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Recensione

68/100

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Alien – Into The Future – recensione

09 Novembre 2020 10 Commenti Yuri Picasso

genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Into The Future

Tracklist:

1. You Still Burn
2. Night Of Fire
3. War Scars
4. Time Is Right
5. What Are We Fighting For
6. Into The Future
7. Freedom Wind
8. Really Wheeling It
9. Fallin Way Down
10. In Her Eyes
11. Children

Formazione:

Jim Jidhed (vove)
Tony Borg (chitarra)
Toby Tarrach (batteria)

Contatti:

https://www.aliensweden.com/

 

Anticipato dalle dichiarazioni della coppia Jidhed-Borg, il nuovo disco targato Alien titolato “Into The Future” esce per Aor Heaven in questo finale di 2020, settima uscita di studio per la band Culto svedese a 6 anni di distanza dall’ottimo “Eternity”. Come detto dai due mastermind il disco ha goduto in sede di creazione di totale libertà artistica oltre ogni vincolo musicale suonando generalmente più heavy, uscendo dagli stilemi dell’AOR e dello Swedish melodic rock che gli stessi Alien hanno aiutato a forgiare con l’indimenticabile esordio datato 1988.
Per questo capitolo si perdono per strada Jimmy Wandroph e Ken Sandin, rispettivamente tastiere e basso della line up originale nuovamente presenti su Eternity, rilegando quanto meno ufficialmente gli Alien a un trio. Jim Jidhed, Tony Borg e Toby Tarrach alla batteria.
Al di là delle dichiarazioni della band, siamo di fronte a un buon disco anche se diverso dagli usuali standard della band?
Come direbbero gli Aerosmith, let the music do the talking…

Si parte con “You Still Burn” e si ha l’impressione di ascoltare gli Europe post reunion con un riff di chitarra heavy e diretto ala ultimo John Norum.
Si parte spiazzati e il nostro orecchio inizia a percepire che ascolterà un qualcosa di inaspettato; si continua con la cavalcata “Night of The Fire”, un gran bel pezzo, il brano migliore del disco. Epico, trascinante, curato negli arrangiamenti e supportato da un ottimo lavoro dietro le pelli.
“War Scars” profuma di hard teutonico, brano di per se anonimo impreziosito da un ottimo solo di Tony Borg.
Decisamente meglio con “Time is Right” che, pur non creando nulla di nuovo lascia un buon retrogusto amalgamato al dispiacere sulla scelta di una produzione cosi retrò e sporca che poco si adatta a questo brano.
Se la title track e “Freedom Wind” giocano sui vocalizzi di Jidhed nell’intro e durante il brano per trasformarsi in canzoni dal testo riflessivo con la voglia di lasciare un messaggio positivo su quello che stiamo vivendo e vivremo, si vira su toni maggiormente hard ma comunque melodici in “Fallin Way Down”, brano che coniuga molto bene passato e presente artistico della band.
Torniamo a respirare ottimo AOR nella riuscita “In Her Eyes”, la quale si riavvicina alle scelte stilistiche di “Eternity”.
Chiude il disco “Children”, ballad piano e voce interpretata e suonata magistralmente che purtroppo non è in grado di influire sul voto finale.

La voce di Jidhed ha trovato la sua massima espressione nel solista “Full Circle” del 2002, vero capolavoro dell’Aor.
Sentirla alla prova con un materiale maggiormente heavy dal sapore volutamente retrò, invecchiata, non coadiuvata da una produzione e da una scelta dei suoni volutamente sporchi, crea dispiacere.
Se in altri lavori il suo timbro è stato un valore aggiunto, difficilmente imitabile, in “Into the Future” zoppica, come zoppica la produzione (molto) e arrangiamenti (meno) a tratti non adatti a valorizzare un songwriting comunque sopra la sufficienza.

Non è un vero e proprio passo falso, piuttosto possiamo opinare scelte che non sposano al meglio le capacità, la storia, la resa artistica di questo gruppo.
La libertà artistica la si guadagna col tempo. Essere considerati tra coloro i quali hanno definito un tipo di sound non è affare ne semplice ne da chiunque, e non è da chiunque ritornare a più riprese sulle scene con album interessanti, convincenti.
Se da un lato “Into the Future” contiene delle frecce al proprio arco, dall’altro delude per un cambio di pelle che toglie invece di aggiungere interesse all’intera proposta artistica del combo svedese. Rispetto a “Eternity” che ho riascoltato ripetutamente assieme a questo lavoro, siamo due passi indietro dal punto di vista stilistico e qualitativo.
Dal monicker Alien mi aspetto qualcosa di diverso, di più.

© 2020, Yuri Picasso. All rights reserved.

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