Recensione

Quireboys – Amazing Disgrace – Recensione

08 Gennaio 2020 1 Commento Lorenzo Pietra

genere: Rock N Roll
anno: 2019
etichetta: Off Yer Rocka Recordings

Ecco tornare i Quireboys, la band Rock N Roll che nel 1990 sorprese tutti con il bellissimo A Bit What You Fancy, un insieme di Rock, Hard, un pizzico di Rod Stewart e tanta energia. Dopo oltre trent’anni di carriera e parecchie pubblicazioni purtroppo sottovalutate tornano i British Rocker capitanati dal grandissimo Spike alla voce, i fidi Guy Griffin e Paul Guerin alle chitarre, Keith Weir alle tastiere, Gary Irvin al basso e Dave McCluskey alla batteria. Il nuovo album, dodicesimo della carriera, si intitola Amazing Disgrace e celebra i 35 anni del gruppo e risulta decisamente più maturo nel sound e in linea con le ultime uscite del gruppo (vedi precedente Beautiful Curse).

Si parte con il pianoforte e le trombe di Original Black Eyed Son, dove le atmosfere rock n roll vengono sorrette dalla voce rauca di Spike. Sinner Serenade continua il discorso con pianoforte e chitarre più presente e i cori femminili che fanno molto rythm and blues. Sevend Deadly Sin parte con un piglio più divertente con un bel riff di chitarra molto anni 70 per poi sfociare in refrain arioso con ancora tastiere, cori e pianoforte ad esplodere. Buon pezzo. Amazing Disgrace parte con un bel arpeggio di chitarra e nel ritornello riesce a coinvolgere con il suo hard rock senza fronzoli e l’assolo di chitarra completa il lavoro. Eve of the Summertime è un pezzo semi acustico, dove l’accostamento a Rod Stewart è inevitabile, un pop rock semplice ma di grande spessore. Per descrivere California Blues basterebbe il titolo, ritorna il pianoforte in primo piano, riff di chitarra neanche a dirlo blueseggiante, pezzo semplice ma in pieno Quireboys style. This Is It parla più un country americano, chitarre acustiche, tappeto di tastiere in sottofondo, piccoli inserti di pianoforte per una ballad molto melodica. Bello l’assolo di tastiere. Feels Like A Long Time ha il “difetto” di partire forte con un bel riff energico, ma già al refrain rallenta il ritmo, smorzando troppo la canzone e arricchendola con troppi cori e tastiere che spengono il fuoco rock, peccato. Slave#1 parte ancora forte, un Hard N Roll dei primi lavori dove le chitarre si intrecciano con il pianoforte ma non riesce a lasciare il segno, infatti il ritornello si spegne troppo. Dancing In Paris è un lento dove ancora le chitarre si fondono con riff e arpeggi, le tastiere e il pianoforte sorreggono una dolcissima melodia. Un organo onnipresente duetta con Spike e un assolo di grande effetto completano un ottimo pezzo. So chiude con il country di Medusa My Girl; chitarre acustiche, violini e ritmo da “cowboy” per una song “anomala” sia per il disco sia per la chiusura. Da sottolineare la parte di intermezzo quasi sussurata dalla voce di Spike che lascia il segno.

IN CONCLUSIONE:

Un album maturo, coinvolgente e a tratti delicato. La parte più soft dei Quireboys emerge in questo Amazing Disgrace. Per gli amanti dei loro album anni ’90 consiglio un ascolto preventivo.

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