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Recensione

90/100

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Richard Marx – Songwriter – Recensione

05 Ottobre 2022 15 Commenti Vittorio Mortara

genere: Pop rock
anno: 2022
etichetta: Shelter Records

Tracklist:

1 Same Heartbreak Different Day
2 Only A Memory
3 Anything
4 Moscow Calling
5 Believe In Me
6 Shame On You
7 My Love, My Enemy
8 Just Go
9 One More Yesterday
10 We Are Not Alone
11 Everything I’ve Got
12 Misery Loves Company
13 One Day Longer
14 Breaking My Heart
15 We Had It All
16 Always
17 Still In My Heart
18 Maybe
19 As If We’ll Never Love Again
20 Never After

 

Salto a piè pari tutta l’introduzione storica supponendo, anzi, pretendendo che tutti voi lettori sappiate esattamente chi sia Richard Marx e che cosa abbia fatto in passato, recente o remoto che sia. Parto dalla conclusione. Songwriter è un gran bel disco! Dopo decenni di carriera ed esperienze in ambito musicale, dopo aver scritto canzoni per mezzo mondo, dopo aver collaborato con personaggi di prima grandezza nel panorama rock, pop e country, il ragazzone di Chicago sforna per la sua etichetta personale un album con i fiocchi. Diviso in “settori”, pop, rock, country e ballads, e contando su ben 20 pezzi, quest’album vede la collaborazione di fior di musicisti (Michael Landau, Taylor Hawkins, Jason Webb…) e compositori (Burt Bacharach, Keith Urban, Chris Daughtry…) regalandoci un songwriting variegato e maturo, elegante, come sempre, ed una produzione, curata dallo stesso cantautore in collaborazione con i figli Jesse e Lucas, al di sopra di ogni sospetto.

Si comincia con la sezione pop, contraddistinta da ritmi ballabili, voce filtrata secondo i moderni stilemi del genere, e ritornelli catchy. “Same heartbreak different day” è stilisticamente perfetta, pronta a piantartisi in testa. “Only a memory” flirta con la disco/pop dei Daft Punk e “Anything” fa il verso al miglior Ed Sheeran. Ma a me piace un sacco la velata tristezza di “Moscow calling” e quell’intermezzo del violino di Nina Di Gregorio. Top! Chiude la sezione la Coldplay-oriented “Believe in me”.
E dopo averci dimostrato di poter lottare ad armi pari con i giganti da classifica dei 2000, Richard ci ricorda dove stanno le sue radici: apre la porzione rock il riff tagliente di “Shame on you”, pezzo più hard dell’album. Leggermente meno diretta, “My love, my enemy” ha però un refrain stupendo. “Just go” abbassa la tensione ed evoca lunghi viaggi lungo le highways a stelle e strisce e “One more yasterday” è quanto di più vicino a “Repeat offender” potrete sentire su questo lavoro. Al contrario di “We are not alone”, estremamente moderna, quasi Hoobastank.
E si arriva al lotto country. Che poi proprio country non è, in realtà. Come si evince già dal caldissimo blues “Everything I’ve got”. La sola “Misery loves company” è effettivamente una semiballad che profuma di feste di campagna. “One day longer” rappresenta una sorta di fusione tra i tre generi, pop rock e country, risultando oltremodo gradevole. Ecco: “Breaking my heart” è forse uno dei pochi pezzi anonimi dell’album, ma “We had it all”, nostalgica nel testo e nelle melodie, lascia un gradevole retrogusto dolceamaro. Apre la categoria lenti la dolcissima “Always”, scritta con il maestro Burt Bacharach, perfetta colonna sonora per qualsiasi film romantico. Poi la pianistica “Still in my heart” riporta alla mente i classici slow della passata discografia di Marx. Ma è con “Maybe” che si tocca il picco: acustica e tristissima, fa comparire l’inevitabile lacrimuccia all’angolo dell’occhio del malcapitato ascoltatore. Su “As if we’ll never love again” il tasso zuccherino aumenta pericolosamente, ma è gestito alla grande dal vocalist grazie alla classe cristallina che gli è propria. Sulle note di “Never after”, dalle movenze moderne e modaiole, cala il sipario…

I tempi di “Repeat offender” sono ormai estremamente lontani. La carriera di Marx è andata avanti. Album dopo album ha flirtato con il soul, il pop, il blues, il country. In sostanza il titolo di questo ultimo album dice tutto. Richard è un cantautore. Non credo che le profonde inflessioni modern pop degli ultimi lavori abbiano un intento meramente commerciale. Insomma, date uno sguardo al suo Facebook: questo elegante signore del 1963 ha una bella moglie, una casa in riva all’oceano e si diverte ancora come un matto a cantare e suonare. Appoggiato, tra l’altro dai suoi due figli. Non credo proprio che sia talmente svitato di pensare di poter portare via audience a Ed Sheeran o James Blunt. Cerca semplicemente di reinventarsi, di mettersi alla prova. Il nuovo disco conta ben 20 canzoni, pochissime delle quali lontanamente definibili filler. Si è circondato del solito nugolo di bravi musicisti ed ha dato vita ad una produzione scintillante, memore degli anni d’oro. E poi, perdonatemi, ma a me Ed Sheeran, James Blunt e i Coldplay piacciono quanto i Darkthrone e gli immortal. E queste 20 canzoni non riesco a smettere di ascoltarle. Mi emozionano e mi fanno stare bene. E non vedo l’ora di vederlo al Blue Note! Grande Richard!

© 2022, Vittorio Mortara. All rights reserved.

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