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Recensione

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Treat – Ghost of Graceland – Recensione

15 Aprile 2016 65 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2016
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. Ghost Of Graceland
02. I Don't Miss the Misery
03. Better the Devil You Know
04. Do Your Own Stunts
05. Endangered
06. Inferno
07. Alien Earthlings
08. Nonstop Madness
09. Too Late to Die Young
10. House on Fire
11. Together Alone
12. Everything to Everyone

Formazione:

Robert Ernlund – voce
Anders Wikström – chitarra e cori (voce principale in “Together Alone”)
Patrick Appelgren – tastiere, chitarre e cori
Pontus Egberg – basso
Jamie Borger – batteria

 

 

Treat… potremo definirla una band dalla doppia vita, o meglio, dalla doppia carriera. La prima fase vede la loro popolarità crescere negli anni ’80 in pieno boom AOR / Melodic Rock e contrapporsi come band svedese allo strapotere che conquisteranno gli Europe. La loro carriera inizia con Scratch and Bite (1985) a cui seguiranno The Pleasure Principle (1986), Dreamhunter (1987), Organized Crime (1989), Treat (1992, con Mats Levén alla voce).
Dagli anni ’90 come per tante band la strada si interrompe.
Anni 2000, il genere riprende vigore (anche grazie proprio alla Frontiers Music, etichetta di pubblicazione di questo Ghost of Graceland e del precedente Coup De Grace) ed una compilation, Weapons of Choice (2006), rilancia i Treat. Quello sarà il primo ed inaspettato passo della “seconda vita” dei Treat che nel 2010 daranno alle stampe quello che ritengo essere il loro vero capolavoro, Coup De Grace, che a sentire dai rumors avrebbe dovuto siglare la conclusione della loro carriera!
Ghost of Graceland arriva così inaspettato a 6 anni di distanza dall’ultimo lavoro in studio e negli intenti dichiarati dalla band dovrebbe aggiungere un lato più roccioso al sound portanto in scena negli ultimi anni…

Il riff heavy della titletrack Ghost of Graceland è li proprio a sancire questo nuovo lato della band, ma per fortuna anche tutti gli altri elementi che li hanno “riconsacrati” nella rinascita del genere sono tutti li; cori, tastiere, ritornelli contagiosi, arrangiamenti di classe e ancora una volta una produzione gerenale di livello superiore.
Sulle prime ammetto che I Don’t Miss the Misery con quel riff veramente pesante spiazza i padiglioni auricolari, ma l’inserimento al solito di un ritornello in puro Melodic Rock style riporta sui binari cari ai vecchi Treat. E’ ancora la chitarra a pestare duro sulle note di Better the Devil You Know ed è ancora l’alchimia, nel DNA di gran parte di quest’opera, che lega tratti ruvidi e grintosi all’eleganza regalata dalla voce di Robert Ernlund e dagli arrangiamenti melodici e moderni a far risplendere il pezzo.
Maturazione che si rispecchia anche nei testi, ed ecco che il testo di Do Your Own Stunts, dove un padre spiega al figlio come vivere pienamente la vita, ne sancisce la conferma. Bella ballad che inizia poggiandosi su piano e orchestrazioni drammatiche per salire in un crescendo di emotività e speranza che si chiudono in un dissolversi epico. I Maestri mostrano tutta la loro classe ed eleganza.
Endangered può spiazzare chi conosceva i “vecchi” Treat, l’arpeggio di chitarra è assolutamente moderno con un coro e ritornello assolutamente catchy… e da qui stiamo per entrare nel cuore più “radiofonico” dell’album. Infatti Inferno è un vero e proprio capolavoro radiofonico. Le tastiere iniziali delimitano note ben distinte, quasi fossero colpi di uno xilofono su di un tappeto etereo di fondo, per poi esplodere in un riff deciso di chitarra che fa da autostrada per la voce di Ernlund che scoppia in un ritornello ruffiano oltre l’inverosimile! Provate ad immaginare l’effetto devastante che un pezzo del genere può avere in sede live.
Alien Earthlings conferma, grazie al suo incredibile ritornello lanciato da un chorus da urlare a squarciagola la fase “radiofonico” siglata con raffinata cura dalla band. Classe da vendere per un pezzo che parte rastremato per finire come un diamante perfetto!
I Treat possono permettersi anche l’anomala Nonstop Madness che scorre nei limiti del melodic rock fino al controcoro “balbettante”… unico consiglio, imparate ad amarla! Fucilata semi hard rock invece per Too Late to Die Young che ancora una volta piazza un ruffianissimo ritornello trademark della corazzata Treat!
Ultimi tre pezzi e l’album continua ad avere cartucce da sparare come House of Fire. Inzio nuovamente ruvido e tagliente per un pezzo carico e teso che porta i Treat su territori a loro meno battuti in passato. Melodia comunque sempre in primo piano.
Toccante e emozionante oltre ogni limite il tristissimo lento Together Alone, che vede un inedito Anders Wikström alla voce. E’ una pugnalata al cuore. Ancora una volta su questo stile di pezzi sono le orchestrazioni magistrali a regalare vita e a donare l’inquietudine che il pezzo trasmette. Toccante!
Everything to Everyone è l’ultimo sigillo che chiude la splendida cavalcata che i Treat ci hanno regalato. Ancora una volta un pezzo che se potesse finire in un circuito radiofonico mainstream potrebbe tranquillamente scalare classifiche su classifiche. Ben fatto Treat!

IN CONCLUSIONE

Moderno, questo è Ghost of Graceland, ma senza tradire il filone “melodic rock” che impone certi cliché ben precisi fatti di tastiere sempre presenti, linee guida che si poggiano principalmente sulle chitarre e ritornelli dall’appeal radiofonico.
Tutto questo lo si trova in Ghost of Graceland, ma si trova anche ben altro. Frutto di una band matura sotto più punti di vista. Matura da un punto di vista tecnico, l’album è ineccepibile. Matura da un punto di vista anagrafico, e questo si riflette in testi che abbandonano completamente i classici temi anni ’80 di ragazze, feste e speranze per scendere su temi molto più profondi e da cui traspaiono tutte le cicatrici che la vita lascia sulla pelle. Matura nell’intelligenza della band di non richiudere se stessi nelle sbarre che li vorrebbero fermi agli anni ’80 ma di aver saputo ricreare un “moderno” modo di intendere il melodic rock.
Sappiamo però che la domanda che molti si stanno facendo è “meglio questo o meglio Coup De Grace?”… la mia risposta è semplice, i due album sono complementari, due facce di una stessa medaglia forgiata da una Grande Band in stato di Grazia.
Una più frizzante e ariosa (Coup de Grace) e l’altra più cupa e intensa (Ghost of Graceland), ma tutte e due con lo stesso comune tratto denominatore… il saper brillare di una bellezza unica che rende queste due uscite tra le massime espressioni dal Melodic Rock attuale… e se questo Ghost of Graceland sarà l’addio alle scene di questa grande band… bene, allora io mi inchino per l’ultima volta al cospetto dei Treat!

 

© 2016 – 2022, Denis Abello. All rights reserved.

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