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Recensione

80/100

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Gotthard – Firebirth – Recensione

02 Giugno 2012 15 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2012
etichetta: Nuclear Blast

Tracklist:

01. Starlight *
02. Give Me Real *
03. Remember It's Me *
04. Fight
05. Yippie Aye Yay *
06. Tell Me *
07. Shine *
08. The Story's Over *
09. Right On
10. S.O.S
11. Take It All back
12. I Can
13. Where Are You *

* migliori canzoni

Formazione:

Nic Maeder – Voce
Leo Leoni – Chitarre
Freddy Scherer – Chitarre
Marc Lynn– Basso
Hena Habegger– Batteria
Ernesto Ghezzi – Tastiere

Contatti:

http://www.nuclearblast.de/en/
http://www.gotthard.com/

 

Tre anni dopo l’ultimo lavoro in studio Need to Believe (2009), i Gotthard si sono lasciati alle spalle (più o meno metaforicamente) tutte le difficoltà affrontate nell’arco di questi difficilissimi anni. A segnare la loro rinascita (con l’utilizzo anche di un titolo e di una copertina appositamente ad effetto) è Firebirth, il nuovo disco della band svizzera pubblicato questo primo giugno dalla Nuclear Blast Records.

Per forza di cose, ed è normale non lo nego, il lettore che affronta queste righe di testo per la prima volta arderà dalla voglia di sapere come canta e che carisma ha il nuovo cantante della formazione. Ci arriveremo. Prima di questo voglio infatti parlare innanzitutto della band, di quattro ragazzi che hanno dato vita a quello che già etichetto come un bell’album, e che non è neppure così tanto un back to the origins come molti avevano anticipato. Firebirth è il tipico disco dei Gotthard, un album con tanto groove, un suono corposo e denso e chitarre squisitamente rock. A differenziarlo dagli ultimi e precedenti tentativi è soprattuto la produzione, scelta volutamente più sporca e “meno melodica” (e più simile volendo a un suono live che a uno in studio). Sulle motivazioni di questa decisione non so ne sapendo vorrei entrare in merito, posso però dirvi che sicuramente questo sound si abbina bene con i diversi brani, dando loro altre nuove piacevoli sfumature. Una seconda differenza rispetto al passato è legata al songwriting di alcune canzoni. Abbiamo infatti nel disco le tipiche ballate della band svizzera, le solite mid-tempo o quasi mid-tempo che poggiano forti sui ritornelli e sulla melodia, e poi alcuni brani molto hard rock classico e volutamente essenziali nei contenuti, i quali sembrano quasi puntare ben più sulla sonorità che sul voler per forza di cose avvicinarsi al pubblico, o meglio, a tutte le frange del pubblico.

Andiamo quindi a parlare dei migliori componimenti di questo album. Nel farlo, bisogna per forza di cose nominare subito l’opener, singolo e video musicale Starlight, un pezzo dal riffing molto blues rock, ritmato e capace di solleticare con gusto l’orecchio dell’ascoltatore grazie anche alla bella vocalità di Maeder (c’arriveremo a parlarne, c’arriveremo..). Bene anche la seguente Give Me Real, una canzone molto aggressiva e dal riffing davvero maschio e prepotente, ma è già Remember It’s Me la più seria candidata alla palma di miglior brano del disco (e di perfetta scelta di apertura della fase promozionale dell’album). Ispirata, pura, immediata, davvero a cinque stelle. Poi, Yippie Aye Yay è un divertentissimo motivetto, secondo me perfetto per far cantare ed esaltare le folle in sede live, ma è quando le luci si spengono ed è il turno della prima vera e propria ballata di Firebirth, ovvero di Tell Me, che i Gotthard sbaragliano di nuovo in un sol colpo la concorrenza. Un pezzo da dedicare a tutte le mogli/mariti e compagne/i di questa terra, che sa e riesce ad arrivare più che mai diretta al cuore, calda e toccante. Risulta essere molto convincente anche la seguente Shine, una mid-tempo molto melodica e davvero esplosiva sul ritornello, e The Story’s Over che, in linea con certi passaggi di Domino Effect, torna a presentare un riffing massiccio e un ritmo molto cadenzato. Poi il disco si perde un po’ tra brani forse ancora troppo abbozzati e non sempre over the top come li pretendiamo da questa storica band. Il regalo ci viene però fatto con la conclusiva Where Are You, un intimo pensiero a chi sta lassù nei cieli (e che per la band ha un nome speciale) e veglia su di noi. Da lacrime.

IN CONCLUSIONE

Come avrete notato, ho evitato di parlare di Steve Lee lungo tutto l’arco dell’articolo. Mi sembrava una mancanza di rispetto verso la band esordire parlando di lui ancor prima che del nuovo corso e di questo disco. Lasciamoci tutti quei momenti e quei ricordi, anche se bellissimi, alle spalle e dentro i nostri cuori.
Nomino invece ora Steve per dire che sono certo che da lassù starà sicuramente sorridendo, forse anche lui un po’ commosso nel rivedere i suoi compagni uniti e forti sotto la pesante insegna Gotthard. E sono certo che avrà apprezzato al 101% lo sforzo (anche di personalità) di Nic Maeder, un bravissimo ragazzo e un cantante molto dotato che si è messo a servizio dei ragazzi, probabilmente anche in virtù di un carattere e carisma diverso da quello del suo predecessore, tirando fuori questi ottimi risultati. Canta bene Nic, molto bene, con una timbrica abbastanza simile a quella di Steve e una bella estensione vocale. Credo che in brevissimo tempo inizierà a raccogliere le ben più che meritate soddisfazioni.

Concludendo, Firebirth sicuramente non è il miglior disco dei Gotthard ed è certamente un passo indietro rispetto alle ultime produzioni. Niente di drammatico però, è il normale corso degli eventi. La nuova formazione ora si è conosciuta, ha dato vita per la prima volta alla sua musica, e l’ha fatto anche mediamente piuttosto bene. E dal prossimo album, fidatevi, torneranno ad eccellere. Io sto con loro: grandi ragazzi, così si fa!

© 2012 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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