Ten – Here Be Monster – Recensione

Ritornano i TEN con il loro quindicesimo album Here Be Monster, distribuiti dalla nostrana Frontiers Records. Si tratterebbe di una prima uscita a cui ne seguirà una prossima a breve tempo dove Hughes ha dichiarato che non saranno album “connessi” tra loro, ma semplicemente dato il numero di canzoni registrate pubblicheranno due lavori divisi.
Il mixaggio è sempre lasciato allo storico Dennis Ward (che è dietro il mixer dal 2011) e la band è la storica con Gary Hughes alla voce, Dann Rosingana/Steve Grocott/John Halliwell alle chitarre, Darrell Treece-Birch alle tastiere, Steve McKenna al basso e l’unica novità è alla batteria, dove troviamo Markus Kullman (Sinner, Glenn Hughes,Voodoo Circle).

Partiamo con un track by track e le note del pianoforte con la chitarra arpeggiata aprono a Fearless, che già dopo un minuto profuma di TEN come non mai. Le chitarre elettriche , la batteria scandita e la voce di Gary Hughes creano un’atmosfera epica, l’assolo di chitarra con le tastiere in primo piano chiudono i primi sette minuti di canzone. Si continua con Chapter And Psalm dove ancora una volta l’accoppiata piano-voce apre al naturale proseguimento della prima traccia, Hurricane ammorbidisce il sound e parte sempre con Gary Hughes che sembra leggere una poesia supportata dalle tastiere fino all’esplosione del ritornello in pieno TEN style, canzone scelta come singolo pienamente azzeccata. Strangers On A Distant Shore inizia sempre con la voce di Gary Hughes che fa da preludio ad un riff di chitarra decisamente più heavy rock, da segnalare il bellissimo assolo, melodico e ispirato. The Dream That Fell To Earth ha come protagonista il drummer Markus Kullman e già dai primi tocchi si sente il l’ottimo lavoro e la precisione, per il resto troviamo il classico sound dei Ten. The Miracle Of Life parte lento col pianoforte per poi partire con un riff molto melodico e senza dubbio uno dei più riusciti dell’album. Immaculate Friends direi senza dubbio che è il brano più interessante del lotto, gran inizio dettato da un intreccio di chitarre e tastiere molto eightes, bellissimo refrain e assolo da manuale. Anything You Want è il pezzo più easy dell’album, quasi un pop molto orecchiabile e col solito ritornello che si infila in testa al primo ascolto. Follow Me Into The Fire parte col Gary Hughes sugli scudi per sfociare in un riff roccioso, il pezzo rimane comunque su linee più rock classico. Si chiude con The Longest Time, la ballad dell’album, con un ritornello riuscitissimo e dolcissimo, sempre sorretto dalle tastiere onnipresenti e dall’assolo non scontato e molto ben eseguito.

CONCLUSIONE:
Grande ritorno per i TEN che con Here Be Monster, il sound rimane invariato ma notiamo un passo avanti nella scrittura e nella produzione delle canzoni, i fan possono prendere l’album ad occhi chiusi. Promosso a pieni voti.