Magnum – The Visitation – Recensione
Come si fa a continuare a sfornare dischi sempre di indubbio valore mantenendo una media impressionante di un album ogni due anni, il tutto dopo più di 30 anni di carriera passata? Come si fa a dare ancora all’ascoltatore la sensazione di freschezza e di giovinezza dopo tutto questo tempo? Quello che per me resta un mistero, per i Magnum è tutt’oggi semplice realtà.
Fondati a Birmingham nel lontano 1972, i Magnum raggiunsero in breve tempo il successo nazionale e poi mondiale, passando attraverso diversi cambiamenti di formazione (e uno scioglimento dal 1995 al 2001), e ad oggi sopravvivono forti ancora della corde vocali di Bob Catley e delle corde, questa volta di strumento, del chitarrista/compositore Tony Clarkin. Tutto questo mantenendo sempre o quasi lo stesso stile musicale, forte di un rock progressivo a dense tinture hard rock e AOR.
Discostandosi in parte dal melodic rock evocativo del precedente disco Into The Valley Of The Moon King, questo The Visitation del 2011 si getta nel tentativo di riportare in luce quelle sonorità più puramente hard rock, quel conubio tra riffing e accordatura rock e aperture melodiche, che ne aveva decretato il successo negli albori. Ne verrà fuori, lo vedremo, un disco più immediato, più easy e di più facile assimilazione per un pubblico come quello odierno, non più abituato a musiche troppo ragionate e alla continua ahimè ricerca della più estrema semplicità.