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Recensione

69/100

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Imperium – Beyond The Stars – recensione

26 Giugno 2018 4 Commenti Luka Shakeme

genere: AOR
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven

Tracklist:

Beyond The Stars
Crash and Burn
Learning how to fly
Spread you wings
Back in 85
King Of The World
All Alone
Just a Dream
World on Fire
Higher

Formazione:

Mika Brushane – Batteria, Tastiere, Basso, Cori
Dennis Ward - Voce principale e cori
Erkka Korhonen - Chitarre
Samuli Federley - Chitarre
Toni Huovinen - Chitarre

Ospiti:

Markku Kuikka – Voce
Antti Railio – Voce
Rob Lundgreen – Voce
Susanna Eronen – Cori
Sini Heinila - Cori

 

Dalle desolate lande finlandesi arriva in pasto ai famelici scribacchini di MR un prodotto assolutamente distante da ciò che ha reso milionari artisti affacciatisi a fine anni novanta con proposte classic-power altre volte gothic metal; dunque l’AoR non è di sicuro un genere molto avvezzo fra i musicisti di quelle parti, anche se la meteora Hanoi Rocks poi è finita per essere punto di riferimento per lo street-sleazy di band quali Guns, Fester Pussycat, Skid Row e via dicendo. Lo stesso amore incondizionato del batterista Mika Brushane che nonostante nel corso della sua carriera si sia interfacciato con generi assolutamente distanti dal rock più canonico, sente il bisogno di esprimere tutto il suo amore per sonorità più zuccherose e morbide con il progetto Imperium di cui egli stesso si occupa della stesura dei pezzi avvalendosi della collaborazione di un cospicuo numero di musicisti fra cui il l’onnipresente Dennis Ward. Inizierei a parlare di “Beyond The Stars” a questo punto.

“Beyond The Stars” splendida titletrack di stampo AoR impreziosita da chorus aperti pronti per essere canticchiati fin dal primo ascolto. Nulla di eccezionale ma questo è un discorso ampiamente affrontato in passato sul quali inutile dilungarmi. Il tutto gira alla meraviglia ed è ciò che conta.
“Crash and Burn” prosegue pedissequamente coordinate tracciate con il pezzo di apertura. Sento echeggiare gli Asia più pomposi; ritmiche soft enfatizzano armonie vocali e tastiere che in questo caso evidentemente fanno la parte del leone. Emotivamente non mi ha lasciato molto; il tutto seppur ben prodotto, mi sfiora con relativa mancanza di enfasi.
“Learning how to fly” ha un buon tiro; trascinante e dall’impronta ai limiti del power nordeuropeo per ciò che concerne quantomeno la struttura e le armonie. Nulla di trascendentale, sembra tutto già sentito quindi non mi sento di enfatizzare un songwriting ispirato, ma la traccia in se è sicuramente gradevole.
“Spread you wings” sembra volermi portare fuori strada in quanto si apre come se volesse presentare la prima ballatona di un platter al momento senza infamia e senza lode. Siamo sempre su un AoR che non sembra voglia osare più di tanto, facendo leva sul porto sicuro di buoni chorus di facile presa. Maggiore cura per gli arrangiamenti avrebbe giovato alla freschezza dell’intero prodotto.
“Back in 85” al momento la migliore traccia a mio modesto parere. Incisiva, orecchiabile e dai connotati relativamente più incisivi. Le atmosfere sembrano evocare magniloquenza seppur il tutto risulta comunque aperto. Bello il solo di chitarra; la tecnica che ben si sposa con il gusto per la melodia.
“King Of The World” tenta di indurire il sound, riuscendoci solo in parte con un solo di chitarra dai risvolti ipertecnici; il resto è l’ennesima traccia AoR pomposa gradevole ma che arrivati al giro di boa del platter riesce a farmi annoiare; lo dico a malincuore. Ormai non riesco a distinguere una traccia da un’altra, credo che questo sia il più grande limite che un disco possa avere.
“All Alone” tenta di risollevare il mio umore che ormai non è dei migliori. Per carità, di sicuro riesce a catalizzare un po’ di più la mia attenzione però continuo a chiedermi come si possa concepire un lavoro osando zero. Mancano altre tre tracce; qualcuno mi aiuti.
“World on Fire” le mie preghiere sono state in parte accolte. Il pezzo più tirato del lotto. La matrice AoR seppure impressa a fuoco quanto meno riesce a mostrare un po’ di carattere con una struttura più muscolare.
“Just a Dream” mi sorprende positivamente, siamo quasi in dirittura d’arrivo e non me l’aspettavo. Bellissimo mid tempo ricco di pathos in cui la linea vocale gode di una interpretazione più che convincente. Promosso a pieni voti.
“Higher” aveva forviato le mie aspettative ritrovandomi un intro tastiere e voce interpretativo, credendo dunque di chiudere con una ballatona. Il tutto invece esplode in un’altra traccia di rock melodico simile ad altre già presenti. Per l’ennesima volta; non si tratta anche in questo caso di una brutta traccia, carina, ascoltabile ma che non riesce a rapire mente e cuore.

IN CONCLUSIONE

Un lavoro di cui temo non sentiremo parlare eccessivamente in giro. Non mi sento di bocciarlo ma nemmeno di consigliarne l’acquisto a tutti i costi. Esclusivamente rivolto a chi non ne ha mai abbastanza di un certo tipo di AoR trito e ritrito e che sente il bisogno di aggiungere un altro pezzo alla sua collezione.

© 2018, Luka Shakeme. All rights reserved.

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