DeVicious – Code Red – Recensione

I DeVicious si confermano una macchina da dischi, quinto album in cinque anni per il gruppo tedesco che con questo Code Red propone un Aor mischiato al melodic rock più classico.
La band ha sostituito lo storico cantante Antonio Calanna, che ha lasciato il microfono all’ex TNT Baol Bardot Bulsara. I restanti membri rimangono Lars Nippa alla batteria, Denis Kunz alle tastiere, Radivoj Petrovic alla chitarra e il produttore e nonché bassista Alex Frey.

La proposta dei Devicious è un classico Aor contaminato da fiati e dotato di tastiere onnipresenti che forse lasciano poco spazio alla chitarra. Rispetto al precedente Black Heart troviamo un suono più classico e più radio friendly, togliendo qualcosa al lavoro finale almeno sotto l’aspetto della “novità” .

L’album parte forte con la doppietta Are You Ready For Love e Highway to the Stars, la prima con i cori accattivanti, il basso in primo piano e le tastiere che sovrastano, la seconda con i fiati le trombe guidati sempre dalle tastiere di Denis Kunz e l’ottimo ritornello che si stampa subito in testa. Da citare l’ottima prova vocale di Bulsara che sui registri alti da il meglio di se. Si continua conMadhouse col suo basso iniziale lento, per poi cambiare di tempo e sfociare in un ritornello trascinante, finalmente sentiamo un po’ di chitarra con l’assolo rock che da una spinta in più. Con Stuck In Paradise ci immergiamo nel rock melodico, intro super di chitarra riff perfetto e un’ondata di note ci portano al pezzo più riuscito e anche più rock dell’album. Le note del pianoforte aprono le danze a No More Tears, che dopo pochi secondi sfocia nell’AoR più classico, refrain da manuale, ritornello direi non proprio riuscito, anonimo e canzone che non “rimane”…. proprio da questo punto l’album tende ad appiattirsi, con buoni riff e bei giri di tastiere ma dove proprio le canzoni sembrano non funzionare. I cori di Raise Your Life, il bel riff di Not Anymore non riescono a salvare le canzoni dallo “skip” , ritroviamo qualche discreta idea su House Of Cards, dove il ritornello stavolta funziona, ma già da All My Life ritorniamo sul pezzo classico ma senza lasciare il segno. Walk From The Shadows inizia con un synth molto ottantiano ed esplode con un acuto di Bulsara ad una tonalità altissima. La canzone ha un bel refrain accattivante e un bel ritornello, Aor mischiato empre al rock melodico con le tastiere al massimo volume…. si chiude con una reinterpretazione del loro pezzo Penthouse Floor (dall’album Never Say Never del 2018) che a mio avviso perde totalmente la sua bellezza, ma devo ammettere che sui pezzi riarrangiati ho sempre avuto poco feeling….

IN CONCLUSIONE:
I DeVicious propongono un AoR classico, non inventano nulla ma regalano un’ora di buona musica, peccato per la seconda parte dell’album dove il songwriting zoppica un po’.