 3 reunion dei CS, al prospettarsi dell’ennesima, mi sono categoricamente rifiutato ed ho invece proposto di rimetterci insieme per fare un nuovo disco. Così è nato “The Steel is Back”. Purtroppo però, alla fine della registrazione di “The Steel is Back”, uscito purtroppo Alberto, anima e cuore dei CS nonchè, nel bene e nel male, vero collante e catalizzatore della band, sono saltati tutti gli equilibri esistenti e c’è chi si è sentito finalmente libero di mostrare la sua vera e reale personalità, fino a quel momento evidentemente repressa. Questo ha portato ad uno ‘scollamento’ degli intenti ed interessi comuni e ad un insostenibile deterioramento dei rapporti fino all’increscioso episodio che mi ha a sua volta portato alla decisone di abbandonare, senza alcun rimpianto.
Da quel momento, nessun tipo di rapporto con nessuno degli appartenenti, Alberto Simonini a parte, ovviamente. I CS erano i CS quando c’era Alberto. Uscito lui, Crying Steel è solo un nome, un insieme di lettere.
G – Adesso torniamo al presente e il presente sono i Krell, innanzitutto, spiegaci se siete un progetto tuo e di Francesco (Di Nicola, anche lui ex Crying Steel) o se siete una band a tutti gli effetti?
L – Il progetto è nostro (mio e di Francesco) e siamo una band strutturalmente ‘fluida’.
G – Come siete nati e come siete entrati in contatto con Paolo Caridi, batterista che ritengo tra i migliori nel panorama hard’n’heavy e non solo italiano?
L – Paolo, grande professionista, lo abbiamo contattato attraverso Roberto Priori ed ha sostituito il precedente batterista che avevamo.
G – Il vostro approccio musicale è più vicino all’hard rock, come ho scritto nella recensione, tu usi delle vocals più ragionate, mature, e Francesco sciorina riff di marca class tipo Dokken, ti trovi in questa definizione? Era quello che volevate?
L – Quando abbiamo iniziato a comporre brani, eravamo entrambi d’accordo su una cosa, non avremmo fatto HM classico. “Deserts” è il compromesso tra stili ed idee diverse scaturite in ambito compositivo, con il difficile equilibrio che si cerca di raggiungere quando nessuno deve essere scontento del risultato.
Per quanto riguarda i rimandi e le assonanze che possono essere identificate nei nostri brani, ti voglio far simpaticamente notare una costante: tra tutti quelli che lo hanno ascoltato, non ci sono stati due ‘accostamenti’ uguali. Chi ci sente un richiamo, chi un altro etc…
G – L’uso di una sola chitarra, vi da un suono più “agile”, meno roboante, ma sicuramente più vario, è questa la direzione in cui vanno i Krell o pensate di aggiungere magari una ritmica e, in futuro, cambiare magari un pò il tiro?
L -La questione chitarra singola è stata ‘decisa’ a monte e non è stato un problema. Per quanto riguarda la modifica del ‘tiro’, come dicevo, quando si compone insieme si può decidere una direzione ma, non ci sono limitazioni di sorta (HM a parte).
G – Il vostro nome mi ricorda qualcosa di fantascientifico, ma sinceramente non ricordo quale fosse il contesto, ci spieghi cosa significa Krell e cosa rappresenta?
L – Krell è il nome del misterioso ed avanzatissimo popolo alieno che anticamente popolava ‘il Pianeta Proibito’ (cit. cinematografica) dove l’unico attuale abitante umano, insieme alla figlia, dava vita e materializzava i propri pensieri/sogni/incubi attraverso i macchinari e l’energia di quell’antico popolo.
G – Nel booklet che accompagna il cd, avete scelto di mettere solo delle fotografie, come mai non avete incluso i testi delle canzoni?
L -Produzione ed etichetta hanno ritenuto più evocativo e particolare utilizzare esclusivamente un linguaggio visivo per connotare il lavoro, uscendo dagli schemi standard tradizionali.
G – Nella presentazione dell’album, si dice che i pezzi sono stati scritti tra il 2013 e il 2018, posto che, con un periodo di gestazione così lungo, magari avrei preferito un po’ più di varietà, ci dici come avete scritto il materiale presente su “Deserts” e se avete pronti già altri pezzi?
L -Grazie al cielo non avevamo nessuno che ci corresse dietro hahahah. Per quanto riguarda la ‘varietà’ mi riallaccio al discorso precedente riguardo la necessità di raggiungere un compromesso compositivo che non scontentasse nessuno.
G – Come vi trovate con la Burning Minds? Personalmente, ritengo che il lavoro che sta facendo Stefano Gottardi, sia enorme e molto preciso.
L – Vogliamo ringraziare Stefano per il grandioso lavoro e supporto datoci. Ovviamente ci troviamo benissimo.
G – Ai tempi, lessi (non ricordo dove, forse su H/M) che la tua voce era quasi Halford-clone, aldilà del fatto che io ritenessi un complimento essere accostato al leggendario cantante dei Judas Priest, ci ho sempre sentito qualcosa di personale, che adesso si è fatto più evidente. Sei d’accordo con questa disamina?
L -Assolutamente. Sono stato accostato moltissime volte ad Halford (paragone insostenibile data la caratura di Halford, lui giocava in un altro campionato),
ma, ringraziando sinceramente tutti quelli che lo hanno fatto, se andiamo ad analizzare tecnicamente le due vocalità, troviamo che l’unica cosa relativamente in comune sia l’estensione, tutto il resto non è a mio modestissimo avviso confrontabile, dal timbro alla tecnica, all’interpretazione, due stili differenti.
Ma ripeto, Halford è Halford.
Per quello che mi riguarda, ho sempre cantato ‘come mi veniva’, in maniera naturale.
G – Come già scritto sempre in fase di recensione, i pezzi più esaltanti sono la title track, che ricorda qualcosa dei Blue Murder, l’hard blueseggiante “Love’s a flame”, la ritmata “In the cold”, la rocciosa “Why I’m here”e la mia preferita, ossia il boogie metal di “Mantis”, puoi dirci, anche se essendo tue penso che tutte le canzoni siano nelle tue grazie, quali sono i tuoi highlights e perchè?
L – Bella domanda, ma sai che non saprei risponderti?
G – Tempo fa, feci una domanda simile anche agli Extrema, che seppur diversi da voi dal punto di vista musicale, sono una band storica del panorama italiano, hai mai sentito parlare di “Overload”, il film documentario di Daniele Farina sulla situazione musicale in Italia, tra talent-show, tribute-band ed il mercato discografico? Dall’alto della tua esperienza, cosa ne pensi in merito?
L -“Overload” non l’ho visto, ma ti posso dire che, rispetto ad una volta, la capacità tecnica attuale anche a livello ‘basso’, è semplicemente mostruosa.. Ci sono ragazzi che cantano e suonano letteralmente da ‘far paura’. Però ho notato un appiattimento, una deriva votata all’apparire più che all’essere. I talent li lascerei da parte perché hanno ben poco a che fare con il talento, o perlomeno diciamo che è tutto un bel ‘pacchetto’ che ha una sola finalità. É business.
Le tribute band le concepisco solo in questo contesto. É business o divertimento tra amici. Personalmente ritengo il fare musica (intesa come espressione) esclusivamente quando questa musica è propria. Ma questa è la mia personalissima opinione, ovviamente.
Per quanto riguarda gli Extrema (grandi), ti posso dire che subito dopo la mia uscita definitiva dai CS, misi in piedi un progetto con Max Magagni, Andrea Ge e Mattia Bigi, grandissimo bassista degli Extrema. La band però è durata purtroppo poco.
G – Siamo alla conclusione dell’intervista e l’ultima è una non domanda, ossia puoi dirci tu, a ruota libera, cosa ne pensi del progetto e perchè dovremmo acquistare “Deserts”.
L -Siamo molto contenti di come stiano andando le cose e speriamo di poter portare avanti il discorso. ”
Deserts” è da acquistare ed ascoltare perché è un HR-H&H inizialmente fruibile ma, ascoltandolo invece in maniera più attenta e magari ripetuta, permette l’affioramento di tanti strati e sfumature, non così evidenti ad un primo e magari frettoloso approccio.
Giorgio, ti rinnovo i ringraziamenti per lo spazio concessomi e saluto affettuosamente tutti i lettori.
Ciao.
Luca
17 Giugno 2022 0 Commenti Samuele Mannini
Come sempre vi consigliamo la replica della puntata di Rock Of Ages per passare il weekend con tanta buona musica. In questa puntata ospiti i Reckless con una intervista ed una corposa selezione di brani dal loro ultimo lavoro Take Me To The Eghties e non poteva mancare un estratto della nostra recensione. Buon Ascolto!
11 Maggio 2022 0 Commenti Samuele Mannini
Puntata dedicata ai Saints Trade con una piacevole chiacchierata con i componenti della band, con i quali abbiamo sviscerato il loro nuovo disco The Golden Cage, oltre a tanta buona musica!
09 Marzo 2022 0 Commenti Samuele Mannini
Puntatona dedicata ai Lionville con quasi due ore di intervista a Sefano Lionetti, oltre alla nostra recensione del disco della Kris Barras Band e tanta buona musica…… Buon Ascolto!
23 Novembre 2021 4 Commenti Denis Abello
MelodicRock.it ringrazia il Fotogiornalista Andrea Forlani che ha curato l’intervista che potete leggere di seguito!
Date un’occhiata al suo sito http://www.andreaforlani.com e seguitelo sulla sulla splendida pagina Instagram: https://www.instagram.com/andreaforlani_photojournalist/
Mancano dieci alle nove quando arriva la fatidica telefonata. Andrea, puoi salire. E allora via, attraverso le cucine come nel più classico dei polizieschi, fino a una stretta scala a chiocciola che sale fino alla saletta più inaccessibile del locale. Il locale è lo Slaktkyrkan, periferia ex industriale di Stoccolma sud, oggi polo del divertimento della capitale svedese, e in quella stanza si cela l’enigma musicale più avvincente dell’anno: Nestor.
Piovuti dal nulla nella vita di noi devoti del melodic rock, con tre singoli che a forza di sentirli ha imparato a memoria anche il mio gatto, si rivelano oggi al mondo lanciando il loro primo album – Kids in a ghost town (qui la nostra recensione) – con un’esibizione live. Apro la porta ed eccoli lì: Tobias (voce), Jonny (chitarra), Marcus (basso), Mattias (batteria) e Martin (tastiere). Tatuaggi in bella mostra e abbigliamento a metà tra divise militari e tute da meccanico: più che su un palco sembrano pronti per salire sul set di un video di quelli cui ci hanno abituato. Ho poco più di cinque minuti, meglio non perdere tempo.
Fatemi capire perché abbiamo tutti le idee un po’ confusi sulla vostra biografia. Nel 1989 avete creato i Nestor… ma poi? Che avete combinato in tutto questo tempo?
Abbiamo continuato a suonare, ma per lo più separatamente, con progetti diversi. In pratica ci siamo presi una pausa di 22 anni e nel 2017 abbiamo ricominciato a fare musica insieme, anche se di un genere un po’ diverso. Circa un anno e mezzo fa ci è venuta voglia di fare un album, ma inizialmente non avevamo un’idea precisa della direzione da prendere. Poi ha prevalso la voglia di salire sulla macchina del tempo e realizzare quel disco che per mancanza di capacità e mezzi non avevamo potuto concretizzare nel 1989. Questo album ha il sound che i Nestor avevano a quel tempo, e ci siamo molto divertiti a tornare alle origini, tra ricordi e nostalgia.
Siete piombati come una bomba nel mondo dell’hard rock melodico: vi aspettavate delle reazioni così positive? Quando avete avuto sentore che ciò che stavate facendo poteva diventare qualcosa d’importante?
A dire il vero non sapevamo cosa aspettarci, ma questo tipo di musica tocca le persone e riporta in vita i ricordi, questo è probabilmente il motivo del nostro successo. I feedback ricevuti dal primo singolo e dal video ci hanno senz’altro fatto ben sperare, ma è dopo aver messo insieme i primi 7-8 pezzi che abbiamo pensato: “this is gonna be a great fucking album!”. Ed è lì che abbiamo incominciato a chiederci: ma che succede se…? Ma che facciamo se…?
E adesso che è successo… che si fa?
Nessuno lo sa! (in coro, ridendo). Beh, di sicuro dobbiamo suonare il nostro primo concerto! Iniziamo con questo e poi vedremo il da farsi.
Nonostante tutto avete però deciso di rimanere indipendenti e non accasarvi con alcuna etichetta discografica. Motivo?
La verità è che non siamo contrari a lavorare con una label per principio, semplicemente non abbiamo ancora trovato il partner giusto. E dovrà essere un partner con la mente aperta, in grado ci comprendere che nell’universo che stiamo creando, l’universo Nestor, il prossimo album potrebbe essere qualcosa di totalmente diverso (espressione di panico del sottoscritto). Potremmo perfino non esserci noi nel prossimo album! (espressione di panico x 2).
Ultima domanda: Samantha Fox??
Stavamo cercando una voce femminile per il duetto con Tobias, e ci sono venuti in mente diversi nomi, Samantha Fox era uno di quelli, come anche Lita Ford. Abbiamo inviato al manager di Samantha il primo video, è piaciuto e la cosa ci ha ben fatto sperare, poi quando le abbiamo inviato il pezzo (Tomorrow) ha subito accettato.
Sarà qui stasera? No, non ci sarà. A sostituirla degnamente ci penserà Jennie Larsson, nientemeno che la moglie di Tobias, in un’esibizione da brividi come del resto lo è stato tutto il concerto, sold out e col pubblico a seguire la band cantando a squarciagola sulle note di On the run e 1989, assurti a classici del rock melodico alla velocità del fulmine. Set-list da sette brani, ad aprire la citata On the run e chiusura affidata a Firesign. Prossima puntata a febbraio, quando i Nestor accompagneranno in tour i connazionali Heat, un ottimo motivo per una gita al fresco in Nord Europa (date confermate Oslo, Stoccolma e Copenaghen).
A cura di Andrea Forlani