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Recensione

94/100

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Last In Line – II – Recensione

28 Febbraio 2019 11 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard 'N' Heavy
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

1. Intro
2. Blackout The Sun
3. Landslide
4. Gods And Tyrants
5. Year Of The Gun
6. Give Up The Ghost
7. The Unknown
8. Sword From The Stone
9. Electrified
10. Love And War
11. False Flag
12. The Light

Formazione:

Vivian Campbell – Guitars
Vinny Appice – Drums
Phil Soussan – Bass
Andrew Freeman – Vocals

 

Non me ne voglia il mitico Nico D’Andrea, che nel 2016 recensì con parole non troppo entusiaste il loro (per me invece) notevole esordio Heavy Crown, ma gli hard ‘n’ heavy rocker Last In Line si riconfermano su livelli altissimi anche con il loro secondo album II, da poco uscito nei negozi per la label Frontiers Music.

E non me ne vogliano neppure i fans più accantiti dei Def Leppard, ma quando l’arcinoto chitarrista Vivian Campbell ritorna a suonare il genere più suo, ovvero quell’hard rock/heavy metal fatto di riff grossi, corposi epici e maestosi che hanno di fatto caratterizzato tutti i primi anni della sua carriera (compresi i bellissimi esordi con i Sweet Savage, chi li ricorda?), torna definitivamente a casa. Apre la porta, toglie gli stivali e mette le ciabatte. Si avvicina al frigo, stappa la birra, beve un bel sorso e tira un sonoro rutto. Poi poggia le natiche su divano, imbraccia la chitarra, e inizia a divertirsi davvero (sì, questa è la reale sensazione che si ha sentendolo suonare così passionale e a suo agio questo genere musicale!).

E – diavolo! – non me ne vogliano neppure i millemila bravi produttori di dischi che ascoltiamo tutti i giorni ammazzarsi letteralmente per trovare i suoni perfetti per i loro lavori, ma appena clicchiamo play su un album come questo e sentiamo questa apparente essenzialità di suoni (che non vogliono altro che una chitarra di carattere accompagnata da una sezione ritmica struttrata sui colpi secchi alle pelli – potentissimi, inconfondibili – di un Vinny Appice e sul perfetto tocco cupo e roboante delle corde del basso di Phil Soussan), ci rotoleremmo per terra come cagnolini che vedono rincasare il padrone la sera con un bel pacco di crocchette nuove e gustosissime.

Ma si, ma si.. ma non me ne vogliano neppure tutti quelli che non riescono a dimenticare Ronnie James Dio, ma ora hanno davvero iniziato a rompere i cosiddetti con i loro paragoni (e scusate l’uscita di poco stile, ma dovevo togliermi il sassolino). I Last in Line non sono più i Dio, e Andrew Freeman non è assolutamente Ronnie. Andrew non è uno scemo, sa che chiunque uscirebbe con le otta rosse da un confronto con Dio (son davvero bravo con i giochi di parole, neh?!) e perciò non ha mai e poi mai voluto scimmiottare il suo stile e le sue movenze. Mai! Anzi, Freeman si è ritagliato con onestà il suo spazio e, con il sudore della fronte, ha modellato la sua timbrica – differente e dal retrogusto un po’ alternative e moderno – così che si amalgamasse al meglio con lo stile dei Last In Line, spazzando via avversari e detrattori a suon di vocalizzi tutti energia, potenza, grinta e – dannatamente buona – estensione.

Tutto questo, per dire che non me ne dovete volere se sto diventando totalmente dipendente dalle graffianti melodie di questo disco. Non ho inciuci con la label, non sono parente di nessuno dei musicisti (e direi anche purtroppo!), non conosco neppure lontanamente una persona che stia guadagnando in qualche modo da questo album. Ho versato i miei canonici trenta euro allo spacciatore di fiducia (o negoziante di dischi, come vogliate chiamarlo) per avere la mia copia in LP di II, che tra l’altro sto riassaporando mentre scrivo. Punto. E se grido al miracolo e piazzo un 94 su 100 è perchè sono diventato arrogante – come arrogante nel senso musicale è questo disco – e perchè tracce trascinanti come Blackout The Sun, Landslide (per me la più bella del platter), Year Of The Gun, Sword From The Stone, Love And War, False Flag e The Light (ho faticato davvero a non scriverle tutte, lo ammetto) non riesco proprio più a togliermele dalla testa.. That’s heavy rock!

IN CONCLUSIONE

Ah, serve pure un in conclusione?!! Cioè, avete davvero bisogno di un riassuntino finale – magari tutto picci-picci con annesse paroline dolci e rassicuranti – per ascoltare sta bomba di disco??!!

Toglietevelo dalla testa.
Se siete cresciuti a pane e hard ‘n’ heavy, beh, buon appetito.

© 2019, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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