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Recensione

80/100

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The Dead Daisies – Holy Ground – recensione

04 Febbraio 2021 4 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2021
etichetta: The Dead Daisies Pty Limited

Tracklist:

1. Holy Ground (Shake The Memory)
2. Like No Other (Bassline)
3. Come Alive
4. Bustle And Flow
5. My Fate
6. Chosen And Justified
7. Saving Grace
8. Unspoken
9. 30 Days In The Hole
10. Righteous Days
11. Far Away

Formazione:

Glenn Hughes – bass, vocals
Doug Aldrich - guitars
Deen Castronovo - drums
David Lowy – guitars

 

Cominciamo l’anno con una grandissima e attesissima uscita: arrivano i The Dead Daisies, super gruppo composto da grandissimi nomi del panorama hard rock mondiale, ovvero Glenn Hughes, Doug Aldrich, Deen Castronovo e David Lowy.
Data la portata della band, possiamo scommettere già in partenza su cosa ci aspetti all’interno dell’album: la prima traccia e title track “Holy Ground (Shake The Memory)” è un concentrato purissimo di energia, perfettamente cesellata, dalla dinamica interessantissima. “Like No Other (Bassline)” dà la carica, presentandosi come un brano ben riuscito, che riesce a mettere in mostra l’ottima resa strumentale del quartetto con numerose parti soliste. Aumentiamo i giri con “Come Alive”, autentica, cadenzata, spensierata, dalla struttura e dalla linea melodica riconoscibile: un classicone. Arriviamo a pezzo veramente interessante, dalla resa maestosa: “Bustle And Flow” spinge nel vero senso della parola e, per i più curiosi, è possibile trovarne una versione interamente suonata da Glenn Hughes sulla pagina Facebook della band. Forte e malinconica, “My Fate” martella dal primo all’ultimo secondo, con la sua atmosfera cupa e decisa, dove spicca l’intensità emotiva e vocale. “Chosen And Justified” è un buon pezzo, aderente al genere, molto canonico nella trama ma sempre piacevole e scorrevole. Cambiamo sicuramente aria con “Saving Grace”, più oscura e sentita, ritmicamente coinvolgente e suadente, che si riversa nella successiva “Unspoken”, un puro hard rock all’americana (nonostante la variegata provenienza dei componenti dei The Dead Daisies), bello, tosto e corale, che rincuora e travolge. Con “30 Days In The Hole” troviamo il lato più scanzonato dei nostri “giovanotti”, con un rock leggero e tradizionale, dolce e di compagnia, che poco si discosta dal background della band, mantenendo comunque un buon livello esecutivo. “Righteous Days” non si allontana dallo stile dell’album, non apportando grandi modifiche o spostando opinioni riguardo al lavoro, che si conclude sulle soavi note della lunga “Far Away”, una ballad in tutto e per tutto, magnifica e complessa, che chiude un ottimo disco, un parto perfetto e ben riuscito per un supergruppo di tutto rispetto e dal quale ci si deve sempre aspettare materiale di grande qualità.

© 2021, Alberto Rozza. All rights reserved.

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