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Ten – Heresy and Creed – Recensione

26 Febbraio 2013 13 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2012
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. The Gates Of Jerusalem (instrumental)
02. Arabian Knights
03. Gunrunning
04. The Lights Go Down
05. Raven's Eye
06. Right Now
07. Game Of Hearts
08. The Last Time
09. The Priestess
10. Insatiable
11. Another Rainy Day
12. Unbelievable
13. The Riddle

Formazione:

Gary Hughes: voce
Dan Mitchell: chitarra
John Halliwell: chitarra
Darrel Treece-Birch: tastiere
Steve McKenna: basso
Max Yates: batteria

 

 

Difficile iniziare questa recensione senza quantomeno accennarvi della mia stima quasi spropositata per gli inglesi Ten e per il loro melodic hard rock epico, originale e ricco di particolari atmosfere. Devo però altrettanto dire che l’ultima fatica di questo progetto, l’album Stormwarning (2011), e con lui pure molte delle loro recenti pubblicazioni, ho davvero faticato a digerirle, per svariati motivi che fortunatamente ora poco ci interessano.

Infatti l’ultima fatica di Gary Hughes e soci, intitolata Heresy and Creed e uscita a fine ottobre 2012 per la Frontiers Records, torna finalmente a suonare la musica che ci piace, condendola con il giusto trademark alla Ten. Alleluia!

Heresy and Creed è stato in grado di emozionarmi fin dalle sue primissime battute (leggasi: fin dal brano d’apertura Arabian Knights, di cui parleremo sotto), grazie a il suo sound molto più orientato al passato e alla sue musiche nuovamente farcite di originalità come lo erano un tempo. Sarà merito del graditissimo ritorno del bassista Steve McKenna e del chitarrista ritmico John Halliwell, presenti degli anni d’oro della band, sarà per non so quali altri motivi, ma quel che importa è che qui Hughes ritrovi in toto la quadratura del cerchio e componga un songwriting di tutto rispetto, e con le giuste qualità per divertire a pieno l’ascoltatore. La sua prova vocale inoltre si mantiene di altissimo livello, con la sua timbrica calda ed emozionare a guidare con carisma e pathos le melodie, aggiungendo il giusto valore all’insieme. Tanto di cappello è da farsi comunque anche al neo ingresso Dan Mitchell alla chitarra solista, musicista che personalmente non conoscevo ma che è stato in grado di integrarsi benissimo con questa formazione, gettandosi in una prova eccezionale al suo strumento. 


Balzando come di consueto a parlare dei brani, ecco mostrate subito tutte le qualità delle melodie di Hughes in Arabian Knights, pezzo che, dopo una intro orientaleggiante, ci immergie subito nel tipico sound dei Ten e ci emziona con la sua energia e particolare sonorità. Ancora stupefacenti The Lights Go Down e Raven’s Eye, con la prima capace di dimostrarsi il pezzo più in linea con il glorioso passato del progetto e la seconda che si mostra come un lento autentico e dal sound inimitabile, che porta la nostra mente a viaggiare lungo gli orizzonti della fantasia e immaginazione. Super anche The Last Time, canzone a tratti triste e malinconica ma farcita di tastiere riuscitissime, e assolutamente simpatica e diretta Another Rainy Day, certamente il pezzo più radio-oriented del lotto. E come sempre da lode la chiusura affidata a The Riddle, ballata intensa e commovente che incollerà letteralmente i vostri orecchi allo stereo.

IN CONCLUSIONE

Senza alcuni filler (non fastidiosissimi ma valutabili giusto sufficienti, e comunque presenti), si poteva senza dubbio parlare di un nuovo grandissimo album dei Ten. Invece ci si deve limitare a dire che sei pezzi qui contenuti sono di altissima qualità, altri meno convincenti oppure troppo prolissi. Peccato, forse una buonissima occasione per risollevare totalmente il prestigio di questo progetto è stata stupidamente sprecata, però il passo avanti rispetto al passato recente è notevole e questo va riconosciuto. E in fine dei conti ora si, finalmente mi sento in pace con me stesso nel consigliarvi questo acquisto.. è già un risultato!

 

© 2013 – 2022, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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