Thomas Lassar: svelati i dettagli dell’imminente album solista

COMUNICATO STAMPA

Art Of Melody Music & Burning Minds Music Group sono orgogliosi di rivelare tutti i dettagli di From Now On, primo album solista ufficiale del cantante, tastierista e songwriter AOR svedese Thomas Lassar.

Thomas ha iniziato a suonare il pianoforte da bambino, incoraggiato dalla madre. Ha poi fatto parte di alcuni complessi locali fino alla fine degli anni ’80 quando ha co-fondato quella che sarebbe diventata una delle cult band AOR più amate di tutta la Svezia, i Crystal Blue. Dopo essersi occupato di tastiere e cori nei primi due dischi (Out From The Blue del 1993 e Caught In The Game del 1994), Thomas ha preso posto dietro al microfono per il terzo album dei Crystal Blue, Detour (pubblicato nel 2003 dalla MTM Music). Nonostante l’ottimo riscontro da parte della stampa specializzata di tutto il mondo, la band si è sciolta.

Dopo anni passati a suonare come session per vari artisti (Last Autumn’s Dream e Charming Grace, fra gli altri), durante il periodo di lockdown provocato dalla pandemia Thomas ha capito che fosse giunto il momento di entrare in studio e iniziare a scrivere e registrare del vecchio materiale inedito. Ne sono uscite dieci classiche canzoni AOR, che Thomas ha sottoposto all’attenzione di Burning Minds Music Group. Entusiasti di quel che avevano ascoltato, il label manager Stefano Gottardi e l’A&R Pierpaolo “Zorro” Monti hanno prontamente ricontattato Lassar per offrirgli un contratto. La chimica è stata immediata, anche per via della precedente collaborazione fra Zorro e Thomas sul debut album dei Charming Grace nel 2012.

From Now On si appresta ad essere una delle rivelazioni del 2023, specialmente per gli appassionati di musica AOR di stampo scandinavo, grazie anche ad un sound che ricorda quello di altre apprezzate band svedesi come Crystal Blue, Work Of Art e Crossfade. Il rilascio è schedulato per il prossimo 14 Aprile 2023 via Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group, in perfetto tempismo per celebrare il ventesimo anniversario dall’uscita dell’ultimo album dei Crystal Blue, Detour. Il booklet del CD vanta liner notes introduttive scritte da Jörg Bonszkowski (Rock It! Magazine, Rock Avenue Radio Show), mentre le grafiche sono state sviluppate da Aeglos Art.

Il primo singolo, Whatever I Do, sarà lanciato con un video ufficiale il prossimo 2 Marzo.

TRACKLIST
01. When My Ship Comes In
02. Losing Faith
03. Whatever I Do
04. In Control
05. Back Where I started
06. The Beginning Of The End
07. The Only One
08. Turn Back Time
09. Take Me Higher
10. From Now On

Line-up:
Thomas Lassar – Voce, Cori, Tastiere
Fredrik Fernlund – Chitarra
Åke Jennstig – Basso
Fredrik Åkermo – Batteria

Ospiti:
Henrik Johansson – Solo di chitarra su traccia 1
Rob Marcello – Solo di chitarra su tracce 3, 7, 8
Mats Lariand – Solo di chitarra su traccia 4
Michaela Lassar Persson – Cori su tracce 1, 2, 3, 6

Web/Social Links:
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GGM Project – Precious Time

Volcano Records & Promotion in collaborazione con GGMSTUDIOS OFFICIAL TOTO ITALIA ed FM Music, è orgogliosa di annunciare che “Precious Time” e “Thank You Grazie” sono finalmente disponibili da oggi!

Questi i titoli delle prime due canzoni del progetto

++ GGM – PRECIOUS TIME ++

che vede la straordinaria partecipazione di Bobby Kimball, Leland Sklar, Steve Porcaro, Shannon Forrest, Scott Page, Alessandro Del Vecchio, Marco Ferrari, Fabrizio Grossi, Mauro Ferrari, Wes Little and Domenico Turiano.

Songwriting ispirato e produzione di altissima qualità per due canzoni che non deluderanno tutti gli appassionati di a.o.r. e di buona musica, suonate da alcuni dei migliori musicisti al mondo.

E’ possibile acquistare i brani su Amazon Music o qualsiasi altro store digitale

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Oppure ordinare una copia in esclusiva tiratura limitata del CD attraverso il sito ufficiale del progetto:
www.ggmproject.com

GGM – Precious Time supporta la ricerca contro la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica)

Mike Tramp – Maybe Tomorrow – Recensione

Come si fa a non volere bene ad uno come Mike Tramp ?
Lo sguardo malinconico ed un sorriso irresistibile mantengono intatto quel Phisique Du Role che pochissimi attempati rockers possono ancora oggi vantare.

Mike lo amiamo tutti per le lacrime che abbiamo versato ascoltando Broken Heart, passando da Lady Of The Valley , al pianto struggente di Cry For Freedom, fino all’epilogo di You’re All Need.
L’ingiusto paragone con una band enorme come i White Lion per quanto mi riguarda finisce però qui.

L’avvenente vocalist danese ha abbandonato da tempo la rincorsa al mito del passato con discutibili progetti come Remembering White Lion, per dedicarsi a se stesso ed alla propria dimensione più acustica ed intimista che da sempre gli appartiene.

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Glenn Hughes – Resonate – Recensione

Glenn Hughes…un nome che non ha certo bisogno di presentazioni, per chi frequenta le pagine di questa o di altre riviste e portali dedicati alla musica più bella del mondo.
“The Voice Of Rock” può infatti vantare nel suo pesante curriculum una continuità qualitativa che ha pochi eguali, considerata la corposa produzione discografica in oltre 40 anni di carriera.
Dai tre leggendari album nelle formazioni Mark III e Mark IV dei Deep Purple, passando attraverso una rigenerata carriera solista a metà anni ’90, per arrivare in tempi più recenti all’impressionante trittico con il supergruppo Black Country Communion.

Le due ultime apparizioni del cantante/bassista di Cannock , avevano però lasciato l’amaro in bocca a più di qualche fan.
Troppo frenetico ed arrabbiato (dopo lo scioglimento forzato dei BCC) nei chiassosi California Breed, troppo lineare nel compitino svolto su commessa per il progetto Voodoo Hill.
Ecco allora che il saggio Glenn (a distanza di ben 8 anni) decide opportunamente di concentrarsi su un disco solista, ritornando tra noi con un’ispirazione, una lucidità e una personalità conosciuta solo ai grandissimi.

Non sbaglia niente Glenn, a partire dalla scelta come co-produttore di Soren Andersen (già apprezzato per il suo splendido lavoro nel nuovo Tygers Of Pan Tang).
Quello che colpisce da subito di questo Resonate è infatti il mix potente, cristallino e perfettamente bilanciato studiato dal chitarrista/produttore danese.

L’opener Heavy è pulsante, potente e si muove con decisione sulla spinta dell’Hammond suonato dal misconosciuto Lachy Doley.
La ricerca di qualche effetto più moderno giova inoltre parecchio alla riuscita del brano.
Come capirete più avanti, Hughes pesca bene anche qui. Doley sarà sicuramente un nome nuovo anche per gli ascoltatori più attenti,
in realtà l’organista australiano è una sorta di nuovo Messia per i devoti al culto dell’organo Hammond.

My Town è un’altro pezzo tirato, giocato su vorticosi giri basso e le chitarre down-tuned di Soren Andersen ma l’inimitabile timbro di Glenn smorza la tensione in un refrain che rimane già in testa al primo ascolto.
Con Flow, il passo si fa pesante e rallentato. Ipnotico nel suo incedere fino ad esplodere nel primo solo monster di Andersen.

Let It Shine porta uno sprazzo di luce, lungo il tunnel magnificamente oscuro in cui il disco sembra infilarsi. Un classico in stile Hughes.
Steady ci riporta ad un’andatura più sostenuta, per rallentare solo nel refrain sognante ancora tipicamente Glenn Hughes.
È qui che sale il cattedra Lachy Doley. Dalla magnetica intro allo sferzante lead di Hammond che si incastra a meraviglia tra un’altro solo di basso ed uno di chitarra.
Insomma…oltre alle indiscutibili capacità tecniche dei musicisti, sarà anche la variegata struttura dei brani a tenervi appiccicati agli speakers.

Resonate è un disco enorme nel suono, che cresce brano dopo brano quasi da far paura.
Come nella plumbea God Of Money, dove il basso di Glenn sembra arrivare direttamente dall’Inferno, puntellato da un riff capace di tagliare il quarzo.
Il ritornello è tra i più riusciti del disco ma il pezzo tocca il suo apice negli assoli di un’indemoniato Lachy Doley , dove anche la chitarra di Soren Andersen sembra immersa nel fuoco.

La seconda parte del disco registra un leggero calo, con pezzi meno ispirati come How Long e Stumble and Go ma resta in grado di riservarci ancora qualche bella sorpresa.
È il momento del miglior Hughes alla voce, accompagnato dal piano elettrico Clavinet di Doley. When I Fall è proprio la ballata Soul-Blues che aspettavamo. Avrei preferito un chorus più audace ma l’interpretazione dell’ex Purple, in frangenti come questo, non lascia spazio a pignolerie.

Si pesca invece dal pedigree Funky-Rock nella scoppiettante Landmines, con un trascinante solo in talk-box di Andersen a fare la differenza.
La chiusura del disco è riservata ad un’altra piece di rilievo : Long Time Gone.
Suggestiva nell’intro di chitarra acustica e voce, per cambiare poi pelle e tempo fino ad un bridge stile Motown.

CONCLUSIONE

Con Resonate, la leggenda Glenn Hughes sceglie di non crogiolarsi in un facile ripescaggio di quei contenuti che lo hanno reso grande in passato.
Opta per una produzione “moderna” con suoni all’avanguardia, puntando su un chitarrista e produttore come Soren Andersen (a mio avviso il Top-Producer del momento), senza rinunciare agli stilemi dell’Hard Rock più classico, grazie all’innesto di un vero e proprio stregone dell’organo Hammond come Lachy Doley.
Il risultato è un lavoro vario, originale anche nella struttura delle canzoni.
Un disco che “risuonerà” a lungo nei vostri lettori e che difficilmente resterà fuori dal podio per i tre migliori dischi del 2016.

Billy Pettinger (Billy The Kid) – Intervista

BillyLa cantautrice canadese Billy Pettinger, in arte Billy The Kid, è una di quelle rare (se non rarissime) cantautrici soliste in grado di arrivare direttamente all’anima dei fans, permeando la cute fino a toccare il cuore.

Il suo rock (ascoltatelo) è acustico, essenziale, solitario nelle sue parti di corde, nei tasti di pianoforte e nella batteria. E’ silenzioso, è talvolta cupo, altre volte illuminato da ariose melodie, e debitore tanto del genio di Ryan Adams quanto del talento di Jackson Browne. Sa attirare l’attenzione fin dalla prima nota, merito anche di una vocalità non perfetta tecnicamente, ma ricca di quel tono caldo di passione che rende unico e irripetibile il suo ascolto.

Ricordo ancora quando provai la sua musica per la prima volta, nel 2014 con l’album Horseshoes & Hand Grenades che ricevetti come promo da ascoltare per un altro sito che gestivo. Fu amore a primo ascolto e una esperienza sonora che ancora oggi, due anni dopo, non smette di emozionarmi ancora.

Oggi Billy vive una momento difficilissimo della sua storia. E’ finita in bancarotta per alcune scelte artistiche sbagliate, è stata male e ha avuto anche bisogno di un ricovero. E’ stata abbandonata da tutto e da tutti. Da molti amici, da chi invenstiva in lei, da chi diceva di credere nella sua musica. Ma non dai fans!
Dal buio della sua attuale situazione la Pettinger ha trovato così la forza di reagire, di riprendersi la sua vita. Si è trasferita, ha trovato un lavoro con il quale spera di pagarsi un giorno il suo nuovo album, e ha autoprodotto due dischi registrandoli direttamente nel salotto di casa sua. Uno di questi, I Have to Do This, è stato anche oggetto di una mia recensione (https://www.melodicrock.it/2016/06/billy-pettinger-i-have-to-do-this-recensione/). Insomma, ha combattuto e si sta rialzando ancora!

Leggendo questa intervista non scoprirete solo informazioni sulla sua carriera artistica, ma saprete cosa significa essere vittime dell’avidità del mercato musicale, e su cosa si deve fare forza per rialzarsi e affrontare il mondo con rinnovata fiducia. In se stessi, e negli altri.
Da questa grande e talentuosa artista, ma ancor più delicata ma forte donna, imparerete a dare un nuovo senso al vostro presente. State per leggere l’intervista di cui vado più fiero in assoluto.
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DARE – Sacred Ground – Recensione

Un periodo di sette anni intercorsi senza un nuovo disco di inediti dei Dare può certamente essere definito come eccessivo da chi (come l’autore di questa recensione) si dichiara senza timori fan accanito di uno dei gruppi rock melodici inglesi oggettivamente più innovativi e originali di sempre. E’ però risaputo (e lo si sà quindi preventivamente quando si sceglie questa band come preferita) che le lunghe pause sono sempre state una (sofferta) caratteristica del songwriting di Darren Wharton, un compositore geniale ma in continuo bilico tra il presente (della sua formazione) e il suo passato storico, da sempre legato alla permanenza nella formazione dei leggendari Thin Lizzy, e ai suoi innumerevoli show di tributo.    

Come una soap opera che non manca mai di riservare colpi di scena, ecco allora che tra un disco dei Dare e il suo successivo si potrebbero scrivere paginate di storia, parlando all’infinito di false promesse e finti annunci, di ritardi e scadenze mai rispettate, di entrate e uscite in formazione, eccetera, eccetera. Quel che è certo è che, nel riassunto di quanto accaduto dall’ultima pubblicazione di inediti Arc of the Dawn (2009) all’uscita di questo Sacred Ground (fissata per il 15 luglio), si deve certamente sottolineare l’abbandono del chitarrista Richie Dews, escluso dal gruppo (peccato..) per lasciare spazio al ritorno in pompa magna del co-fondatore e chitarrista Vinny Burns, con il bassista storico Nigel Clutterbuck.

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Vega – Who We Are – recensione

Perchè Amo i Vega? Perchè gira e rigira da quel primo incredibile Kiss of Life (2010 – qui la recensione) non mi hanno mai praticamente deluso. A ben vedere dopo quel primo fenomenale passo non hanno più forse raggiunto gli stessi livelli con un What The Hell (2013 – qui la recensione) che provava a spostarsi su un melodic rock più moderno, sacrificando però forse le loro caratteristiche tastiere, ed uno Stereo Messiah (2014 – qui la recensione) che ritornava al loro sound più personale ma contornandolo di un alone nettamente più dark e forse più difficile da assimilare rispetto al loro solito mood arioso e frizzante.
Di sicuro non si può dire che ai Vega manchi la voglia di fare, di mettersi in gioco e soprattutto le idee. In un ambito melodic rock dove spesso le nuove leve al giro del terzo album subiscono una “stagnazione di idee” loro continuano a provare ad evolversi e a rimettersi ogni volta in gioco!

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Sunstrike – Ready II Strike – Recensione

 

Qualcosa dev’essere andato storto all’ufficio immigrazione di Stoccolma.
Probabilmente colpa di un distratto funzionario, più attento ad osservare le sinuose curve di una giovane modella svedese che nel rilasciare i passaporti a questi scoppiettanti Sunstrike.

Generalità e tratti somatici dei componenti la band, rimandano innegabilmente al grande Regno di Svezia, altrettanto non si può dire per quello che invece sembra essere il loro DNA artistico.
La simultanea militanza dei due capi progetto, Joachim Nordlund (chitarre) e Johan Lindstedt (batteria),nelle fila degli epic metallers Astral Doors è l’altro indizio fuorviante per chi volesse poi abbozzarne una sorta di identikit stilistico.

Ora…ascoltato il disco senza queste informazioni preliminari, risulterebbe alquanto difficile per chiunque non individuare nella soleggiata California la terra di provenienza della band in questione.
Non lasciatevi ingannare dal mood nordico della keyboard-driven Head Over Heels che apre il disco.
Quello che seguirà fino a quasi la fine del platter, sarà uno showcase del più classico Hard Rock melodico Made in USA che infiammò gli indimenticabili anni 80.

Come per la citata opener è il frizzante drumming di Johan Lindstedt a pilotare il party rock di A Piece Of The Action.
Un contro tempo che sa tanto di Firehouse ma con un apporto più marcato delle tastiere. Continue…