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Recensione Classico

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Whitesnake – 1987 – Classico

06 Febbraio 2021 43 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard rock
anno: 1987
etichetta: Emi/Geffen
ristampe:

Tracklist:

1.Still Of The Night
2.Bad Boys
3.Give Me All Your Love
4.Looking For Love
5.Crying In The Rain
6.Is This Love
7.Straight For The Heart
8.Don´t Turn Away
9.Children Of The Night
10.Here I Go Again
11.You´re Gonna Break My Heart Again

Formazione:

Bass – Neil Murray
Drums – Aynsley Dunbar
Guitar, Vocals – John Sykes
Vocals – David Coverdale


Producer – Keith Olsen, Mike Stone

Ospiti:

Guitar – Adrian Vandenberg
Keyboards – Bill Cuomo, Don Airey

 

Mettetevi pure comodi, qui non ce la sbrigheremo certo in cinque minuti. Parlare di 1987, uno degli album più iconici dell’hard rock anni 80 richiederà infatti un po’ di impegno e di ricostruzione storica.

Il Deus Ex Machina del Serpente Bianco è sempre stato David Coverdale , fino dalla fondazione del gruppo nel 1977 , ha sempre fatto e disfatto a seconda del capriccio e dell’ ispirazione del momento. Già con l’album Slide It In del 1984 l’idea della conquista del mercato americano, storicamente sempre freddino verso l’hard rock made in europe, stava infatti prendendo forma nello smisurato ego di David. Fomentato dalla Geffen , che curava la distribuzione americana degli Whitesnake, ed avendo già in effetti sciolto la formazione che registrò Slide It In, fu affiancato dall’ex Thin Lizzy John Sykes nella stesura, e dallo storico bass player Neil Murray negli arrangiamenti, di quello che diverrà poi il più grande successo firmato Serpente bianco ovvero, 1987. Superati anche i problemi di salute di Coverdale , che avrebbero potuto metterne a rischio la carriera, l’ album vede finalmente la luce. Sarà un vero e proprio crack planetario (12.000.000 di copie vendute) ed uscirà con tre titoli diversi (1987, Whitesnake ,Serpens Albus) per i mercati europeo , americano e giapponese. Dulcis in fundo, i video promozionali ed il tour saranno fatti con una formazione totalmente diversa ( Vandemberg-Campbell alle chitarre , Sarzo al Basso , Aldridge alla batteria) da quella che registrò in studio, proprio per i dissidi tra il gruppo ed il buon David, con inevitabile querelle legale con Sykes, co-autore di buona parte del disco.

Chiusa dunque a grandi linee la parte storica e di cronaca, veniamo a parlare di ciò che ha rappresentato musicalmente questo disco. Come vendite e successo è stato sicuramente uno di quei platter che ha segnato un’ epoca, ma… musicalmente? Per i vecchi fan fu sicuramente un mezzo colpo al cuore. L’abbandono così repentino delle radici più marcatamente blues, non è stato così facilmente digerito da chi seguiva il Serpente bianco dagli esordi, quando Coverdale uscito dai Deep Purple cominciò a tracciare una rotta ben precisa fatta di Blues e Hammond. E’ oggettivamente vero però che per quelli della mia generazione, 1987 è servito come trampolino di lancio per andare indietro e scoprire, e come nel mio caso adorare,  i vecchi Whitesnake che camminavano nell’ombra del blues. Un disco che i detrattori all’epoca definirono, in maniera superficiale, mollo e commerciale per via del successo della super hit Is This Love, salvo restare atterriti davanti ai riff potenti e roventi di Still Of The Night. Userò queste righe per esprimere il mio personalissimo parere su quest’opera; vale a dire che l’unico difetto potrebbe essere proprio il fatto che in realtà non ha difetti. Mi spiego meglio, il disco è costruito per avere successo, ha la tecnica, le canzoni giuste, gli arrangiamenti killer ed una produzione de luxe, e se questi vogliamo considerali difetti…. allora ce’ poco da chiacchierare, va bene che sui gusti non si discute, ma qui è stato fatto tutto a regola d’arte e ne è uscita una vera e propria pietra angolare dell’ hard rock, che ha tracciato un solco indelebile per molti gruppi, anche negli anni a venire. Prendiamo la già citata Still Of The Night , ed i suoi riferimenti Zeppelin con tanto di chitarra che nel video viene suonata con l’archetto del violino, è semplicemente magnifica, dura ed audace, ma suadente e catchy allo stesso tempo. Bad Boys è un up tempo a presa super rapida ed estremamente ben rifinito. Give Me All Your Love, è quel brano che mira spudoratamente alla classifica e che non puoi fare a meno di cantare a squarciagola mentre guidi la macchina. Looking For Love è il primo lento del disco e consente a Coverdale di dare prova di tutta la sua suadenza vocale. Crying In The Rain è il primo dei due remake tratti da Saints And Sinners, ovvero la plastica dimostrazione che una grande canzone, seppur privata della parte più blues, ma dotata di più ritmo ed energia, resta sempre magnifica. Poi….beh poi…c’è “LA” ballad quasi per antonomasia ovvero Is This Love, canzone che Coverdale aveva scritto per farla interpretare da Tina Turner, ma senza nulla togliere, sono estremamente contento che l’abbia tenuta per se. Segue Straight For The Heart, e se non ha avuto molto risalto, è perchè nell’album ci sono cinque hit single ed altri cinque che avrebbero potuto diventarlo, in un qualsiasi altro contesto avrebbe fatto furore. Don’t Turn Away è malinconica ed appassionata e ci introduce all’hard rock potente ed elettrico di Children Of The Night, che farebbe ballare anche un cadavere. Secondo ripescaggio da Saints And Sinners, ovvero Here I Go Again , che era già splendida e che qui poggia sul tappeto tastieristico steso da Don Airey. Si chiude infine con l’ energetico hard rock di You’re Gonna Break My Heart Again.

Insomma; interpreti eccezionali, produzione stellare, canzoni memorabili, per un disco che anche oggi, a quasi trentacinque anni di distanza, resta un fondamento dell’hard rock, che ciclicamente bisogna ascoltare per ricordarsi da dove siamo venuti. Da possedere ad ogni costo.

 

© 2021, Samuele Mannini. All rights reserved.

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