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Recensione

90/100

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Saracen – Marilyn – Recensione

05 Settembre 2011 12 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Escape Music

Tracklist:

1. The Girl: Norma Jeane
2. The Orphan: Whither the Wind Blows
3. The Dreamer: Hold On
4. The Model: Make This Body Work
5. The Actress: Who Am I *
6. The Wife: Love Like A Razorblade
7. The Patient: Break the Spell
8. The Mistress: Not For Sure *
9. The Forsaken: Feel Like Going Home *
10. The Witness: Unfinished Life
11. The Woman: Marilyn *

* migliori canzoni

Formazione:

Steve Bettney - Voce
Paul Bradder - Tastiere
Richard Bendelow - Basso, voce
Paul Gibson - Batteria
Rob Bendelow - Chitarra
Snake Davis - Sassofono

 

Quella di Marilyn Monroe è una la leggenda che, a quasi 50 anni dalla sua morte, non smette ancora di affascinare e stupire il mondo intero. E la musica, da riflesso culturale del mondo che viviamo, non può che rimanere parimenti influenzata e naturale debitrice dell’arte espressa dalla curvilinea bionda americana.

E così in questo 2011 denso di successi musicali i Saracen (storica band inglese fondata nel 1976 a Matlock, nel Derbyshire, e con all’attivo 4 full-lenght) hanno deciso di regalare un intero album alla memoria di questa stella. Marilyn, questo il titolo del disco, uscirà per la Escape Music il 23 settembre 2011 e cercherà di essere il racconto dell’intera esistenza della Monroe, avvalendosi anche di introspezioni nel carattere e nelle difficoltà di questa ragazza, ricreate in musica attraverso l’utilizzo di testi riportanti anche alcune memorie originali della diva ritrovate dopo il suo prematuro decesso.

Con questi presupposti, questo Marilyn si eleva tra le uscite più interessanti di questo finale d’anno. Ho avuto il piacere di poterlo ascoltare in anteprima ed ecco qui per voi i miei pareri riguardo.

LE CANZONI

Quando un concept album inizia con voci di bambini in sottofondo si sa già che le aspettative non possono essere deluse (leggasi: Streets dei Savatage). E così esordisce questo Marilyn, con la intro del primo brano The Girl: Norma Jeane caratterizzata da voci di infanti al gioco. Dopo qualche secondo dirompe l’energia rock dei Saracen e grande ruolo ha fin da subito il sax di Snake Davis, che si getta in un piacevole assolo, accompagnato ben presto anche dalle tastiere di Paul Bradder. Profumato di anni’30/’40, questo pezzo si evolve con estremo gusto, lasciando via via sempre più spazio anche agli strumenti più tipici di questo genere musicale (sul finale vi è anche un breve assolo di chitarra), ma mantenendo sempre la preponderanza di sax e tastiere. E a chiudere questa ottima intro strumentale sono ancora le voci di bambini, accompagnate questa volta da un solitario sax di sottofondo.
Si entra nel vivo del disco con il secondo brano, The Orphan: Whither the Wind Blows. Quello che è il sound del gruppo, con quella miscela di hard rock, prog rock, gusto epico e pomp e perchè no AOR, pare perfettamente intatto e la voce di Steve Bettney si conferma ancora su ottimi livelli, abilissima nel elevarsi a elemento narrante della vicenda cantata. Ottimi gli arrangiamenti, con tanta coralità sui ritornelli, e piacevole anche il gusto sinfonico intrinseco in questo pezzo, che convince anche per il lavoro di chitarra che sfocerà poi a metà componimento in un gustoso assolo. Molto in stile ultimi componimenti di Ken Hensley, questo pezzo profuma di Uriah Heep, pur miscelandosi con il suono tipico della band che ho precedentemente descritto.
Il terzo capitolo, The Dreamer: Hold On, ha un avvio molto quieto, con la chitarra acustica accompagnata brevemente dal sax. Entra poi, angelica, la voce di Issa, special guest su questo brano. La cantante offre un ottima prestazione vocale che, in duetto con i frequenti ingressi di sax che sfociano poi in un pregievole assolo, domina l’intero pezzo, accompagnandosi poi anche dall’ingresso rock del gruppo al gran completo.
Rock che esplode dirompente in The Model: Make This Body Work, con la chitarra fin da subito protagonista attraverso un assolo di apertura molto melodico. E’ poi la voce di Robin Beck, special guest nel ruolo di Marilyn a elevarsi a leader sulle melodie. La cantante si dimostra ancora una volta in grandissima forma, dirompente per energia e pregievole sugli acuti, rivelandosi scelta adattissima per questa interpretazione.
Brividi. The Actress: Who Am I presenta un gustosissimo duetto vocale tra Robin Beck e Steve Overland che, mamma mia!, spicca in modo incredibile grazie alla grandissima intensità emotiva sprigionata dai due cantanti, ottimi sia sulla prima metà del pezzo molto calma e rilassata (da power ballad insomma) che sulla seconda puramente rock, dove possono lasciare libero sfogo alle loro ugole che, per questo genere, dimostrano ancora di avere davvero pochi pari. Molto bella anche la chiusura, nuovamente rilassata, con tanta tanta coralità. Brividi.
The Wife: Love Like A Razorblade torna maggiormente nei canoni dei Saracen, con un ritmo lento ma continuo caratterizzato da un ottimo lavoro di chitarra (ma anche di basso nel creare il sottofondo), che spicca ancora una volta sugli assoli melodici ma anche tecnici, ma avvalorato anche da un’ottima base di tastiere e da un magistrale cantato di Bettney, davvero di altri tempi e qualificato anche da un ben songrwriting, altro elemento di spicco dell’intero disco.
Settimo brano, The Patient: Break the Spell, richiama alla mente il sound degli esordi dei Saracen, con quello spiccato gusto epico che inonda in modo unico e tanto tanto classico la coralità dei ritornelli mischiato a un forte profumo progressivo, confermato dai sempre presenti rallentamenti/accelerazioni. Genuinamente anni ’70, il pezzo è tutto per tutto rock, con la chitarra vivace e tagliente, la batteria incalzante, il basso leader con la tastiera sui rallentamenti e il cantato maschio, caldo, puro a condire di sentimenti ed energia la base musicale.
Torna la voce di Marilyn/Robin Beck a cantare lo stupendo testo della slow-tempo The Mistress: Not For Sure, un lento acustico davvero prezioso, denso di pathos ed emozioni. L’interpretazione di Robin è ancora di altissimo livello e la cantante è abilissima ad interpretare i sentimenti provati dalla star lungo la vicenda narrata, immergendosi nel suo ruolo ed elevandosi a sola dominatrice sul calmo incalzare della chitarra grazie alla sua diamantina voce. Altro brano, questo, che non può che colpire in positivo l’ascoltatore.
Ancora tutto affidato all’ugola della Beck è The Forsaken: Feel Like Going Home, solitario vocalizzo della star che ben prosegue le emozioni sprigionate nel precendete componimento. Qui, diversamente da prima, l’assolo è di chitarra non acustica ma elettrica ed è lento, soffuso, triste e perfettamente solitario come abbandonata, sola e soprattutto fragile (in senso positivo, così richiede il suo rulo) appare l’interpretazione vocale di Robin Beck, che dà voce a una Marilyn qui al centro delle sue difficoltà e sull’orlo del declino che la porterà alla triste fine del 5 agosto ’62.
Penultimo brano, The Witness: Unfinished Life esordisce presentando parte del discorso alla Nazione del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy per poi riportare in vita in tutto e per tutto lo spirito rock dei Saracen, che era andato in parte ad estinguersi negli ultimi due brani. Spiccatamente hard rock, specie sul riffing di chitarra che tanto mi ricorda alcuni passaggi dei primi Saxon, il pezzo si districa molto bene sui suoi 5 minuti di durata, senza tuttavia presentare grandi picchi qualitativi.
Picchi invece toccati dalla chiusura The Woman: Marilyn, un pezzo molto pomp che, denso di energia, eclissa perfettamente questo concept. Robin Beck è ancora una volta qui maiuscola per interpretazione calda e prestante e per una vocalità davvero ringiovanita, in particolare sugli acuti di fine ritornello. Grande anche la prestazione tecnica della band, superba nell’accompagnare la Beck tra riffing ben strutturati e assoli di grande spessore.

IN CONCLUSIONE

Quante emozioni! Ancor più che il livello tecnico/compositivo, a colpire di questo disco è la carica emotiva che viene sprigionata pezzo dopo pezzo, attraverso brani mai banali e protagonisti in pieno stato di grazia. Se prima è il sassofono ad elevarsi a strumento centrale per esprimere il mood dei brani, mano a mano questo eclissa per scomparire totalmente nella seconda metà del disco e lasciare così spazio a una chitarra in grandissima forma, melodica e poi rabbiosa, dolce e poi graffiante, micio e poi leone. Ma sono forse ancora di più le voci a focalizzare l’attenzione e le sensazioni espresse dalle melodie e dai testi (ispiratissimi), con una Robin Beck, prima su tutti, in grandissimo spolvero, e vocale e interpretativo. E ancora Overland, grandioso nella sua unica apparizione, e Issa, molto brava sul brano da lei cantanto. Senza dimenticarci di Steve Bettney, che sui suoi brani (suoi intesi come stile 100% alla Saracen) si dimostra ancora abile e in perfetto stato. Con una produzione molto valida e ben regolata in fase di mixaggio, questo disco si può tranquillamente elevare tra i vertici di questo 2011 e nella top 10 di ogni appassionato di hard rock. Non credo ci sia altro da dire se non che questa è un’altra conferma dello stato di grazia di questa formazione inglese, che si rivela ancora troppo mpoco conosciuta rispetto al suo valore reale.

© 2011 – 2018, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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