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Recensione Classico

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Journey – Escape – Classico

25 Marzo 2021 12 Commenti Samuele Mannini

genere: Aor
anno: 1981
etichetta: Cbs/Columbia
ristampe:

Tracklist:

Don't Stop Believin' 4:10
Stone In Love 4:25
Who's Crying Now 5:01
Keep On Runnin' 3:39
Still They Ride 3:48
Escape 5:15
Lay It Down 4:13
Dead Or Alive 3:20
Mother, Father 5:28
Open Arms 3:21

Formazione:

Bass, Vocals – Ross Valory
Drums – Steve Smith
Guitar, Vocals – Neal Schon
Keyboards, Guitar, Vocals – Jonathan Cain
Lead Vocals – Steve Perry

Producer Kevin Elson – Mike Stone

 

Come quando la polvere cosmica comincia a radunarsi intorno ad un centro di gravità, fino a raggiungere la massa critica che innesca i processi nucleari al suo interno dando vita ad una stella, tutto quello che è derivato da Escape ha dato vita al movimento melodico, dando origine a ciò che chiamiamo AOR ed a quello che fino ad oggi ne è seguito. Almeno per quanto riguarda l’aspetto commerciale è proprio nel 1981 con Escape che ha origine l’AOR, musicalmente infatti qualche atmosfera era cominciata a virare verso queste sonorità e per esempio, i Reo Speedwagon di Hi Infidelity ed il primo Loverboy sono dei prototipi che troveranno la sublimazione definitiva proprio con la genesi di Escape. La perfetta quadratura del cerchio, tra melodie irresistibili, suoni scintillanti e produzioni sopraffine. Per me , che causa anagrafe, il nome Journey è stata una scoperta fatta tra l’89 e il 91 per via delle uscite di Bad English e The Storm, ripercorrerne la storia è stato come un magico viaggio nel tempo fino alla sorgente primigenia di queste sonorità.

La loro avventura inizia infatti nel 73 quando la band si formò attorno all’allievo di Santana Neal Schon come chitarrista e Gregg Rolie alle tastiere e alla voce. La formazione si completò con il bassista Ross Valory e il chitarrista ritmico George Tickner e con il batterista Prairie Prince. E’ però alla fine degli anni 70 che con l’ingresso di Steve Perry alla voce che si comincerà a migrare verso un sostanziale cambio di sound e cominciare un vero e proprio percorso che terminerà con la genesi dell’ Aor. Altra spinta sicuramente cruciale in questa storia è venuta dalla Columbia, che già nel 1977 cominciò a fare pressioni sul gruppo  affinché commercializzasse di più il proprio sound, virando verso il rock radio friendly che cominciava in quegli anni ad appassionare il pubblico. Piccola parentesi sui corsi e ricorsi storici, il potere delle case discografiche nell’indirizzare le volte artistico commerciali ed orientare i gusti del pubblico, si ripeterà pari pari una decina di anni più tardi con la discesa delle camice flanellate che, per qualche anno, detteranno le nuove coordinate sonore mainstream. Chiusa la parentesi filosofica, torniamo a parlare delle pressioni che portarono nel 78 all’ingresso di Perry ed al nuovo corso sonoro che ebbe in Infinity, il suo primo embrione .Con l’aumento delle vendite ed il successo che comincia ad arridergli, i nostri eroi continuano nella maturazione del nuovo sound facendo uscire dischi con sempre maggiore appeal , Evolution e Departure proseguono la virata verso il rock da classifica, con produzioni via via sempre più centrate. L’ultimo cambio di formazione , ovvero l’ingresso dell’ ex Babys Johnathan Cain (proprio su suggerimento dell’uscente Greg Rolie), fornirà la definitiva scintilla che porterà alla nascita di Escape ed al  conseguente boom commerciale che fisserà i canoni di tutto il melodic rock per il decennio seguente dall’alto dei suoi 9 dischi di platino. Con ben tre singoli numero uno per settimane e la strada del successo spalancata davanti, le canzoni dei Journey finirono ovunque, spot pubblicitari , film e serie tv cominciarono a diffondere quel tipo di sound ovunque , orientando i molteplici gruppi che seguiranno a pescare a piene mani dal repertorio di idee dei Journey,  nasceranno come funghi miriadi di Steve Perry clones, creando un vero e proprio fenomeno di costume collettivo.

Parlando delle canzoni ,  praticamente non c’è niente fuori posto ed il trittico di compositori Cain , Schon, Perry non sbaglia un colpo, sia quando si cimenta nei pezzi più ritmati e duri quali Lay It Down e Keep On Running, sia quando si vanno a toccare atmosfere piu’ bluesegianti come in Dead Or Alive. I mid Tempo come Stone In Love e le ballad sognanti come Still They Ride saranno esempi iconici del sound Journey ed anche la ricercatezza di pezzi come la title track e Mother Father sono avanti anni luce rispetto alla media del periodo. Poi il trittico Don’t Stop Believin, Who’s Crying Now e Open Arms, canzoni che a quarant’anni di distanza sono cantate a squarciagola da milioni di fans e che rappresentano un vero e proprio simbolo di classe e melodia. Non facciamoci dunque ingannare dall’appeal commerciale, qui c’è tanto hard rock pieno sì di melodia , ma anche di feeling ed energia a fiumi, che anche grazie alla iperproduzione di Kevin Elson e Mike Stone si mischiano in un melange maestoso mai udito prima.

Insomma mi rendo conto che qui si rischia di esagerare con i superlativi, ma c’è poco da fare, il melodic rock resterà per sempre legato al nome di questo gruppo. Basti pensare che Escape e Frontiers sono anche i nomi di due case discografiche che dai travagliati anni novanta fino ad oggi ,  contribuiranno in modo determinante a tenere viva la fiamma della melodia.  A proposito, ci potrebbero essere discussioni tra chi preferisce Frontiers ad Escape , ma sinceramente siamo su livelli talmente eccelsi che la considero pura filosofia, ho semplicemente scelto Escape perché è con questo disco che avviene la trasformazione vera e propria del sound e nasce il mito Journey.

Della reperibilità nemmeno parlerò , esistono talmente tante versioni e tra remaster , bonus track, cofanetti , vinili, cd e chi più ne ha più ne metta. Il Disco è da avere ad ogni costo la versione ed il supporto sono l’ultimo dei problemi. Quaranta anni di storia cominciano qui, dovete solo aprire il libro.

© 2021 – 2023, Samuele Mannini. All rights reserved.

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