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Recensione

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Arthur Falcone’ Stargazer – Straight To The Stars – Recensione

02 Novembre 2021 4 Commenti Giorgio Barbieri

genere: Melodic Heavy Metal
anno: 2021
etichetta: Elevate Records

Tracklist:

1.The Cradle 01:12
2.The Only One 05:14
3.Secret Of Roswell 05:03
4.Straight To The Star 04:36
5.Black Fairy 04:59
6.Gipsy Lady 05:29
7.Paradise 05:22
8.Soldier 03:54
9.Sirens Of Darkness 04:35
10.Distant Star 05:22
11.I'll See The Light Tonight 04:26

Formazione:

Arthur Falcone-chitarra , Masko Mik Masnec/Titta Tani-voce, Fabio Macini-basso, Sergio Sigoni-batteria, Lucio Burolo-tastiere.

Ospiti:

Goran Edman, Rob Rock ,Mistheria, Alberto Rigoni

Contatti:

Pagina Facebook: https://www.facebook.com/arthurfalconemusic

 

Mi sono avvicinato a questo secondo album a nome Arthur Falcone’ Stargazer, terzo se si considera “Stargazer” del 1998, uscito solo a nome di Arthur con le migliori intenzioni e speranze, nonostante io non sia, usando un eufemismo, un fan sia del power neoclassico, che dello shred a tutti i costi, non fosse altro che il chitarrista triestino ha un background di tutto rispetto, iniziando a 17 anni come autodidatta, passando poi per l’ultima incarnazione degli Halloween di Udine, quella più glam, quindi negli anni novanta gira in lungo e in largo l’Europa, suona con Vinnie Moore, apre per i Deep Purple allo stadio Grezar di Trieste, partecipa al Gods of Metal italiano e suona con Ian Paice, quindi scollina il millennio supportando John Lawton, suonando con Andrea Braido e Kiko Loureiro, quindi pubblica “The genesis of the prophecy” nel 2009 e fa da supporto agli L.A.Guns, prima di arrivare ai giorno nostri con questo “Straight to the stars” uscito per Elevate Records il 22 Settembre 2021, infine è giusto segnalare che Arthur è un insegnante di chitarra e uno dei suoi allievi più famosi è Luca Turilli, ex chitarrista dei Rhapsody e attualmente dei Turilli/Lione’s Rhapsody.

L’album ha una peculiarità, rispetto a molti prodotti dei virtuosi delle sei corde, ha tutti pezzi cantati se si esclude l’intro “The cradle” la forma canzone è un segno distintivo,  ha però anche qualche  difetto di questi album, il primo è il sentore di “già ascoltato”, non che ultimamente in tutto lo scibile hard’n’heavy si brilli di originalità, ma pezzi come la veloce “Secret of Roswell”, la melodica “Gypsy lady” o la più canonica “Sirens of darkness”, possono essere riportate ad un qualsiasi album di Malmsteen o degli Stratovarius, il secondo è l’uso della voce, io ho sempre preferito una “band” ad un progetto, quindi, nel bene o nel male, nel cantato di un frontman che caratterizzi l’opera , in questo caso, la differenza di ugole è evidente e non tutti i pezzi ne giovano, come credo che Arthur abbia pensato, in particolar modo nei due già citati “Gypsy lady” e “Sirens of darkness”. Certo, in toto, il disco è buono, “The only one” e la title track, che ha il valore aggiunto di Goran Edman alla voce, sono due pezzi molto catchy, potenzialmente due singoli azzeccati, tutti e due in chiave melodic metal anni 80, “Black fairy” è la mia preferita, un bel metal classico, una cavalcata degna del miglior Malmsteen, ma con qualcosa anche di David Chastain, “Paradise” sa sì di Stratovarius periodo d’oro, ma l’assolo di Arthur, a mio parere quello fatto con più gusto e meno strizzate d’occhi alla tecnica, è qualcosa di sublime, quindi “Distant star”, ballad semiacustica d’atmosfera cantata molto bene, infine le due covers, “Soldier of fortune” dei Loudness periodo Mike Vescera e “I’ll see the light tonight” di Malmsteen, non tolgono e neppure aggiungono agli originali, ma servono ad Arthur per dare, se ce ne fosse stato ancora bisogno, sfoggio della sua notevole bravura.

Chiudendo, “Straight to the stars” è un album che farà la felicità di tutti quelli che dormono con il santino di tutti gli shredder neoclassici sul comodino, ma anche chi apprezza il metal melodico anni 80, non sarà un capolavoro, alcune cose, come detto, non funzionano proprio e fanno perdere vigore al disco, ma non si può non apprezzare lo sforzo tecnico e compositivo di Arthur, vecchio leone di casa nostra, che comunque, ruggisce ancora.

© 2021, Giorgio Barbieri. All rights reserved.

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