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Recensione

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David Reece – Blacklist Utopia – Recensione

12 Novembre 2021 Comment Giorgio Barbieri

genere: Hard Rock
anno: 2021
etichetta: El Puerto Records

Tracklist:

01 – Utopia
02 - Red Blooded Hell Raiser
03 - Down To The Core
04 - Civil War
05 - I Can't Breathe
06 - Most Of The Time
07 - American Dream
08 - Before We Fade Away
09 - Hindsight is 2020
10 - Devil At My Doorstep
11 - Save Me
12 - Highway Child
13 - Book Of Lies

Formazione:

David Reece – Vocals
Andy Susemihl – Guitars
Malte Frederik Burkert – Bass
Francesco Jovino – Drums

 

David Reece è un highlander, un rocker vero, che ha sempre toccato il successo senza goderne mai appieno, prima i con Bangalore Choir, poi con gli Accept, quindi con i Bonfire, giusto per citare le band più famose, oltre a molte altre , finchè non ha deciso di giocarsi le sue carte in maniera totalmente libera, da prima con il progetto Reece, poi con quest’altro che porta il suo nome completo.

Non ho mai approfondito la carriera del cantante di Oklahoma City e posso dire di conoscerlo solo per lo stupendo debutto dei Bangalore Choir e per lo sfortunato “Eat the heat”, ottavo album degli Accept, ricordo comunque due interpretazioni magistrali con la sua voce grintosa, a volte coverdaliana e in questo album, come già nel precedente “Cacophony of souls”, uscito l’anno scorso, il buon David si cimenta in quell’ hard rock ai confini del metal, con il quale è cresciuto e a dire il vero, riesce a smuovere la mia malandata capoccia, non sempre, ma ce la fa. L’album non è niente di eccezionale e di questi tempi una proposta del genere può risultare anacronistica, ma la passione che ci mette David, unito allo stupendo lavoro di chitarra di Andy Susemihl, ex UDO e Sinner, alza il voto che da un’anonima sufficienza ad un più che buon sette.

L’album si apre con “Utopia” un metal old style con delle atmosfere addirittura da nwobhm e prosegue tra alti, la bella ballad semiacustica “American Dream”, dove i riferimenti a Coverdale sono abbastanza chiari, l’hard’n’heavy dal bel ritornello di “Devil at my doorstep”, la conclusiva vigorosa “Book of lies”, pezzo veloce che si apre in un coro arioso, e bassi, quali “Civil war”, pezzo formalmente bello, ma con un ritornello un pò forzato, così come “Most of the time” e la anonima “I can’t breathe”( il cui testo fa però riferimento al caso dell’ omicidio di George Floyd), ma gli altri brani, tra i quali segnalo l’anthem “Red blooded hellraiser” che sa tanto di Saxon e il semplice, ma efficace “Before we fade away” fanno sì che “Blacklist utopia” venga ricordato come l’ennesimo buon episodio tagato David Reece. Ripeto, niente di fondamentale e soprattutto, dato il target medio di chi legge queste pagine, forse anche troppo vigoroso, ma chi mi conosce, sa che io apprezzo il lato più metallico del buon vecchio hard rock, per cui auguro lunga vita al rocker statunitense finchè ci allieterà con la sua musica, che lascia poco all’imprevedibiltà, ma che brucia di vita sulla strada!

© 2021, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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