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Daylight Robbery – Cross Your Heart… and Hope to Die – recensione

10 Ottobre 2011 0 Commenti Denis Abello

genere: AOR
anno: 2011
etichetta: Autoprodotto

La storia dei Daylight Robbery inizia come quella di tante band di hard e melodic rock nostrane… anni e anni a far la gavetta portando in scena cover degli storici del genere e poi finalmente arriva la voglia di provare a mettersi in gioco con i propri pezzi. Da qui ad arrivare però a realizzare un vero e proprio full lenght la strada è lunga, ma soprattutto dura.
I Daylight Robbery, quintetto inglese nato aBirmingham e capitanato dal leader e voce della cover band Rock$tar, Tony Nicholl,con tanta passione ci sono però finalmente riusciti.
Il loro sound viene descritto come un heavy Aor e dopo i primi positivi riscontri ottenuti su varie testate, tra cui Classic Rock Aor Magazine, e aver aperto per gli Uriah Heep e gli Arabia arriva per loro il momento di approdare anche alle nostre italiche orecchie.

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Sinner – One Bullet Left – Recensione

08 Ottobre 2011 0 Commenti Andrea Vizzari

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: AFM Records

Lunga e silenziosa la carriera dei Sinner. Formati nel 1982 in quel di Stoccarda per volontà del mastermind Mat Sinner, che ricopriva e ricopre tutt’ora anche il ruolo di cantante/bassista, la band ha saputo attraversare indenne ben 3 decenni mantenendo intatto lo spirito del rock diretto e senza fronzoli, pur senza affermandosi come realtà musicale di successo. Dopo un periodo in cui la proposta musicale era devota ad un power metal piuttosto classico, il gruppo teutonico sembra tornato negli ultimi a quello che era il sound e il genere proposto agli albori della sua nascita: un hard ‘n heavy solido con chiare influenze Thin Lizzy, eterna ed importante ispirazione per il biondo Mat. Trovando probabilmente nei Primal Fear (fondati insieme Ralf Scheepers nel 1998) la sua personale valvola di sfogo nel power, e dilettandosi in vari lavori di produzione/mixing/songwriting negli ultimi anni (Kiske/Somerville, Kimball/Jamison ecc.), Mat Sinner risveglia la sua band sfornando “One Bullet Left” con una formazione praticamente inedita: nuovi arrivi sono il signor Andre Helgers (Rage) dietro le pelli, Alex Beyrodt (Primal Fear, Voodoo Circle), amico e compagno dello stesso Mat in diverse band ed Alex Scholpp (Tarja). Contando anche Christof Leim, già presente negli ultimi precedenti lavori, il numero di chitarristi sale a ben 3 elementi. Scopriamo subito se questa particolare scelta si sia rivelata vincente nel sound complessivo del nuovo disco:
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Gotthard – Homegrown: Alive in Lugano – Recensione

05 Ottobre 2011 6 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Nuclear Blast

A Lugano quel giorno di luglio volevo, dovevo, esserci. Non avevo mai visto live i Gotthard prima di allora e quella data, a non più di 5/6 ore da casa, mi sembrava l’evento perfetto per la mia prima volta di fronte a questa band. Poi, come purtroppo spesso accade, per un motivo e per l’altro si crerarono una serie di circostanze (specie economiche in quanto qualche giorno dopo avrei visto Gary Moore (RIP) live a Genova, nella mia città, per poi partire per il Wacken Open Air tedesco) che mi portarono ad accantonare l’idea e la possibilità di materializzarmi in Svizzera. Rimasi a casa con un bel po’ di rammarico ma fiducioso del fatto che intanto prima o poi in Italia i Gotthard sarebbero ripassati e li sarei andati a vedere allora a quell’evento.

Steve Lee per me era semplicemente ”la voce”, senza lasciare intendere se fosse la voce dei Gotthard o la voce del rock in generale. Ricordo ancora il 5 ottobre 2010 come se fosse ieri, anzi, ieri mi sembra perchè non riesco a concepire come possa già essere passato un anno. Diversamente da oggi, 5 ottobre 2011 e giorno in cui scrivo, era già una fresca giornata autunnale ed ero stato fuori casa fino a sera per seguire lezioni all’università. Ricordo che mentre accendevo il pc guardavo allibito fuori dalla finestra un tramonto bellissimo, molto più luminoso del solito, così entusiasmante che lo fotografai.

tramonto 5 ottobre 2011

Rientrato dal terrazzo da cui avevo scattato la foto, il pc era acceso e, come al solito, aprii per prima cosa Facebook. Una mia amica aveva pubblicato un link, che appariva in primo piano sulla mia bacheca. Recitava: Steve Lee morto negli USA. Un unico brivido fortissimo, non ci potevo credere. Quando, leggendo diverse news, ne ebbi la certezza, di fronte a questo tramonto piansi, non lo nego.

Ancora oggi penso che un po’ dello spirito lucente e dorato di Steve alleggiasse nell’aria quella sera, come se il tempo, il cielo, volessero tributargli un addio con i loro colori. Lacrima dopo lacrima, secondo dopo secondo, il sole poi piano tramontò, spegnendosi, eclissandosi per lasciare posto all’intimo freddo della notte.. nel mio cuore, egoista, una certezza. Non avrei mai più visto live i veri Gotthard. Non avrei mai conosciuto uno dei miei idoli, Steve Lee.

Mi scuso per questo incipit di articolo davvero fuori dai canoni e molto personale, ma avevo bisogno di condividere con voi le mie emozioni, riaffiorate forti di fronte a questo disco che ora mi appresterò a raccontarvi, ovvero Homegrown: Alive in Lugano, ultimo tributo dei Gotthard al loro amato Steve prima di voltare pagina e ricominciare una nuova carriera. Pubblicato dalla Nuclear Blast, il disco vuole essere a tutti gli effetti un tributo a Steve Lee, riportando alla luce una serata speciale per i Gotthard nella loro Lugano, che fu poi una delle ultime esibizioni del cantante. Un tributo alla figura, alla vita, al carisma, all’amore per la musica e per i suoi fans di un sempreterno Steve Lee.

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Shy – Shy – Recensione

04 Ottobre 2011 5 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Escape Music

Un disco nato dal silenzio. Nessun proclamo in pompa magna ma un solo e semplice annuncio che dichiarava l’uscita di questo album per il 7 ottobre 2011 sotto Escape Music. Nessun titolo a effetto, ma un solo e semplice Shy, shy come Shy è il nome di questa storica band inglese, apparsa sulle scene nei primi anni ’80 proponendo un nuovo tipo di hard rock e AOR (vedi gli album fondamentali Once bitten Twice Shy e Excess All Areas). Neppure l’artwork vuole essere appariscente, ma è nero come la pece con il logo della band che si vede quasi male.. Eppure i motivi per proclamare c’erano, con la nuova formazione, con il ritorno in studio dopo 6 anni.. Ma niente, l’urlo l’abbiamo fatto d’istinto e sulla fiducia solo noi fans, quasi che gli Shy (come il loro nome comanda) sono stati timidi, essenziali, e abbiano pensato più alla sostanza e ai fatti che alle parole.

Della formazione originaria formata da Tony Mills (voce), Steve Harris (chitarre), Paddy McKenna (tastiere), Mark Badrick (basso) e Alan Kelly (batteria) resta il solo Steve Harris, il quale da buon leader ha riconfermato Roy Davis (basso), Joe Basketts (tastiere) e Bob Richards (batteria) e ingaggiato un nuovo cantante, Lee Small, singer dalle indubbie qualità. Ma bando alla ciance, anche noi come gli Shy andiamo ai fatti e pigiamo play sul nostro lettore. Che lo show abbia inizio..

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Glyder – Backroad to Byzantium – Recensione

28 Settembre 2011 2 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: SPV/Steamhammer Records

Il cerchio è chiuso. Dopo aver scambiato due chiacchere con i componenti della band (qui l’articolo con la nostra intervista), è giunto per noi il momento di recensire questo ultimo lavoro dei Glyder, realtà hard rock irlandese attiva dal 2004 che per questo quarto album della sua carriera si presenta con una formazione fortemente rinnovata dopo l’uscita del cantante-bassista Tony Cullen e del batterista Davy Ryan, sostituiti da Jackie Robinson, Graham McClatchie e Des McEvoy.

Questo Backroad to Byzantium, in uscita per SPV/Steamhammer Records il 10 ottobre, segna quindi un punto focale per la carriera dei Glyder, in un anno denso di cambiamenti che, come vedremo, si riperquotono anche nel sound del gruppo, che appare in gran parte differente da quello presentato nelle precedenti occasioni. Ma bando alle ciance ora, pigiamo sul tasto play, e ascoltiamo questo disco..

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Homerun – Black World – recensione

27 Settembre 2011 1 Commento Denis Abello

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Tanzan Music

Basta uno sguardo alla copertina e una veloce lettura del titolo, Black World, per capire che qualcosa è cambiato negli Homerun, gruppo italianissimo che si è fatto conoscere con il buon debutto Don’t Stop del 2008.  La trasformazione degli Homerun comincia però ancor prima che dalla musica dall’interno del gruppo, troviamo infatti in formazione i nuovi elementi Paolo Luoni (basso), William Battiston (batteria) e Valerio Castiglioni (chitarra) che si affiancano a Matteo Albarelli (voce), Walter Borrelli (tastiere) e Andrea Ringoli (chitarra).
Lasciati da parte i dorati lidi di Don’t Stop gli Homerun sembra quindi che vogliano dimostrare con questo nuovo lavoro la loro rinnovata aggressività e forza che si dovrebbero tradurre per le nostre orecchie in un sound più duro e compatto.
Preparatevi quindi ad una sferzata di Hard Rock made in Italy…

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Sebastian Bach – Kicking & Screaming – Recensione

20 Settembre 2011 16 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Frontiers Music

Si è parlato moltissimo di questo disco. Credo sia normale, vuoi perchè Sebastian Bach è un personaggio che volenti o nolenti fa parlare, vuoi per i continui discorsi su possibili reunion degli Skid Row che non trovano mai fondamento ma solo secche smentite, e vuoi perchè molti bistrattavano a priori quest’uscita, credendola “la solita mossa commerciale di un artista (quasi) finito”.

Ora, a una settimana dalla sua uscita (27 settembre per Frontiers Records), per questo Kicking & Screaming è tempo di verdetti. Vediamolo assieme..

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House of Lords – Big Money – Recensione

19 Settembre 2011 14 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2011
etichetta: Frontiers Records

Mancano pochi giorni e uscirà nei negozi l’attesissimo nuovo album degli House of Lords, band storica del genere AOR, oggi capitanata dal solo James Christian e che dal 1987 ad oggi ha sfornato ben 7 album (tanti se si conta la lunga pausa dal 1993 al 2000), 8 se si conta questo Big Money, in uscita il 23 settembre per la Frontiers Records.

Sulla carta, un’altra portata principale per questo appetitoso 2011 dal menu ricchissimo di prelibatezze. Ma nulla è detto fino all’assaggio e quindi ora, forchetta alla mano, ci apprestiamo a gustare quello che lo chef Christian ci ha saputo servire.

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Work of Art – In Progress – Recensione

15 Settembre 2011 17 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Aor
anno: 2011
etichetta: Frontiers

 

Potevamo dimenticarci ancora a lungo di parlare di questo disco? Non credo proprio. E perciò eccomi qua pronto per i lettori di Melodicrock.it, emozionato il giusto nell’approcciarmi a “dire la mia” sull’attesissimo ritorno degli svedesi Work of Art , capitanati dal cantante Lars Säfsund e dal musisicista Robert Säll e qui pronti a bissare il successo del devastante (quanto inatteso) esordio Artwork del 2008, disco che fu elogiato da critici, fans del melodico e della buona musica in generale.

Il disco in questione, uscito ad agosto con titolo In Progress, ha tutte le carte in regola per stare in vetta alla classifica dei dischi più attesi di questo glorioso 2011. Vediamo ora se le aspettative sono state ripagate dalla qualità.

LE CANZONI

Pronti via con The Rain, brano d’apertura che fin da subito conferma le qualità espresse in Artwork, grazie a tastiere in primissimo piano, energia d’impatto e da vendere e una vocalità, quella di Säfsund, che si riconferma con pochi eguali al giorno d’oggi. Il cantanto è fresco, mai banale, stupendo protagonista di un pezzo che ha dalla sua un piacevole ritornello e comunque anche un bel lavoro di chitarre.
Ancora tutta tastiere è Nature Of The Game, canzone assoluamente poco banale e forte di un refrain letteralmente devastante, che non può che emozionare. Sicuramente tra i componimenti di maggior spessore dell’intero disco, questa traccia mantiene il ritmo del disco sostenuto, nonostante un piacevole rallentamento prima dell’assolo di chitarra e del finale. continua

Toby Hitchcock – Mercury’s Down – Recensione

13 Settembre 2011 9 Commenti Andrea Vizzari

genere: Melodic Rock
anno: 2011
etichetta: Frontiers

Ed è arrivato anche il momento per Toby Hitchcock di dare alla luce il suo “personale” album solista, ma procediamo con ordine. Il singer americano, scoperto e portato alla ribalta da Jim Peterik per il suo attuale progetto musicale che prende il nome di Pride Of Lions (tre album all’attivo e il quarto in lavorazione), ha subito fatto breccia nel cuore di tutti gli appassionati di aor grazie alle sue prestazioni vocali incredibili. D’altronde, se l’ex Survivor ha scelto proprio questo giovane come cantante della band dopo aver lavorato con gente come Jimi Jamison (un nome su tutti) allora le doti di Hitchcock non dovrebbero essere messe in discussione. Per la Frontiers, proprio in attesa del quarto album dei Pride Of Lions, era giunto il momento che Toby pensasse ad un lavoro solista, un lavoro di puro melodic rock su cui ricamare e plasmare la sua voce. Di solista invece c’è da dire che c’è ben poco in quanto sempre alla Frontiers hanno pensato bene di sfruttare la nuova gallina dalle uova d’oro, un giovane che negli ultimi anni (nonostante sia nel giro da un bel po’ con i suoi Eclipse) sta avendo molto successo come songwriter, produttore e musicista e che risponde al nome di Erik Martensson. Dopo i successi con i W.E.T. ecco che a Martensson è stato affidato il compito di scrivere e arrangiare i pezzi di questo Mercury’s Down, orchestrando e producendo l’intero disco e perfino suonando tutti gli strumenti, lasciando ad Hitchcock il compito delle linee vocali principali. Per chi si aspettava un sound “Pride Of Lions” è meglio che fin da subito cominci a togliersi dalla testa le dolci estive melodie di Peterik perchè in questo disco a farla da padrone sono chitarre “pesanti” e corpose che navigano su una sezione ritmica fin troppo solida. Scelta vincente o troppo esagerata? Vediamolo insieme…
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