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17/07/11 Udine – Bon Jovi

17/07/11 Udine – Bon Jovi

20 Luglio 2011 13 Commenti Iacopo Mezzano

Concerto Bon Jovi UdinePoco da dire per introdurre il report che il nostro Iacopo Mezzano ha fatto sull’evento del 17/07/11 a Udine… il ritorno in Italia dei Bon Jovi… semplicemente, come ha scritto lui, povere anime dannate quelle che se lo sono perso… ed io, con profondo dispiacere, sono proprio una di quelle anime dannate… 😉

Denis

aggiornamento dell’01/08, aggiunto report di Jacopo Matteucci

P.s.: report non adatto ai minori di 18 anni 😉

Report di Iacopo Mezzano del concerto dei Bon Jovi del 17/07/11

Lo Stadio Fiuli è un anello del purgatorio dantesco. 40mila anime gremite e serrate per espiare i loro peccati musicali in una sola notte. Per l’occasione nessuno o quasi sfoggia magliette di band e molto del pubblico è vestito come se si fosse a un concerto di Vasco Rossi. Questi sono i condannati del purgatorio ovvero coloro che, a fine serata, espieranno del tutto e definitivamente le loro colpe con l’obbligo di comprare la maglietta del concerto anche se costa minimo 30 euro. Ma a quel punto la redenzione è fatta.
E poi ci siamo noi, pochi eletti, scesi dal paradiso per far visita all’angelo del New Jersey e alla sua band, forte del ritorno di ‘Vitamina S’ Sambora che, lo vedremo poi, si eleverà a idolo della serata. Noi che sfoggiamo le magliette a tema, chi dei Thin Lizzy, chi dei Lizzy Borden, chi degli Accept o dei Judas Priest. E poi ho visto anche Beatrice, indossava una t shirt nera dello Sweden Rock 2010.
Dannati all’interno del Friuli, non pervenuti. Capiremo poi a fine serata che il numero di infernali è esattamente 6.890.960.000, ovvero tutti coloro che al mondo hanno saltato il concerto in quel di Udine. Nessuna scusa per loro, condanna eterna nello spirito. Povere anime.

Con il cielo nuvoloso e lo stadio gremito ancora a metà, alle 8 (dopo un apertura cancelli alle ore 4 e 30) salgono sul palco i Flemt, gruppo d’apertura. Mah, personalmente mi han convinto davvero molto poco e credo che non mi soffermerò a parlarne. A mio avviso si poteva chiamare un gruppo degno di nota o piuttosto una band locale. Comunque il pubblico ha reagito bene alla loro esibizione e sarebbero stati invitati dagli addetti a proseguire oltre limite la loro esibizione ma, impreparati da questa richiesta, hanno dovuto, a loro primo dispiacere, declinare.

Intanto, dietro le quinte, Bon Jovi in persona chiede di iniziare il concerto alle 9 invece che alle 9 e 15 come da programma. E così, ore 9 spaccate, i Bon Jovi salgono sul palco di Udine. Ciò provoca un terremoto (leggete i giornali se non ci credete) in tutto il Friuli. Robe da pazzi. Comunque noi non lo avvertiamo e lo leggeremo solo l’indomani sui giornali, segno/prova di come ne fossimo l’epicentro.

La certezza che la serata sarà da annali la da fin da subito l’esordio della band, Raise Your Hands, con la band che si presenta in perfetta forma salvo il Jon Bon Jovi stesso, che ci metterà 4 canzoni per carburare a pieno la voce e iniziare a volare. Il motivo? Lo apprendo anche questo l’indomani sul giornale. Il buon Bon, poco prima dell’inizio del concerto, ha cenato a base di prodotti tipici friulani. Da americano, non avrà mangiato mai roba così buona in tutta la sua vita, s’è ingozzato come un porco, e finchè non ha digerito il malloppo col cazzo che riusciva a salire di nota. Idolo anche per questo.
Comunque, a Raise Your Hands seguiranno in rapida progressione You Give Love a Bad Name, Blood on Blood e We Weren’t Born to Follow, sulla quale lo stadio esplode in una magnifica coreografia che scrive sulle curve un’immensa scritta Bon Jovi e sulla tribuna una gigantesca bandiera americana. Ed è in questo preciso istante che Bon Jovi digerisce il boccone di troppo in un unico sussulto di adrenalina, capisce che è la serata adatta per fare leggenda, si tira su le maniche e inizia a scrivere la storia.

The Radio Saved My Life Tonight e poi subito dopo It’s My Life, urlata in un unico coro che sovrastava gli amplificatori. Poi Captain Crash & the Beauty Queen From Mars e We Got It Goin’ On. Ancora il medley Bad Medicine / Pretty Woman / Shout, superlativo per intensità e qualità. E Spanish Harlem. Per poi piombare nelle lacrime di emozioni con Bed of Roses e I’ll Be There For You, eseguite al centro del ”Circle”, ovvero una passerella che portava la band fino a quasi la metà campo dello stadio, per un immersione nella folla totale. E le fans piangono tutte e si bagnano, ma non della pioggia che ormai cade da ore ma del loro stesso liquido, eccitate a mille dalla carica sensuale dell’ex ragazzotto statunitense.
Ancora si va avanti con Who Says You Can’t Go Home e la splendida I’ll Sleep When I’m Dead, poi Love’s the Only Rule e Have a Nice Day, per poi chiudere quello che è il concerto di prassi con una splendida esecuzione di Keep the Faith.

Dopo di che la band, visibilmente commossa da tanto affetto, esce dal palco. E’ allora che sicuramente succede la magia, con Jon che prende carta e penna e dice agli altri fin dove vuole arrivare con gli Encore, i bis. E’ un suicidio, Sambora che è uscito da giorni da una clinica di riabilitazione per alcolisti quasi sviene e riabbraccia il bicchiere, anzi il fiasco, per sorreggersi. Sono già passate 2 ore dall’inizio dello show, sono le 11. Non si può arrivare a tanto. Guarda Bon Jovi e lo vede serissimo e allora è costretto. Butta giù l’ultimo litro e torna anche lui sul palco.

Boato e poi silenzio per un’esecuzione di Dry County da brividi lungo la schiena, fino alla punta del coccige. Forse a fine serata eleggerei questa traccia come la meglio eseguita in assoluto.
E poi Wanted Dead or Alive e In These Arms (con un altro splash globale delle fans), e ancora Just Older e These Days (altra super esecuzione) e Livin’ on a Prayer a chiudere il tutto, o almeno così si credeva.

Ma 23 brani, già record dell’intero tour europeo, non potevano bastare e per Udine e per Bon Jovi stasera, diventato italiano di animo almeno per una notte. E allora c’è spazio ancora, seppur le corde vocali siano ormai stremate e Sambora e soci stiano in piedi per inerzia, per Lie to Me, Always (non vi dico l’urlo di donzelle che si è alzato all’avvio del brano, non vi dico il tasso di umidità nell’aria dopo che Jon ha finto di iniziare a piangere mentre cantava il pezzo, con gli occhi rossi e lucidi da grande attore) e infine, stavolta per davvero, I Love This Town. E sta volta le luci vanno davvero giù, con Bon Jovi che prima di uscire si volta e ringrazia apertamente la nostra Nazione. Sul serio e di cuore.

Dopo di che è silenzio. Nessuno più fiata, il cuore è a mille. Ci vogliono svariati minuti per ricominciare a parlare, per ricordarsi come produrre una frase e non un ”wow” o un ”super” isolato. E’ come essere morti e poi rinati, si è tutti più giovani. Chi era ubriaco ora è sobrio, ed è un miracolo. Chi era dubbioso ora crede, e questo è un altro miracolo. Chi pensava fosse caro, ora regalerebbe soldi pur di ricominciare tutto da capo. Miracolo. Chi era calvo ora ha una chioma anni’80 (almeno immaginaria), miracolo. E ce ne sarebbero mille altri da elencare, sono quasi certo che qualcuno (un po’ troppo più debole di altri) sia pure diventato donna dopo lo show. Magari non miracolo, ma pazzesco.

26 brani eseguiti. 2 ore e 45 di concerto. Prestazione di Bon Jovi eccelsa. Della band super, con un Sambora in formissima e gli altri subito dietro in quanto qualità. Pubblico redento. Stadio Friuli ancora in piedi, grazie a un organizzazione da altra nazione (Milano prenda nota, grazie..). Suoni PERFETTI (mai sentita roba così in Italia). Panorama mozzafiato, con il palco di Bon Jovi che è una cosa mostrosamente enorme e raggiante. Avrà 3 o 4 palchi che fanno il giro del mondo assieme a lui durante i tour, visto che per montarne uno ci vogliono 6 giorni! Insomma, nulla è andato storto, tutto è andato oltre le aspettative. Lacrime, gioia, giubilo. Si è battuta pure la pioggia (caduta per mezz’ora durante il concerto, asciugata e poi esplosa infine dopo la sua conclusione). Non ho mai goduto così tanto in Italia. Lo dico col cuore,

arrivederci Udine.

Report di Jacopo Matteucci del concerto dei Bon Jovi del 17/07/11

Già ascoltare dalle casse del proprio stereo, auto o pc le nostre canzoni preferite, è una cosa che ci può dare molte emozioni, ma niente in confronto a quelle scaturite quando possiamo ascoltarle in uno show dal vivo delle nostre band o artisti più amati. Il pathos che si crea nel cantare tutti assieme quelle canzoni che hanno segnato particolari momenti della nostra vita, brevi o lunghi che siano; la speranza di poter incrociare lo sguardo di uno dei propri miti mentre suonano e si muovono da un estremo all’altro del palco; l’adrenalina che si crea nell’urlare all’unisono i cori di un brano fino a perdere completamente la voce; l’euforia nel sentire song che eri convinto non facessero; l’ascoltare quei pezzi che ti fanno scendere le lacrime dal viso e che ti mozzano il fiato; tutte cose che messe assieme ti trasportano in un sogno dal quale non vorresti più svegliarti, un arcobaleno di emozioni vere, forti, quasi irreali.

Questo cari lettori è quello che ho vissuto e provato domenica durante il concerto dei Bon Jovi ad Udine, la mia band preferita di sempre.
In circa quarantamila hanno risposto alla chiamata Bonjoviana, una chiamata che non si riceveva da ben dieci anni se consideriamo solo i tour ufficiali di questa band.
Sono circa le 16.30 quando i cancelli si aprono e le persone iniziano a riversarsi all’interno dello Stadio Friuli, reduci da un grande caldo che batteva sulle teste di alcuni già dalla mattina del giorno prima, spezzato da qualche folata di vento mai più gradita!
Alle 20.00 fanno il loro ingresso i Flemt, band marchigiana vincitrice del “Bon Jovi Contest” ai quali spetta l’onore di aprire per questi mostri sacri del rock e di scaldare (ancor di più) gli animi del pubblico presente. La band, visivamente emozionata, si esibisce in uno show purtroppo poco brillante, per colpa principalmente dei suoni mal regolati, ma strumentalmente si capisce che i ragazzi ci sanno fare. Tuttavia il pubblico risponde bene e dopo meno di mezz’ora il gruppo si congeda e lascia spazio ai preparativi per accogliere i Bon Jovi.
Piano piano c’è sempre meno personale sul palco; stanca e affaticata la gente nelle prime file dei prati si butta a peso morto sulle transenne ma chiama comunque a gran voce la band del New Jersey e così anche le tribune. L’attesa è snervante ma ormai ci siamo, sono le 21.00 e gli schermi dove sin dall’inizio proiettavano il dorato logo bonjoviano si spengono e parte l’intro seguito da un boato. L’adrenalina inizia a salire e i cuori battono all’impazzata, le ragazze iniziano a lacrimare, c’è chi sta in silenzio, magari ancora incredulo che da li a pochi secondi vedrà i suoi miti a pochi metri di distanza. Ecco che arriva il drummer Tico Torres, seguito dal bassista Hugh McDonald, dal biondo e riccioluto tastierista David Bryan, dal secondo chitarrista Bobby Bandiera e dal mito Richie Sambora, che alza il pugno e lo stadio va in visibilio.
4 di sticks e Sambora inietta una scarica elettrica nelle vene di tutti con il mastodontico riff della monumentale “Raise Your Hands” fra i più grandi capolavori dell’hard melodico. Dalle scale ecco salire lui: Jon Bon Jovi, il grande leader carismatico della band accolto da un fragore ancor più potente. Ci sono tutti e lo spettacolo è iniziato, la stanchezza è solo un pensiero lontano, gli occhi sono fissi su quel palco e tutti noi sappiamo che nulla ci potrà mai far distogliere lo sguardo.
Si prosegue con la forza anthemica dell’hit immortale “You Give Love A Bad Name”, cantata a squarciagola dalla folla, seguita dallo stupore nel sentire la strepitosa “Blood On Blood”.
Con “Weren’t Born To Follow” i fan italiani sfoderano la loro sorpresa per i Bon Jovi, la gradinata si trasforma nella scritta “JOVI” mentre la tribuna si muta in una gigantesca bandiera americana. Dal prato si innalzano e iniziano a sventolare bandierine italiane e l’ultima fila del settore diamond compone la scritta. “This is Italy, Welcome Back!”.
Ovviamente la band non si aspettava una cosa del genere e rimane colpita al massimo, tanto che Jon smette di cantare per un attimo e pronuncia un “Unbelievable!”. Se prima sembrava che fossero partiti un po’ con il freno a mano tirato, dopo questo regalo i Jovi esplodono in tutta la loro magnificenza.

E’ il turno di “The Radio Saved My Life Tonight” e poi “It’s My Life” dove con quest’ultima si ripiomba in un atmosfera di cori e di esaltazione alle stelle.
Si va avanti con “Captain Crash & the Beauty Queen From Mars” accompagnata dal sopraggiungere della pioggia. Al termine della canzone Jon decide di confortarci tutti prima di partire con “We Got It Goin’ On”: “It’s raining, the angels are crying in heaven! But don’t worry, we are here to play all night long!”.
Arriva il momento del fantastico medley “Bad Medicine/Pretty Woman/Shout” dove lo scatenato frontman ci delizia con una prova doc, assieme con Bobby Bandiera sui toni di “Pretty Woman” e intrattenendo al meglio il popolo italiano sui cori di “Shout” . E’ tutto meraviglioso e la serata non può che migliorare!
Le luci calano e Jon si sposta sulla passerella che delimita il gold circle dal diamond e intona la cover “Spanish Harlem” per poi dare spazio alle meravigliose note di piano suonate da David Bryan per introdurre quello che sarà uno dei momenti più magici di tutta la serata, il momento di “Bed Of Roses”.
Jon chiude gli occhi e mastro Sambora, che mai è stato così in forma dopo l’uscita dal rehab, fa cantare la sua chitarra, creando un’atmosfera emozionante come poche e ricca di enorme pathos che a stento si riesce a trattenere le lacrime. Esecuzione perfetta. Come se non bastasse ecco che Richie raggiunge il boss e assieme continuano a darci i brividi con una stupenda “I’ll Be There For You”.
Dopo “Who Says You Can’t Go Home” e i ritmi ballabili di “I’ll Sleep When I’m Dead” arrivano “Love’s The Only Rule” e una stupenda “Have A Nice Day”.

Con “Keep The Faith” la band tocca vette ancora più alte, raramente sono stati così in forma durante questa leg europea! Jon Bon Jovi in primis che canta benissimo anche le note più alte, dove spesso invece si notava qualche affaticamento. I Jovi escono dal palco ma si sa che non può essere tutto finito, infatti dopo qualche minuto rientrano e intonano il capolavoro “Dry County” dove Sambora sfodera il suo estro chitarristico in una prova da lode!
Segue “Wanted Dead Or Alive” e di nuovo viene mostrata la coreografia. Jon chiede di far luce sulle tribune per gustarsi lo spettacolo ancora meglio, ed è forse in questo preciso momento che capisce che l’Italia non può meritarsi una scaletta “standard” e decide di portare avanti lo show molto più del previsto.
E così si riprende con “In These Arms” dove una parte di strofa viene cantata, con sorpresa, da David Bryan autore fino ad adesso di una prova tastieristica esemplare e grintosa.
La band è visibilmente emozionata da tutto il calore di noi italiani e prendono l’occasione per ringraziare Max , il capo del fan club italiano, per tutto il lavoro fatto.
E’ ancora spettacolo con “Just Older” e magia assoluta con l’arrivo di “These Days”.
Le luci si spengono e un faro illumina il frontman, si capisce che è arrivato il momento della storica “Livin’ On A Prayer” e lo stadio da il meglio di se durante quei cori ormai diventati leggenda, il tutto scandito come sempre alla grande dall’incidere accurato e muscolare del drummer Tico Torres, grandioso come sempre.
E’ la fine? no, non lo è! I Bon Jovi sembrano destinati a rimanere per tutta la notte qui ad Udine, tanto che c’è gente che esclama “Non vi lasceremo mai andare a casa!!!”
Con sorpresa di tutti Jon imbraccia la sua chitarra acustica e ci canta un pezzo di “Lie To Me” per poi far urlare e piangere tutte le donne con l’esecuzione di “Always”.
Siamo a quota 26 pezzi con “I Love This Town” e questa volta, è davvero la fine!
Questa notte i Bon Jovi hanno regalato ai noi fan italiani delle emozioni che rimarranno per sempre impresse nei nostri cuori ma anche noi italiani abbiamo regalato a loro un vero e proprio show indimenticabile.
La scaletta eseguita ha passato tutte le ere e le maggiori hit della band, magari ai fan accaniti del periodo 80’s (come me) sarebbe piaciuto sentire qualche chicca in più da quegli anni, ma vabbè, visto lo spettacolo eccezionale, possiamo tranquillamente passarci sopra.
Ad Udine è stata magia e posso dire convintissimo di aver assistito al miglior concerto della mia vita fino ad ora. Spero vivamente di rivederli presto a fare scintille nei palchi italiani!
“A Night to Remember”

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Tracklist della serata

1. Raise Your Hands 
2. You Give Love a Bad Name 
3. Blood on Blood 
4. We Weren’t Born to Follow 
5. The Radio Saved My Life Tonight 
6. It’s My Life 
7. Captain Crash & the Beauty Queen From Mars 
8. We Got It Goin’ On 
9. Bad Medicine / Pretty Woman / Shout 
10. Spanish Harlem 
(Ben E. King cover)
11. Bed of Roses 
12. I’ll Be There For You 
13. Who Says You Can’t Go Home 
14. I’ll Sleep When I’m Dead 
15. Love’s the Only Rule 
16. Have a Nice Day 
17. Keep the Faith 
18. Encore:
18. Dry County 
19. Wanted Dead or Alive 
20. In These Arms 
21. Just Older 
22. These Days 
23. Livin’ on a Prayer 
24. Encore 2:
24. Lie to Me 
25. Always 
26. I Love This Town 

© 2011, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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