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T.U.R.N. – The United Rock Nations – Recensione

19 Marzo 2021 5 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard Rock
anno: 2021
etichetta: Autoprodotto

Tracklist:

1.Demons
2.Unreal Dreams
3.Can’t Keep Me Away
4.Stormy Nights
5.Living in Chains
6.Love Shack
7.Shine
8.Forgotten Souls
9.Potion of Endless Love
10.Children of this Time

 

“We are united nations Under the flag of rock and roll” cantavano i Keel nel 1987 ed è esattamente quello che questi giovani T.U.R.N hanno fatto a distanza di quasi 35 anni.

Usando la tecnologia che ai tempi non avrebbe mai consentito ciò, cinque musicisti di tre nazioni su due continenti si sono messi a comporre musica per dare vita a questo viaggio nel tempo musicale. Originalmente formati come cover project da Hammer Head (Bass,USA) e Daniel Valberg (Vocals, Svezia) sono stati affiancati successivamente da Graham Lane (Guitar,Keyboards, Inghilterra) , DES Samita (Guitar, USA) e Spencer Langley (Drums, USA ) e dopo tre anni di gestazione è stato rilasciato questo The United Rock Nations.

Le coordinate sonore sono esattamente localizzabili nel 1987 e paraggi, e si rifanno senza alcun dubbio ai Guns n’Roses più ruspanti con occhiate assolutamente non celate a Skid Row ed in genere alla scena street che in quegli anni scalava le classifiche,senza disdegnare qualche pennellata di hard più classico. Quello che sembra evidente nell’ascolto delle canzoni è la assoluta volontà di restare attinenti al sound e al mood dell’epoca, una sorta di revival rievocativo di quegli anni senza nessuna paura di renderlo palese o negarlo, come invece fatto da altri…. e questo fatto secondo me è molto apprezzabile. La voce di Valberg non ha nessun timore di andare a sfidare i vari screamer dell’epoca ed anzi sembra proprio divertirsi un mondo nel cercare il confronto. Le canzoni sono gradevoli nella loro totalità e mostrano che quell’epoca sonora è stata talmente assimilata a livello genetico, da risultare naturale in maniera disarmante. La registrazione e la produzione pur essendo per così dire “artigianali” danno comunque diversi punti di distacco a molte delle uscite attuali, e pur con alcune inevitabili lacune tecniche, il lavoro svolto in fase di mixaggio e produzione dal me sconosciuto , ma senza dubbio talentuoso,  Leif Ekbergh restituisce un prodotto finale perfettamente coerente nel sound e con una dinamica fuori dal comune in questo millennio.

Le canzoni che mi hanno più colpito sono: l’opener Demons, serrata e priesteggiante, Stormy Nights , che in alcuni tratti rimanda alla mente echi dei Parish, il lento Shine, veramente godibile e la ritmata Forgotten Souls, notevole pur nella sua struttura classica.

Insomma, ho sentito incensare cose ben più derivative e scadenti, quindi dategli una ascoltata poi , se son rose fioriranno, intanto incrocio le dita per questo genere che spero continui ad avere un futuro anche in questa generazione. Bravi ragazzi continuate così!

 

 

© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.

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