Neal Schon – The Calling – Recensione

Journey, Bad English, Hardline, Soul Sirkus…questa è solo una parte del curriculum di Neal Schon, mago delle sei corde proveniente da quella San Francisco che che lo ha portato al  grande successo. Come solista Neal ha già all’attivo diversi album strumentali, Piranha Blues (1998) e I On U (2005) su tutti, e quest’ultimo The Calling ricalca le orme dei precedenti aggiungendo al repertorio atmosfere Jazz, Rock fino ad arrivare a momenti fusion. La line up si avvale dell’amico Steve Smith (ex Journey) dietro le pelli, Igor Len alle tastiere e l’ospite Jan Hammer al Moog, presente solo in alcuni pezzi.

Il full lenght si apre con la title track The Calling, un hard rock dal sapore settantiano nel groove e negli assoli e continua con Carnival Jazz, dove già il titolo la dice lunga; un pezzo con base jazz/rock dove Neal Schon si scatena in assoli veloci e riff tecnici. Six String Waltz ci porta su terreni devoti ai Journey; una ballad delicata e di pregevole fattura dove la chitarra sembra cantare. Bellissima. Il breve intermezzo Irish Field (solo chitarra) apre le porte a Back Smash dove il sound rock – settantiano la fa ancora da padrone, la batteria è incentrata sui piatti,un guitar-riff grosso e tastiere ottantiane si alternano ad assoli di chitarra elettrica e acustica veloci ma tecnici. Fifty Six (56) ha invece un intro orientaleggiante per poi sfociare in una jam pianoforte-batteria  jazz, intermezzata da una chitarra effettata ma sempre rock. True Emotion è la ballad strumentale per eccellenza; lenta, dolce con tastiere in sottofondo…da brividi. Tumbleweeds ritorna al sound più duro e hard rock ottantiano mentre Primal Surge ci riporta al sound della precedente Fifty Six (56) ma ancora più jazz/fusion nell’animo. Blue Rainbow Sky è una power ballad dal sapore blues-rock che lascia il segno dove Neal Schon ci rapisce con la chitarra. Transonic Funk con il suo moog  in primo piano fa scatenare le sei corde, mentre Song Of The Wind II chiude l’album facendoci sognare; Neal Schon prende le sembianze del suo “maestro” Santana per uno slow-rock con la chitarra e le tastiere che si intrecciano facendoci chiudere gli occhi e goderci questa esplosione di note….

IN CONCLUSIONE:

The Calling è un capolavoro della sei corde melodica. Niente virtuosismi o assoli superveloci, solo tecnica e capacità di trasmettere grandi emozioni. Un album che passa momenti jazz, rock, fusion e momenti dolci e sentimentali senza essere mai noioso o ripetitivo, rischio che un album totalmente strumentale può avere.