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Recensione

88/100

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Robin Beck – The Great Escape – recensione

02 Febbraio 2011 2 Commenti Andrea Vizzari

genere: Melodic Rock
anno: 2011
etichetta: Her Majesty’s Music Room

Tracklist:

01. The One *
02. Got Me Feelin Sexy
03. Inside Of Me *
04. That All Depends *
05. Baby I'm Not A Bitch *
06. Everything Is Alright
07. The Great Escape
08. Don't Think He's Ever Coming Home *
09. Cross My Heart *
10. All The Rivers
11. Till The End Of Time *

* migliori canzoni

Formazione:

Robin Beck – Voce
Tommy Denander – Chitarre, Tastiere, Batteria
James Christian – Batteria, Basso, Cori
James Jamal – Basso, Batteria in “Baby I’m Not A Bitch”
Katherine Ownes – Piano/Synth, cori in “Baby I’m Not A Bitch”
Paul Jones – Chitarra acustica ed elettrica in “Baby I’m Not A Bitch”
Dai Smith – Chitarra ritmica in “Baby I’m Not A Bitch”
Liv Beck – Cori

 

Carriera sempre al top quella di Robin Beck: regina del melodic rock che nei primi anni 90 (precisamente nel 1992) diede alla luce quel capolavoro che risponde al nome di “Trouble or Nothing” (a parere di chi scrive il suo miglior album e uno dei “must have” del genere). Punti di forza di quel disco furono in primis i grandissimi songwriter che collaborarono al progetto: parliamo di artisti dalla penna d’oro quali Desmond Child, Diane Warren, Alice Cooper, Paul Stanley. Se questi nomi non vi dicono nulla allora dovrei citarvi un paio di singoli scritti da questi signori diventati delle hit mondiali famose ancora oggi. Un esempio? “Livin on a prayer/You give love a bad name/Bad Medicine” (Bon Jovi), “I was made for lovin you” (Kiss), “Angel/Crazy/I don’t want to miss a thing” (Aerosmith), l’intero album “Poison” dell’inossidabile Alice Cooper, varie hit di Cher, Ricky Martin, Celine Dion (e altri milioni di grandi artisti). Ora potete cominciare a capire quanto talento avesse e ha tutt’ora Robin Beck per vantarsi di tali collaborazioni. Il disco fu un tripudio del melodic rock, grazie alla voce potente e aggressiva della stessa Robin, una produzione eccellente, e un insieme di canzoni tutte da airplay radiofonico da far invidia a tante di quelle band tutte al maschile che dominavano quegli anni (o forse qualche annetto prima a dir la verità vista l’esplosione grunge). La carriera della cantante continuò tra vari cambi di line up e album sempre al top a dimostrazione che era più la sua bravura come artista e non solo una mera fortuna a permetterle di andare avanti. Nel frattempo vi è l’incontro e poi il futuro matrimonio con James Christian, frontman degli House Of Lords, che da “Wonderland” (2003, quinto disco della cantante) da inizio al sodalizio artistico in cui reciprocamente i due si aiutano nei loro rispettivi progetti musicali (Christian scrive, produce, suona e canta negli album della moglie, mentre Robin aiuta il marito nei suoi House of lords). Giungiamo a questo The Great Escape con una formazione diversa dal precedente “Livin on a dream” (2007); per questo nuovo lavoro la Beck ha preferito circondarsi esclusivamente di persone molto vicine a lei e quindi non sorprende leggere di James Christian come produttore/songwriter, bassista e in parte batterista coadiuvato dall’eccezionale Tommy Denander (non vi sto a citare tutti i suoi lavori perchè non basterebbe una pagina), uno degli amici più stretti della cantante, come songwriter/chitarrista solista e ritmico ed batterista in alcune canzoni. Soltanto loro due a supporto della cantante: diciamo un “lavoro in famiglia” per la Beck, e il risultato finale non può che essere positivo, facendo di The Great Escape il suo miglior lavoro del millennio.

LE CANZONI

Si parte subito con il primo potenziale singolo: The One ha il compito di farci entrare nel mondo di Robin Beck che già dall’intro dimostra quanto la sua voce sia potente e graffiante come sempre con uno scream da paura. Un’ottima midtempo tranquilla nelle strofe e aggressiva nel ritornello. Raffinato il guitar work di Denander che subito ci delizia con un bel solo. Got Me Feeling Sexy parte con un azzeccatissimo riff che fa da apripista alla voce ammaliante e grintosa della Beck, che da il meglio di se nel ritornello seguita da un altro splendido assolo di Denander. Con Inside Me invece i ritmi si allentano, cala l’atmosfera e si sentono finalmente delle ottime tastiere. That All Depends è un tripudio di grinta e melodia grazie alle tastiere ancora molto presenti e un bel riffing di chitarra. Il tutto condito dall’eccezionale performance di Robin in duetto con l’amico Joe Lynn Turner (Sunstorm, Rainbow, Malmsteen, Deep Purple) per uno dei migliori ritornelli di tutto il disco. Fidatevi, difficilmente resterete indifferenti nell’ascolto di questa perla dell’AOR. Si prosegue con Baby I’m Not A Bitch (unica canzone del disco scritta dai The Elements e non dal trio Beck/Christian/Denander), altro lento sorretto e guidato dalle tastiere che mantiene alto il livello qualitativo dell’album. I più esperti noteranno probabilmente che, la melodia principale che eseguono le tastiere in questa canzone (intro e ritornello) è molto simile ad un’altra melodia di tastiera: quella di Bygone Zone dei norvegesi Wig Wam (dal loro album Wig Wamania del 2006) Ascoltare per credere! Everything Is Alright, grazie alle sue calde linee vocali, accompagnate da tastiere cosi marcatamente anni 80, è sicuramente fra gli highlights dell’album. Arriviamo alla titletrack, The Great Escape. Voce su tonalità molto alte, soprattutto nel ritornello, per la Beck; grandioso il supporto di James Christian ai cori (riconoscibilissimo) e un Tommy Denander impeccabile che ci regala uno degli assoli più belli di tutto il platter. Don’t Thing He’s Ever Coming Home farà sciogliere l’ascoltatore con la sua dolcezza nelle strofe per poi scuoterlo nel bridge e nel ritornello grazie alla voce aggressiva e intensa della cantante. Si torna ai midtempo Cross My Heart, dal sapore vagamente moderno (le chitarre mi ricordano molto alcune canzoni di Ashlee Simpson, ma con tutt’altro risultato per fortuna) “dedicata” a tutti quei maschi che sfruttano l’amore di una donna, lasciandola e abbandonandola inaspettatamente e improvvisamente (tema esplicitamente ricavato dalle tristi vicende del famoso tennista Tiger Woods) avvertendoli che le donne non sono un giocattolo da usare a proprio piacimento (diretta ed esplicita una frase del ritornello: “Cross my heart and hope you die”). Siamo quasi alla fine e All The Rivers continua a mostrare la voce di Robin in stato di grazia con la solita ottima performance. Chiusura dell’album affidata a Till The End Of Time, secondo e ultimo duetto dell’album questa volta fra la Beck e il marito James Christian. Cosa aggiungere se non che le due voci si amalgamano perfettamente in un alchimia unica per un inno, una dichiarazione di amore eterno. Miglior chiusura per questo disco non poteva esserci.

IN CONCLUSIONE

Con The Great Escape, Robin Beck non fa altro che confermare il suo status di regina del rock melodico, sfornando un album di ottima qualità con tutti i pregi che un lavoro del genere può avere: una grande voce protagonista, melodie fresche, semplici e orecchiabili, ritornelli memorabili, ottima produzione, cori e tastiere sempre presenti, songwriting di qualità. Un album da avere assolutamente: forse a voler essere pignoli, l’unica pecca che ho riscontrato nell’ascolto è che, nonostante in linea generale sia il suo miglior disco fra quelli più recenti,  ho sentito la mancanza di quella canzone stellare capace di far rimanere di sasso l’ascoltatore, come per es. “Always” dal precedente “Livin On A Dream”. Ma non preoccupatevi, il disco scorre via bene e come ho già scritto merita sicuramente l’acquisto da parte di tutti i fan della cantante americana e da tutti gli aor/melodic rock fans. Non ve ne pentirete!

© 2011 – 2018, Andrea Vizzari. All rights reserved.

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