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Albert Bouchard – Re Imaginos – Recensione

27 Dicembre 2020 4 Commenti Davide Arecco

genere: Hard 'N' Heavy
anno: 2020
etichetta: Deko Entertainment

Tracklist:

1. I Am The One You Warned Me Of
2. Del Rio Song
3. In The Presence Of Another World
4. Siege And Investiture Of Baron Von Frankenstein’s Castle At Weisseria
5. Girl That Love Made Blind
6. Astronomy
7. Imaginos
8. Gil Blanco County
9. Blue Oyster Cult
10. Black Telescope
11. Magna of Illusion
12. Les Invisibles

Formazione:

Albert Bouchard – Vocals, Drums, Acoustic and Electric Guitars, Keyboard
David Hirschberg – Vocals, Fretless Bass

 

Mentre i Blue Oyster Cult sono ritornati, alla grande, con The Symbol Remains e sempre la Frontiers ha dato alle stampe diversi loro pregevolissimi live, l’ex-batterista Albert Bouchard si fa anche lui sentire, tornando a raccontare tales from outer space di intelligenza extraterrestre ed invasori alieni.

Questo suo Re Imaginos, come anticipano il titolo ed una grafica a dir poco stupenda, è un rifacimento ed insieme un completamento della saga fantascientifica di Imaginos, lo storico e splendido disco che nel lontano 1988 i BOC pubblicarono con grande apprezzamento di critica e fans. I pezzi, in questa nuova versione – che punta maggiormente su arrangiamenti elettro-acustici, sia pure senza essere un unplugged –, sono saliti da nove a dodici (come simboli astrologici e costellazioni dello Zodiaco, temi da sempre cari alla cerchia del Culto dell’ostrica blu). I brani sono stati redistribuiti equamente, in quattro parti: Quandary, Subline, Ghost e Dance. L’album è stato realizzato con quei musicisti e roadies che già contribuirono, nel lontano 1988, alla registrazione di Imaginos: Jack Rigg alla chitarra, Kenny Aaronson al basso, Jack Secret ai cori, Tommy Zvoncheck e Tommy Mandel alle tastiere, Thommy Price alla batteria ed infine Tommy Morrongiello alle chitarre. La musica resta bellissima e dal gusto classicamente melodico. Sul piano lirico e contenutistico, inoltre, possiamo (forse) dire che Re Imaginos rimette in ordine i diversi e criptici capitoli di quella storia di sf esoterica che i Blue Oyster Cult hanno disseminato nei loro dischi, sin dagli esordi. Una storia che lo stesso Imaginos non aveva ancora illustrato in tutta la sua esauriente completezza, lasciando cose da spiegare e molti dubbi agli appassionati, circa determinati significati ed aspetti della trama sottesa alla musica e raccontata nei testi. Una storia che occorre ripercorre, risalendo alle sue lontane e remote origini, quando il gruppo non si chiamava ancora Blue Oyster Cult.

Nata nel 1969, come Soft White Underbelly, la band mutò nome dapprima in Stalk Forrest Group (per realizzare nel 1970 il disco mai pubblicato St. Cecilia, antesignano della loro proposta artistica), quindi in Blue Oyster Cult. Immediatamente, grazie anche alla collaborazione di Sandy Pearlman (giornalista, paroliere e manager) e Richard Meltzer (critico musicale), si impose la simbologia esoterica del nome e del logo scelti, supportati da una musica affascinante ed oscura, sinistra e minacciosa, dai testi ermetici e criptici. Quello del Culto dell’ostrica blu era un hard rock metallizzato ed oscuro, con tastiere e synth spaziali. Il competente interesse della band verso la letteratura gotica del Settecento britannico, la sf più weird (specie quella lovecraftiana incentrata sulla presenza dei Grandi Antichi negli spazi extraterrestri) e la storia segreta (Uomini in Nero e teorie della cospirazione aliena, durante la II Guerra mondiale), le antiche mitologie e il misticismo, l’alchimia e l’occultismo, l’astrologia e la tradizione esoterica paiono essere evidenti già nei primi tre capitoli della storia dei Blue Oyster Cult (il debutto omonimo del 1972, Tyranny and Mutation del 1973 e Secret Treaties del 1974), neri ed alieni come pochi, in particolare nel panorama musicale di allora. Il tema dell’invasione extraterrestre ispira altresì The Revolution by Night (1983), dai suoni più indirizzati verso pomp rock ed AOR, per troneggiare poi in Imaginos, iniziato nel 1981 e pubblicato nel 1988 (ospiti alle chitarre del calibro di Aldo Nova, Joe Satriani e Robbie Krieger, dai Doors). Tra concept album ed opera rock, vi si narra con musica e parole immaginifiche e letterarie – tra i riferimenti dotti, richiami al mago John Dee vissuto nell’Inghilterra elisabettiana nel XVI secolo, e al Frankenstein di Mary Shelley (1818) – degli Invisibili, entità aliene sovrumane, mutaforma, capaci di prevedere il futuro, che provengono da Sirius B, nella Costellazione de Cane maggiore e in maniera nascosta mirano (dopo avere fatto nei secoli già diversi sondaggi tramite emissari scelti) ad invadere e a soggiogare la Terra. La storia raccontata in Imaginos è ambientata nel New Hampshire, a New Orleans nel 1829, presso le piramidi Maya della penisola dello Yucatan e presso la civiltà azteca (nel Golfo del Messico, al tempo dei Conquistadores), nonché in Cornovaglia, Texas ed Arizona (come già nel primo schema delineato a fine anni Sessanta da Pearlman, nei racconti confluiti in St. Cecilia). Echi dei viaggi compiuti in passato sul nostra pianeta dagli Invisibili, di nome e di fatto, secondo le liriche hanno finito con il riflettersi e trasformarsi in credenze magico-religiose come quella dei riti Voodoo ed hanno anche generato pratiche di stregoneria al pari di quelle combattute dall’Inquisizione e da Gesuiti, come Martin Del Rio. Evidente l’influsso sui Blue Oyster Cult della fantascienza aliena di Weird Tales, soprattutto di quella riconducibile a Lovecraft e a Whitehead. Re Imaginos, dopo esattamente mezzo secolo da quella che fu la prima stesura della storia da parte di Pearlman, rimette in ordine i brani e quindi i capitoli del racconto, permettendoci di tornare indietro nel tempo e riannodando le fila di una vicenda, immaginaria ed avvincente, che possiamo finalmente ascoltare e apprezzare a fondo. L’interesse per la fantascienza, da parte tanto di Bouchard e Pearlman, quanto dei Blue Oyster Cult, si era del resto già manifestato nel modo più serio e convincente chiamando a collaborare autori come Michael Moorcock (tra il 1980 ed il 1981, già a fianco degli Hawkwind) e il profeta del cyber-punk John Shirley (tra il 1998 e il 2001).

Re Imaginos conferma così Bouchard e implicitamente i suoi ex-compagni d’avventura come un caso a parte nel panorama musicale contemporaneo, in assoluto tra gli artisti statunitensi più colti e raffinati di sempre, stimati e citati a più riprese dallo stesso Stephen King. Ed oggi, riascoltando In the Presence of Another World, l’immortale Astronomy, Blue Oyster Cult (rifacimento di Subhuman, dal terzo disco), Black Telescope (già nel disco di debutto, come The Workshop of the Telescopes) e Magma of Illusions, il mito torna a vivere. E con esso la melodia, meravigliosa e inquietante, del rock eterno che non muore mai.

© 2020, Davide Arecco. All rights reserved.

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