Donna Cannone – Donna Cannone – recensione

Il progetto Donna Cannone ruota attorno alla chitarrista italiana, ma da anni trapiantata in Svezia, Giorgia Carteri, che ha dato vita a questa sorta di super-gruppo assieme al suo amico cantante/bassista Luca D’Andria, a cui si sono poi aggiunti la sua ex compagna di band nelle Thundermother Tilda Nilke Nordlund alla batteria, e il suo fidanzato Bjorn “Speed” Strid (Soilwork, The Night Flight Orchestra, At The Movies) alla chitarra solista.

Dopo aver scritto qualche pezzo e trovato un contratto con la Despotz Records, etichetta con base a Stoccolma in passato già label proprio delle Thundermother, il gruppo ha esordito ufficialmente il 25 Settembre 2020 con la pubblicazione del video dell’opener “Cross The Line”. Un brano che da solo svelava già quelli che poi sarebbero stati i punti cardine dei successivi singoli e video “Nothing To Do“ e “Is It True” (in cui è apparsa come ospite una rediviva Mia Karlsson delle Crucified Barbara) e del debut album: hard rock di stampo scandinavo condito da riff energici, drumming sostenuto, cori zuccherosi e melodia a fiumi, con una spruzzatina di glam rock a corredo. La voce graffiante di D’Andria, un altro italiano trasferitosi in Svezia ormai parecchi anni fa, è talmente particolare da riportare subito alla memoria i suoi Cowboy Prostitutes, sleazy rock ‘n’ roll band autrice di tre bei lavori nel quinquennio 2004/2009, periodo in cui utilizzava il nome d’arte Luca Isabelle. Ma a parte questo, un pregio dei Donna Cannone è una certa personalità nel songwriting, che rende la proposta interessante e, a tratti, persin “originale”. Nei mesi scorsi, dopo aver assimilato i tre singoli, la domanda sorgeva spontanea: il resto dell’album sarà all’altezza? La risposta è indubbiamente sì! Forte anche di una tracklist che si è con intelligenza fermata a dieci tracce, un numero che non scontenta mai l’acquirente e che facilita il compito di evitare di inserire dei filler, il platter scorre che è una meraviglia dall’inizio alla fine, confermando la propria bontà ascolto dopo ascolto grazie a canzoni come la sleazy e taglientie “Look Around You”, uno dei pezzi più vicini allo stile dei Cowboy Prostitutes del lotto; la rocciosa “Pushed”, che rimanda al periodo d’oro del revival sleaze/glam post “Rest In Sleaze” e la più rotonde e atmosferiche “Lost City’s Long Lost Friend” e “The North”. Insomma, se il tipo di rock and roll presentato coi singoli apripista è di vostro gradimento, il disco vi piacerà (quasi) sicuramente.

La versione in nostro possesso è un digipack con doppia tasca contenente CD e booklet di 16 pagine completo di foto, crediti e tutti i testi.

IN CONCLUSIONE

Sapientemente mixato da Chris Laney (At The Movies, Gathering Of Kings, Zan Clan, Animal, Pretty Maids) e masterizzato da Dan Swanö (Bloodbath, Katatonia, Edge of Sanity, Nightingale), a conti fatti l’esordio dei Donna Cannone è davvero una… cannonata!

Small Jackets – Just Like This! – Recensione

Uscito nel Dicembre del 2021, il quinto lavoro degli Small Jackets segue di ben otto anni il suo predecessore. Edito congiuntamente dalle due etichette che da tempo collaborano con il quartetto (l’italiana Go Down Records, che si è occupata del vinile, e la svedese Transubstans Records, che ha invece curato il CD), l’album è stato registrato al Deposito Zero Studios di Forlì e masterizzato a La Maestà di Tredozio (FC) da Giovanni Versari, un fonico che ha legato il suo nome, fra gli altri, a quello dei Muse del pluri-premiato Drones. Forte di una formazione ormai consolidata, il combo tricolore mette in pista nove brani di infuocato rock and roll di stampo scandinavo (The Hellacopters, Backyard Babies), infarcito con maestria di soluzioni più classicamente hard rock e blueseggianti (il fantasma dei primi Aerosmith aleggia su buona parte delle composizioni). Breve (circa 32 minuti) ma intenso, il disco si lascia ascoltare con piacere grazie a suoni pregevoli e ad una prestazione eccellente da parte dei musicisti. Just Like This! ha anche il pregio di non contenere filler, sebbene il rnr “funkeggiante” di “Getting Higher”, quello scuotichiappe di “Breakin’ The Line” e quello più anthemico di “Get Out Of My Way” sembrino avere una marcia in più. Una caratteristica che forse è sempre un po’ mancata ai lavori degli Small Jackets è stata la capacità di trasportare sul supporto ottico almeno una parte di quella strabordante carica live che da sempre li contraddistingue sul palco. Stavolta non è così: a patto di concedere a questo album qualche più che necessario giro sul piatto del giradischi (o se preferite nel lettore CD), per assimilarlo al meglio in quanto non proprio immediatissimo, si verrà catapultati on-stage, nel bel mezzo di un loro incendiario concerto!

IN CONCLUSIONE

Senza dubbio la produzione più indovinata del nuovo corso, che vede il bassista Mark Oak occuparsi anche delle parti vocali, e molto probabilmente una delle migliori, se non la migliore in assoluto della discografia di questo gruppo. La versione in nostro possesso è quella in CD: si tratta di un digipack a 2 ante con tray trasparente ma nessuna tasca o taglio per il libretto; il booklet, infatti, è assente, ed è un po’ un peccato non poter leggere i testi.