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Vinyl Care

Vinyl Care

03 Settembre 2021 7 Commenti Samuele Mannini

ATTENZIONE! MelodicRock.it non potrà essere ritenuto in alcun modo responsabile per eventuali danni dovuti all’utilizzo di una delle metodologie di pulizia spiegate in seguito.

Dopo l’approfondimento sulla Loudness War che potete rileggere a questo LInk , andiamo ad affrontare un’altro argomento legato alla qualità degli ascolti.

Negli ultimi anni si assiste al ritorno in grande stile del disco in vinile come mezzo di distribuzione musicale e con sempre più nuovi titoli, fiere del disco, mercatini dell’usato etc.. le collezioni di noi appassionati di questo glorioso supporto sono in piena espansione. Vediamo quindi quali sono i metodi per prendersi cura del vinile in modo di fruire al meglio delle sue possibilità, troppo spesso sottovalutate.

Sicuramente i graffi profondi e l’usura (spesso dovuta ad incuria e all’uso di giradischi scadenti), sono danni ai quali non si può porre rimedio, ma con le dovute cautele si può preservare per lungo tempo questo supporto e fruirne in qualità elevata. Per quanto riguarda invece l’accumulo di carica statica e il deposito di polvere, che sono i veri nemici dell’ascolto, abbiamo diverse frecce al nostro arco per migliorare drasticamente la situazione.

Piccola premessa doverosa, quello di cui scriverò è frutto delle mie ricerche e di prove effettuate  direttamente da me, nonché dalla lettura di numerosi articoli e dalla visione di decine di video guide sull’argomento, inoltre dove è stato possibile mi sono premurato di informarmi direttamente verso le aziende produttrici, soprattutto per quanto riguarda la parte chimica e le varie interazioni tra materiali. Nel mondo del vinile ci sono infatti credenze e miti, con relativi guru portatori di verità assolute, che sono difficili da sfatare soprattutto per via della soggettività con la quale viene vissuta questa passione. Lungi da me quindi mettere in discussione le certezze di chi leggerà, ma soltanto la volontà di affrontare l’argomento con un approccio più possibile scientifico , basato come detto su un minimo di chimica, esperienza diretta ed informazione, condite da una goccia di buon senso. Se tutto ciò porterà ad un sano confronto e offrirà spunti di discussione interessanti, allora ne sarò veramente lieto.

L’elettricità Statica.

La prima cosa da affermare con certezza è che ciò che impedisce al vinile di restare pulito, oltre a produrre fastidiosi rumori durante l’ascolto, è l’elettricità statica che si accumula sul disco dall’azione meccanica dovuta allo scorrere della puntina sui solchi e dai micro movimenti del disco che struscia sulla carta delle buste interne  della custodia del vinile. Senza stare a scomodare la scienza, quando un corpo è caricato elettrostaticamente è risaputo che attiri a se le particelle di polvere presenti nell’ambiente circostante e quando la polvere si infiltra nei microsolchi di un vinile è un bel problema tirarla fuori. Vediamo dunque quali possono essere i metodi per limitarne al minimo l’accumulo.

Primo fattore critico è quello ambientale. Il clima secco favorisce la formazione di cariche elettrostatiche, in determinate stagioni quindi un umidificatore per ambienti può aiutare almeno in parte a ridurre il problema.

Secondo fattore, il giradischi. Il tappetino che giace sul piatto del giradischi contribuisce a caricare elettrostaticamente il vinile durante la sua rotazione. Per determinare quale materiale sia più dannoso ci vorrebbe uno strumento di misura e delle prove oggettive difficilmente ripetibili, ma da numerosi video che circolano che effettuano questo tipo di prove empiriche, sembrerebbe che i tappetini in gomma e quelli in feltro siano quelli più nocivi. Quelli elettricamente più neutri sembrano invece essere quelli in acrilico o perspex, ma anche senza andare troppo su materiali esoterici, in pelle . Giova inoltre sapere che una puntina pulita aiuta a caricare meno il vinile, così come un taglio della puntina più pregiato, come il microlinear o lo shibata, venendo in contatto con una porzione minore del solco accumula meno carica sul disco.

Terzo fattore, lo stoccaggio del vinile. Le buste di carta bianche classiche che si trovano spesso nei dischi, sono letali per quanto riguarda il caricamento elettrostatico, il continuo strusciare , anche in fase di estrazione o inserimento, favorisce l’accumulo sul disco, senza contare che quelle forate addirittura non pongono nessun ostacolo all’infiltrazione della polvere. Sostituire queste, con delle bustine trasparenti in materiale plastico o con buste con l’interno rivestito in materiale antistatico, aiuta sicuramente sia nella fase di stoccaggio , sia nel mantenimento di una bassa carica.

Quarto fattore, la pulizia. Ci sono metodi che riducono fortemente le cariche statiche e sono quelli ad immersione. Il bagno in soluzioni prevalentemente di acqua distillata eliminano quasi totalmente gli ioni presenti sul vinile, mentre altri sistemi di pulizia non sono altrettanto efficaci , ma ne parleremo in maniera approfondita nella parte dedicata alla pulizia.

Ultima e probabilmente più efficace cura è invece la mitica pistola spara ioni, milty zerostat , il funzionamento è semplice basta puntarla sulla superficie premere il grilletto e genererà ioni che praticamente azzerano la carica presente sul disco.

Una volta capito come limitare l’effetto calamita che riempie di polvere il nostro amato supporto, affrontiamo il problema della pulizia vera e propria e poiché, tra i metodi di pulizia più efficaci ci sono quelli che prevedono l’uso di soluzioni liquide con cui cospargere o in cui immergere il vinile, dovremmo portare la nostra attenzione sulla composizione sia delle sostanze, sia del supporto su cui andremo ad agire.

Di cosa è fatto il Vinile e cosa usare per pulirlo.

Il materiale di cui sono fatti i dischi è sostanzialmente policloruro di vinile comunemente noto come PvC , ma questa è una grossolana approssimazione. In realtà è una composizione a base di PvC alla quale vengono aggiunte varie sostanze, che la maggior parte dei produttori tengono segrete. Come mi sono peritato di chiedere ad un paio di aziende, esse forniscono su richiesta dei vari impianti di stampa almeno sei tipi di compound diversi a seconda, per esempio, del tipo di pressa che andrà a stampare fisicamente il disco . Se a tutto ciò aggiungiamo che ci sono numerose aziende che producono il pellet di vinile, che numerose aziende che producevano in passato non esistono più, che in varie aree del pianeta si usano procedure leggermente differenti, che certi additivi del passato non sono più a norma di legge, che in diversi impianti si usa anche vinile riciclato ed infine che i vinili colorati ( anche il nero perché tecnicamente il PvC sarebbe semi trasparente) usano additivi diversi tra loro, è facile capire che praticamente nessun disco ha la stessa composizione chimica di un’ altro. Questo discorso serve a fare notare con quante accortezze bisogna muoversi quando si intendono usare liquidi per pulizia che potrebbero andare ad interagire chimicamente con uno dei componenti del vinile che nemmeno ci è dato di conoscere.

Da ricerche in giro sul web e da esperimenti personali sono concorde che usare un approccio conservativo nel comporre la propria soluzione pulisci vinile sia di fatto la cosa migliore. Molti guru consigliano le soluzioni più improbabili come prodotti di pulizia per vetri, sgrassatori vari ed eventuali, detersivi per piatti e addirittura shampoo per capelli, adottando un approccio un po’ più scientifico corroborato da pareri esperti e meno basati sulla magia, direi che la perfetta soluzione di pulizia è composta da acqua distillata , alcool isopropilico e un’agente tensioattivo (ovvero una sostanza che rompe la tensione superficiale dell’ acqua consentendole di penetrare più in profondità nei solchi), ma adesso vediamo però in che proporzioni. Poiché comunque esiste una scuola di pensiero che dice che l’alcool sia dannoso per il PvC , è meglio mantenere un approccio conservativo ed evitare di esagerare, perché comunque è risaputo che l’alcool sia un ottimo solvente per i grassi, dovremmo trovare un giusto bilanciamento tra pulizia e sicurezza. Direi che una percentuale in diluizione del max 5% in acqua distillata possa fornire una pulizia efficace senza mettere a rischio la composizione chimica del vinile, per quanto riguarda il tensioattivo esistono specifici prodotti in commercio studiati proprio per la pulizia degli Lp, il più famoso dei quali è il tergitol, una alternativa molto apprezzata e impiegata vista la sua efficacia e maggiore economicità è ILFOTOL di ilford, agente bagnante largamente utilizzato nello sviluppo delle pellicole fotografiche. Per quanto riguarda le mie prove personali ho ottenuto splendidi risultati con la seguente miscela 95% acqua distillata 4% alcool isopropilico 1% ILFOTOL. Chiaramente ognuno sarà libero di fare i propri esperimenti ed anzi sarei curioso di sapere quali sono le soluzioni più usate.

Vediamo adesso quali sono i metodi di pulizia vera e propria cercando di valutarne l’efficacia caso per caso.

Metodi di pulizia manuali.

Il primo metodo di pulizia consiste senz’altro nella famigerata e ultra nota spazzolina in fibra di carbonio . Ne esistono di svariati tipi e anche di svariati prezzi e con millantate capacità antistatiche, in realtà passare le fibre in carbonio sul disco mentre ruota sul piatto può solo contribuire a mantenerlo più pulito quando lo sia già, perché a parte raccogliere un po’ di povere grossolana in superfice, di più non può fare e sicuramente numerose prove empiriche mostrano che non ha nessunissimo effetto contro l’elettricità statica. Resta comunque una buona abitudine passarla prima di ogni ascolto.

 

Secondo metodo pulizia con liquido spray e panno in microfibra. Il primo e vero passo verso la pulizia fai da te del vinile consiste sicuramente nello spruzzare una soluzione apposita (anche per esempio quella che ho formulato sopra) . Poggiare il disco su un panno abbastanza grande in microfibra , spargere la soluzione sulla superficie del vinile e per aiutare a farla penetrare nei solchi ci si può aiutare con un pennello a setole morbide, dopodiché si procederà ad asciugare il disco con un panno morbido seguendo la tracciatura dei solchi . Questo metodo anche se è artigianale consente di mantenere i dischi abbastanza puliti, anche se per ovvi motivi sarà difficile effettuare una pulizia approfondita per la difficoltà di fare penetrare in profondità tra i solchi il liquido, inoltre attenzione perché lo sfregamento del panno durante l’asciugatura farà caricare il disco elettrostaticamente.

 

Altro metodo per tenere puliti i dischi è l’ormai tornato in auge rullo gommato. Tempo fa lo produceva solo la Nagaoka ed aveva prezzi piuttosto spropositati, adesso invece ne esistono diverse versioni estremamente economiche che consiglio di provare. Il tutto non è altro che un rullo in silicone lavabile dopo ogni uso, che scorrendo sul vinile raccoglie la polvere ed è sicuramente  più efficace della semplice spazzolina, oltretutto non ha effetti negativi sulla carica statica.

 

 

Pulizia con macchine lavadischi.

Qui cominciamo veramente a parlare di pulizia approfondita , tale da riportare in molti casi il vinile allo stato dell’arte come e meglio di quando era uscito dalla fabbrica.

Prima tipologia macchine manuali (70/ 100 Eur). La soluzione più economica , ma di certo funzionale consiste nell’utilizzo di quelle macchine lavadischi dove il disco viene inserito in una vasca riempita di soluzione detergente, viene fatto ruotare manualmente , mentre delle spazzole o dei pad in materiali vari strofinano la superficie del vinile asportando lo sporco che si annida nei solchi. I due modelli più famosi che hanno poi generato miriadi di cloni sono la Knosti Disco Antistat, e la Spin Clean. Le differenze sostanziali tra le due macchinette riguardano la protezione dell’etichetta con la Knosti che prevede una protezione completa e le spazzole , che nel caso di knosti sono vere e proprie spazzoline in….. peli di capra, mentre nella spin clean sono pad in materiale spugnoso.

 

Insomma tutto facile si riempie la vasca con la soluzione pulente, si inserisce il disco tra le spazzole , e lo si fa ruotare per 5/6 volte in senso orario e per altrettante in senso inverso, dopodiché Knosti consiglia di lasciare asciugare i dischi all’ aria in un apposito rack (tipo scolapiatti), mentre spin clean fornisce dei panni in microfibra per l’asciugatura. Personalmente trovo che le spazzole di Knosti svolgano un lavoro migliore ed accurato nella rimozione della povere grazie al gentile attrito che provocano sulla superficie, mentre spin clean non riesce ad arrivare così in profondità. Per quanto riguarda l’asciugatura, specie se nella soluzione è stato usato un buon agente bagnante, preferisco l’asciugatura all’aria perché consente alle particelle intrappolate nell’acqua di defluire via, mentre con l’uso del panno si rischia di spanderle nuovamente tra i solchi, senza contare che lo sfregamento del panno potrebbe caricare il disco elettrostaticamente, vanificando in parte il processo di pulizia.

Seconda tipologia le macchine ad aspirazione (300/500 Eur). Probabilmente la più famosa è la Okki Nokki, ma ne esistono anche altre a marchio Project per esempio. In questa tipologia di macchine il disco viene collocato su un piatto come fosse un giradischi (attenzione, alcune hanno il piatto full size, mentre altre ne hanno una versione ridotta), viene fissato al perno centrale, successivamente il disco viene cosparso con la soluzione per pulizia. Azionando il motore della macchina si può far ruotare il disco in entrambi i sensi ed aiutandosi con una spazzolina fornita, stendere il liquido uniformemente sulla superficie, fatto ciò si appoggia il bocchettone aspirante e si accende l’aspiratore, in men che non si dica il liquido verrà aspirato e con esso le impurità disciolte.

Il vantaggio di questa tipologia di pulizia è senz’altro la velocità di asciugatura e l’aspirazione del liquido, ma attenzione soprattutto per quelle macchine con il piatto in formato ridotto, non è possibile fare troppa pressione con la spazzola nel distribuire il liquido, inoltre la soluzione detergente ha meno tempo per agire rispetto alle altre soluzioni ad immersione.

Ultima tipologia, le macchine ad ultrasuoni (da 1000 Eur a salire). Sicuramente la tecnologia ad ultrasuoni è la più efficace , ma anche la più costosa, anche se sembra che un marchio di Hong Kong sia in rampa di lancio per farne uscire un modello intorno ai 300 Eur e allora diverrebbe una soluzione decisamente accessibile. Le macchine di questa tipologia utilizzano un bagno in una soluzione pulente , dove grazie agli ultrasuoni ed al principio della cavitazione, vengono create piccolissime bolle che vanno ad urtare continuamente la superficie del vinile andando ad asportare lo sporco anche nella profondità dei solchi più piccoli, sono inoltre motorizzate e quindi il disco ruota automaticamente nel bagno e dotate in molti casi di ventola per l’asciugatura automatica, insomma una vera e propria Spa e centro benessere per vinili. Anche qui esistono varie teorie sulla frequenza degli ultrasuoni , che di norma sono a 44.000 Hz , mentre qualcuno sostiene che le macchine a 120.000 Hz siano migliori, altri sostengono che sia cruciale il punto di emissione degli ultrasuoni etc… Mi manca la conoscenza pratica per poter verificare queste teorie , anche perché naturalmente si trovano un sacco di discussioni discordanti, quello che è certo è che ho potuto provare la differenza con gli altri metodi di pulizia e la differenza si sente, distintamente.

 

I metodi “esoterici”, da provare solo se non ci sono altre speranze.

Se girerete un po’ in rete troverete diversi video su strabilianti metodi di pulizia “alternativa” dai risultati strabilianti, ecco se tutto ciò che avete fatto per pulire il vinile non ha dato nessun risultato e vi apprestate a lanciare il disco dalla finestra, potete anche provare questi metodi, anche se vi anticipo che dalle mie prove i risultati sono stati abbastanza irrilevanti e con effetti collaterali da considerare attentamente.

Il Wood Glue. Consiste nello stendere un sottile strato di colla vinilica sulla superficie del disco (il Vinavil, va benissimo), aspettare che si secchi (7/8 ore mediamente), sollevare la sottile pellicola trasparente che si sarà formata che trascinerà via ne particelle di sporco annidate tra i solchi.

 

 

Questo metodo oltre ad essere altamente inefficiente in ordine di tempo (8 ore per lato), in realtà secondo le mie prove non offre nulla più di un lavaggio con una macchina knosti in termini di pulizia effettiva, oltre a fare correre il rischio, qualora che la pellicola non si formi in modo adeguato, di dover rimuovere dai solchi particelle di colla particolarmente fastidiose.

Il Wd 40. Si proprio lui, il lubrificante mille usi. Spruzzate su un panno i microfibra un po’ di Wd 40 ed applicatelo sulla superficie del disco, soprattutto se ci sono parti estremamente rumorose o nei punti critici dove il disco tende a saltare, poi fatelo suonare in quei punti critici per vedere se il lubrificante ha fatto superare queste criticità, a me un paio di volte il giochetto ha funzionato. Attenzione però, subito dopo il disco va assolutamente lavato e la puntina pulita accuratamente, perché il composto oleoso tende ad ungere in maniera terrificante, impiastricciando la puntina ed i solchi in modo molto rilevante, senza contare che non si può conoscere se il Wd 40 abbia effetti negativi sul vinile stesso, quindi cautela massima ed utilizzo solo in casi super estremi.

Ecco questo è tutto ciò che sono riuscito ad appurare e a sperimentare, ma lasciatemi dire un’ultima cosa, se manterrete pulito un buon vinile usando queste accortezze, potrete lasciare a bocca aperta molti digitalisti convinti.  Vi accorgerete inoltre che forse questo supporto è stato per troppo tempo denigrato e sottovalutato ingiustamente e potrete tornare ad apprezzare dischi che avevate dato già per vecchi con una qualità che nemmeno vi ricordavate possibile.

© 2021 – 2023, Samuele Mannini. All rights reserved.

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