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23/06/12 Milano – Gods of Metal 2012

23/06/12 Milano – Gods of Metal 2012

25 Giugno 2012 1 Commento Iacopo Mezzano

gods-of-metal-2012Sabato 23 giugno 2012, terza giornata delle quattro del Gods. Sicuramente la più interessante per noi di MelodicRock.it con la prima italiana per i rinati Gotthard, il ritorno dei The Darkness, ma anche Hardcore Superstar, Slash e gli storici Motley Crue… il nostro Iacopo Mezzano era li per noi e per voi…
Denis Abello

report a cura di Iacopo Mezzano

E’ il caldo afoso a darmi per primo il benvenuto all’arrivo all’Arena Concerti della Fiera di Milano Rho per la terza giornata dell’edizione 2012 del festival-istituzione Gods of Metal.

Nell’Arena, o meglio nel posteggio della fiera, poco è cambiato rispetto lo scorso anno, salvo qualche leggera miglioria a livello servizi, con l’installazione di qualche doccia per rinfrescarsi dalla calura e l’aggiunta di zone ombra dove spaparanzarsi quando esausti. Per il resto, l’impressione di essere ritornati in una brutta area per ospitare concerti (d’accordo che è ampia e ben raggiungibile, ma i bei cari prati verdi in Italia proprio non usano più?!) c’è e si intesnsifica con l’avvicinarsi inesorabile delle ore bollenti della giornata.

Quello che tiene in vita, nonostante gli stenti, i milioni di spettatori che hanno oltrepassato i cancelli è sempre lei, la mamma musica che viene sparata a mille dall’impianto audio (ancora migliorabile) dell’evento.

Ad aprire le danze quando l’orologio segna le 12:30 sono i Planethard, rocciosa formazione italiana che da vita a un buon show, ricco di energia e denso di adrenalina. Non conoscendo il gruppo ho faticato un po’ a seguire l’intero concerto, ma sono rimasto impressionato dalla buona vocalità del cantante Marco Sivo (accompagnato su un brano dalla cantante Masha) e dalla bella chitarra di Marco D’Andrea. Sostanzialmente, una quarantina di minuti divertenti e perfetti per svegliare definitivamente il pubblico e prepararlo al ricchissimo menu di questa giornata.

E’ poi il turno del metal americano vecchio stile degli storici Lizzy Borden, sul palco alle 13:40 per 45 minuti di show esplosivo e condito come sempre da trovate e numeri tipici dello shock rock alla Alice Cooper. Staordinario il lavoro vocale (che ho trovato persino migliorato rispetto alla precedente occasione in cui ho assistito a un suo concerto) e d’impatto visivo del frontman, che sul palco cambia gli abiti quasi ad ogni canzone, indossando maschere e vestiti a tema davvero di forte impatto. Brava anche la band, ottimamente coesa e capace di divertire la platea con mosse e simpatiche trovate, come quella ad opera dei due chitarristi Lorina e Alexander di indossare per un’intera canzone le maglie neroazzurre dell’Inter, scatenando il pubblico milanese metà per la gioia, metà per la rabbia sponda Milan. Convincente anche la scelta della scaletta, che parte da Tomorrow Never Comes e, toccando hit come Red Rum e Me Against the World (e una breve e divertente cover di Edge of Glory di Lady Gaga), chiude con l’inno di American Metal, cantato a squarciagola dai presenti. Volete una nota negativa di questo show? L’assenza della ballerina Steffi Scott, sostituita sul palco solo nel numero del sangue di There Will Be Blood Tonight da una bella rossa che però perde nettamente in fascino rispetto alla bionda, ora moglie, del batterista Joey Scott. Peccato.

14:50, puntuali, ecco gli Hardcore Superstar salire on stage tra le acclamozioni della folla sempre più numerosa. Il loro è un ottimo show, putroppo rovinato da suoni tutt’altro che perfetti che risultano pastosi e più in generale mal tarati. Ma la prestazione della band sarà talmente notevole da essere in grado di sopperire anche a questo inconveniente, con il cantante Joakim Berg sempre in prima linea nell’incitare il pubblico festante e assolutamente partecipe ad ogni canzone. E mentre Vic Zino alla chitarra regala ottimi riff tra sorrisi e, come gli altri componenti, pose e movenze perfettamente studiate, la setlist si districa lungo 10 tra i migliori pezzi di questa formazione svedese. Il concerto apre con Sadistic Girl, subito riconosciuta e accompagnata dal pubblico, per poi proseguire con Kick On The Upperclass, Medicate Me, Dreamin’ In A Casket e Wild Boys. Unico momento no, almeno per i miei gusti, una Run To Your Mama un po’ troppo fredda e prolissa, ma il finale dato dalla serie My Good Reputation, Moonshine, Last Call From Alchol e soprattutto la conclusiva We Don’t Celebrate Sundays è qualcosa di epico e di indimenticabile come impatto visivo-sonoro per il pubblico. Uno show maiuscolo.

E’ tempo di uno dei momenti da me più attesi della giornata, è il momento dei Gotthard. Leo Leoni e soci, accompagnati per la prima volta in Italia dal nuovo cantante Nic Maeder, salgono sul palco che sono le 16:15 ed è forse una delle ore più afose e torride del giorno, anche a causa della ora totale assenza di nuvole. La platea è cotta dal sole e ci mette un po’ a carburare e rendersi totalmente partecipe a un esibizione aperta in sequenza da Dream On, Gone Too Far e Top of the World. Fino a qui, ad essere del tutto onesti, lo show fatica ancora a decollare. Leoni ha avuto problemi con i suoni della sua chitarra, poi risolti prontamente già a metà del secondo pezzo, e Nic ancora stenta ancora ad entusiasmare la folla, forse più attenta a valutarlo che a lasciarsi trasportare dalle emozioni. Ma è con l’arrivo dei due brani nuovi, Starlight e Remeber It’s Me, che la tensione si scioglie e Maeder, ora a suo agio, inizia a mostrare tutte le sue doti. E lo spettacolo decolla, e il trio Sister Moon, Hush e Master of Illusion riesce finalmente a far saltare e urlare di gioia il pubblico. Segue il toccante tributo a Steve Lee con One Life, One Soul in versione piano-voce, durante la quale il cantante capisce l’emozione della folla e lascia spazio alle nostre voci in più di una occasione, e poi il concerto torna ad esplodere di adrenalina con Mountain Mama e Right On, prima delle conclusive e granitiche Lift U Up e Anytime Anywhere. Finisce così una performance buona e importante per la formazione svizzera, che si ri-battezza bene sul suolo italico con questa ora abbondante di show che fa da antipasto al mini tuor di novembre. Ci sono ancora margini di miglioramento ma la base è più che buona. Promossi!

Tic-tac, tic-tac scatta l’ora dei The Darkness. E qui diventa davvero difficile trasformare in parole quello che l’Arena di Rho si è trovata davanti. Il miglior evento della giornata? Credo di si. Justin e Daniel Hawkins, con Frankie Poullain e Ed Graham, tornano on stage esattamente come ci avevano lasciati all’Heineken Jammin’ Festival del 2006, dando l’impressione che in questi 6 anni nulla tra di loro sia mai successo. Su di loro possono piovere mille mila critiche, si possono contestare in ogni dove, ma non si può dire che non sappiano mettere in piedi degli show live indiscutibilmente ottimi. Senza scenografia alle loro spalle riescono a brillare forse più di ogni altro, la gente li ama, canta ogni loro canzone, salta, urla, geme e si incazza poi quando per una decina di minuti salta completamente l’impianto del festival, lasciando i ragazzi muti sul palco e Justin con le mani nei capelli a consolare e calmare gli animi scendendo tra la folla a chiaccherare e a far foto.  Verranno così tagliati dal set alcuni brani (la maggioranza dei quali nuovi) e il tempo loro disposizione si ridurrà a un ora abbondante, ma non calerà di una virgola la qualità esecutiva del quartetto. I momenti migliori? L’apertura con Black Shuck e Growing on Me, poi One Way Ticket (credo il pezzo più cantanto dell’intera manifestazione) e Get Your Hands Off My Woman, e ancora Love Is Only a Feeling, I Believe In A Think Called Love e Love On the Rocks With No Ice. Commossi? Di più. Esistono davvero poche bestie da palco come loro al giorno d’oggi, se serve una dimostrazione andatevi a vedere l’assolo finale di Justin fatto sotto la pioggia e girando in mezzo al pubblico sulle spalle di due uomini della sicurezza. Per me i migliori.

Premessa: dovete scusarmi ma è dal 1991 che nulla di quello che partorisce Slash mi riesce ad emozionare in modo vero e totale. Per cui, la sua esibizione l’ho ascoltata piuttosto da distante e senza annotarmi particolari appunti. Quello che sono certo di potervi dire è che lo spettacolo è stato buono, che la presenza scenica di Slash è sempre la stessa (sa dominare il palco come pochi, nonostante si atteggi forse pure troppo) e che in generale la band se l’è cavata bene. Altrettanto sicuramente posso dirvi che Myles Kennedy ha un ottima voce, che ha cantanto davvero bene anche le tre cover eseguite dei Guns ‘N Roses, ma che parimenti risulta mostruosamente freddo e talvolta anonimo nonostante si sbatta in tutti i modi per apparire. Se devo scegliere lo preferisco negli Alter Bridge allora.. Infine, credo che i pezzi nuovi e solisti di Slash siano soltanto buoni, nulla a che vedere con il lucente passato di questo artista. Ho avuto un sussulto credo solo su Anastasia e Standing in the Sun. Colpa mia? Può essere, ma la riuscita soprattutto di Sweet Child O’ Mine e Paradise City, con tutto il pubblico su di giri in modo pazzesco, credo mi dia almeno un po’ di ragione.

Ci siamo, sono le 21 e 30 passate ed è il momento del main event, è tempo dei Motley Crue. Eh, è ora che viene il difficile.. Andiamo per punti.

Cose positive: a) mi sono divertito. b) la setlist è stata praticamente perfetta. Tutto è iniziato con Wild Side, si è proseguito con Live Wire, la mitica Too Fast For Love, la “nuova” Saints of Los Angeles e poi di fila Shout at the Devil, Don’t Go Away Mad, Same Ol’ Situation, Looks That Kill, Piece of Your Action, e Primal Scream, Smockin’ in the Boys’ Room, Dr.Feelgood, Girls, Girls, Girls, per poi rallentare un attimo su Home Sweet Home e salutarci con la finale Kickstart My Heart. c) la scenografia era pazzesca. Bei giochi di luce, bel palco, straordinaria la batteria rotante di Tommy Lee con lo schermo al centro. d) Buoni i suoni. e) La risposta del pubblico che li ha ancora una volta divinizzati. f) Le ballerine/coriste. Che gran belle figliole. f) Nikki Sixx. Inossidabile.

Cose negative: a) Vince Neil. La sua voce da l’impressione di essere piuttosto calata e stanca, soffre su quasi tutte le strofe e, fortunatamente, tiene ancora bene sui ritornelli. Ma la sufficienza, se c’è, è appena sfiorata. b) Le prestazione non perfetta di Nick Mars. Sarà anche che da sempre mi sembra il punto debole della band.. c) L’energia non sempre al massimo. Spesso l’impressione era quella di vedere una formazione stanca e quasi annoiata, che si salvava per 3/4 (ho già detto che Sixx è inossidabile) grazie ai soliti siparietti che cercavano di mostrarli ancora fedeli al loro spirito. Non a caso poi, la maggiore emozione me l’hanno personalmente data sulla nostalgica Home Sweet Home..

In fin dei conti quindi? Divertenti e sufficienti, non di più. Concerto da 6/6,5 se vi piacciono le valutazioni. Sicuramente non i migliori della serata. Dai Motley Crue si ci aspetta di più, davvero.

La terza giornata del Gods of Metal 2012 finisce qui. 75 euro quasi di biglietto erano tanti ma sono stati ben ripagati direi, e me ne torno a casa stanco e accaldato ma soddisfatto e felice. Cara Arena Concerti di Rho Fiera ci vedremo anche l’anno prossimo? Non lo so, è presto per dirlo. Però anche se non sei il meglio, anche se sei tutta cemento in mezzo all’afa, forse un po’ inizio a volerti bene..

Galleria Fotografica

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© 2012, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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