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Rick Springfield – Rocket Science – Recensione

20 Febbraio 2016 14 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2016
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

01.Light This Party Up *
02.Down *
03.That One *
04.The Best Damn Thing *
05.Miss Mayhem
06.Pay It Forward
07.Found
08.Crowded Solitude
09.Let Me In *
10.All Hand on Deck
11.We Connect *
12.(I Wish I Had a) Concrete Heart *
13.Earth to Angel

* migliori canzoni

Formazione:

Guitars: Rick Springfield, George Nastos, George Bernhardt, Tim Pierce
Bass and Background Vocals: Matt Bissonette
Drums and percussion: Jorge Palacios
Additional Background Vocals: Robbie Wyckoff, RS and Windy Wagner
Background Gang Vocals: Chariya and Josh Bissonette, Brandon Mgee and Buddy the dog
Pedal Steel: John Jorgenson
Banjos, Mandolins and Additional Acoustic Guitar: George Doering
Keyboards: Jim Cox
Fiddle: Craig Eastman
Bass on Walkin’ In: Lance Morrison
Additional Guitars: Dan Strain, Andreas Moe on Concrete Heart
Additional Violin and Ganjo: Steve Stokes
Additional Keyboards on Concrete Heart: Niclas Lundin
Organ on Walkin’ In: Jeffrey Young

 

Con quaranta anni di carriera alle spalle come attore, scrittore e musicista, l’australiano Rick Springfield non pone freno alle sue passioni e ritorna sul mercato più forte e grintoso che mai con il suo ultimo ed eccellente album (il diciottesimo!): Rocket Science, uscito il 19 febbraio per Frontiers Music.

Fedele alla linea tracciata dai predecessori, ma forte dell’aggiunta di più spiccate influenze country (ben evidenti specialmente nella sua parte centrale), il disco si mette in mostra come un pregievole prodotto power pop/rock melodico, forte di tutti quegli elementi compositivi che hanno decretato il successo di questo artista nel corso degli anni. Il sound, che riesce a dare uno sguardo al passato risultando allo stesso tempo fresco e moderno come le produzioni pop più recenti, lavora molto sull’energia che le differenti basi strumentali devono avere per bilanciare tutta la forza e qualità del leader, e appare pertanto un po’ più attento agli arrangiamenti rispetto ad altre uscite di questo genere. Il che, diciamolo, è assolutamente un bene, visto che sono proprio quel tocco differente e quel mood pop country a regalare frizzantezza e positività all’insieme musicale, rendendo l’impronta stilistica del platter davvero peculiare e decretandone la definitiva lode in fase di analisi critica.

Così Rocket Science può essere descritto, ancor più che i precedenti, come una raccolta di tracce tutte potenzialmente hits, degne di un posto in classifica. A rendere l’idea sulla qualità del suo songwriting bastano già la prime quattro eccellenti canzoni Light This Party Up – Down – That One – The Best Damn Thing: la prima è la tipica composizione in stile party (come da titolo..), corale e festaiola, dell’australiano, la seconda è capace di esplodere in un refrain sensazionale, la terza è un perfetto alternarsi tra mood caldo da power ballad e arrangiamenti pop rock da classifca, e la quarta un potente brano perfetto per far saltare e urlare le folle sotto il palco. Insomma, pronti-via e il successo è già assicurato, merito della maestria dello stesso Springfield ma anche della bravura dei suoi musicisti, e dei tanti ospiti qui presenti.

Non delude poi, ed è particolare, neppure il blues rock di Miss Mayhem, mentre Pay It Forward e la ballad semi-acustica Found sono figlie del country moderno americano, quello che spopola nelle classifiche. Analogamente, Crowded Solitude è composta tra country e pop come un potenziale inno da cantare tutti assieme, all’unisono. Let Me In è poi una dolce e musicale ballad che rimane saldamente impressa nella mente con il suo bel testo e il semplice ritornello, arrivando così alla antemica All Hands On Deck che di fatto chiude momentaneamente il tratto più lontano dal rock melodico di questo platter. Questo perchè We Connect, un ritmato brano rock in continuo crescendo emotivo, e il motivetto power pop pieno di effetti (I Wish I Had a) Concrete Heart ci riportano un po’ più vicini al tipico Springfield anni’80, diversamente dalla chiusura affidata a Earth to Angel che torna tra la polvere del modern country, sparando nelle casse del nostro impianto audio nuove melodie comunque di facile appeal su ogni ascoltatore.

IN CONCLUSIONE

Sembra un paradosso, ma credo che questo disco potrà scontentare alcuni fans qui alle nostre latitudini proprio a causa di quelle qualità che lo renderanno invece incredibilmente appetibile per così tanti altri in tutto il mondo: mi riferisco alla sua nuova vena country e alla leggerezza pop di alcune sue canzoni.

Più vicino al power pop e al country da classifica rispetto che al puro rock melodico, Rocket Science si consolida al di là delle critiche come l’ennessimo importante sigillo di un musicista sempreverde, che non accenna nel calare di una virgola l’energia, la grinta e la freschezza che fornisce alle sue canzoni. Rick Springfield ha fatto di tutto e ha raccolto moltissimo lungo la sua carriera. A sentirlo oggi però, per come compone e come interpreta, credo che avrebbe meritato persino qualcosa di più. E’ inimitabile.

© 2016 – 2018, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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