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Bad Memories – Forced To Be A Stranger – Recensione

16 Novembre 2012 10 Commenti Andrea Vizzari

genere: Melodic Rock
anno: 2012
etichetta: Perris Records / Audioglobe

Tracklist:

01. Intro
02. Tears Of Anger *
03. Never Too Hard *
04. Memories
05. Reach The High
06. Crossroads *
07. Our Love Is Dead *
08. Foced To Be A Stranger
09. Shadow In This Life
10. Signs Of Time
11. Shooting Star

* migliori canzoni

Formazione:

Francesco Cavalieri – Voce
Enrico Dal Canto – Chitarra
Angelo Carmignani – Batteria
Andrea Rivello – Basso
Federico Meranda – Tastiera

 

In un anno indubbiamente da ricordare per quanto riguarda il melodic rock grazie ad uscite sensazionali come i nuovi dischi di Rick Springfield e Jimi Jamison (per fare solo alcuni nomi), sarebbe un peccato non menzionare quelle band che, purtroppo, vuoi per la loro giovane età o vuoi per la loro poca fama, non sono riuscite a ritagliarsi lo spazio che meritano nonostante abbiano dato alla luce dei lavori complessivamente buoni.
I Bad Memories rientrano perfettamente in questa categoria: nati nel 2006 come gruppo Hard ‘N Heavy per poi progressivamente toccare lidi più melodici, hanno ufficialmente dato il via alla loro carriera con “Never Too Hard”, aiutati per l’occasione dall’esperienza di Cristiano Bertocchi (Vision Divine, Labyrinth) fino ad arrivare allo scorso giugno, mese in cui hanno rilasciato il loro secondo lavoro, “Forced To Be A Stranger”, tramite la label americana Perris Records.

Prodotto da un big italiano come Olaf Thorsen (Labyrinth, Vision Divine), “Forced To Be A Stranger” non pretende certo di innovare un genere molto statico come l’aor/melodic rock, ma punta a mostrare tutta la passione che i 5 musicisti mettono nel loro modo di suonare, quasi omaggiando i gruppi storici come Danger Danger, Survivor, Firehouse.

Dopo un’intro strumentale, il disco parte subito con due ottime canzoni come “Tears Of Anger” e “Never Too Hard” in cui chiaramente si intuiscono i punti di forza di tutto il platter: ottime ed incisive linee di chitarra su un tappeto di tastiere sempre in evidenza. Se la prima ricorda certe soluzioni dei Jaded Heart post Bormann (specialmente nel ritornello) con tanto di assolo degno di nota, la seconda sembra quasi una canzone mai pubblicata dai Danger Danger tanto il timbro del singer Francesco Cavalieri è simile a quello di Ted Poley, specialmente nelle strofe. “Memories” è invece una ballad old style guidata in particolar modo dal piano di Federico Meranda che non sprizza certo originalità ma che si fa ascoltare con piacere. Ancora echi dei recenti Jaded Heart in “Reach The High” in cui i ritmi si fanno più sostenuti e il drumming di Angelo Carmignani riesce ad emergere in mezzo all’ottima performance della chitarra solista e delle tastiere. Le melodie si fanno più raffinate in “Crossroads” che, dopo un’intro strumentale lunga più di un minuto, mostra il talento del gruppo nel saper costruire ottime canzoni senza scadere nel solito dejà-vu, nonostante personalmente non trovi il timbro di Cavalieri così incisivo. Stesso discorso per la successiva e anthemica “Our Love Is Dead”, “penalizzata” se così si può dire dal timbro del cantante, nonostante il pezzo sicuramente farà stragi in sede live grazie alle sue melodie ruffiane e alla sua freschezza. Se nella titletrack è ancora una volta la prova corale di tutto il gruppo ad emergere lo stesso non si può dire dell’ultima parte del disco a causa di alcuni riempitivi che non riescono a decollare nonostante la qualità delle composizioni non lasci mai a desiderare.

IN CONCLUSIONE:

Nonostante non stiamo a parlare di capolavoro, questo “Forced To Be A Stranger” merita comunque di essere ascoltato da tutti gli amanti di quel rock melodico pieno di ritornelli orecchiabili e melodici con tanto di tastiere in evidenza. Non pretendono certo di innovare questi giovani ragazzi (italiani, ci tengo a precisare con punta di orgoglio) ma il loro lavoro lo fanno più che bene. Possono e devono ancora migliorare in fase di composizione, cercando di evitare quei punti fin troppo ripetitivi ed evitando i cali di intensità per tutta la durata di un intero album, e vista la giovane età dei componenti della band, siamo sicuri che nel futuro imminente riusciranno a ritagliarsi lo spazio che giustamente si meritano insieme ad altre band nostrane. Unico appunto che mi ritengo di esprimere è il timbro di Francesco Cavalieri, a metà strada fra il Ted POley e Johan Fahlberg (Jaded Heart) che personalmente non ritengo perfettamente adatto al sound e al genere che la band propone, pur sfornando una buona prestazione in tutte le undici tracce del disco.

© 2012 – 2017, Andrea Vizzari. All rights reserved.

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