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Recensione

93/100

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W.E.T. – Earthrage – Recensione

19 Marzo 2018 87 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

1. Watch The Fire
2. Burn
3. Kings On Thunder Road
4. Elegantly Wasted
5. Urgent
6. Dangerous
7. Calling Out Your Name
8. Heart Is On The Line
9. I Don’t Wanna Play That Game
10. The Burning Pain Of Love
11. The Neverending Retraceable Dream

Formazione:

Erik Mårtensson: Guitar, bass, keyboards, vocals
Jeff Scott Soto: Vocals
Robert Säll: Keyboards
Magnus Henriksson: Guitar
Robban Bäck: Drums

Ospiti:

Additional guitar solo on “Urgent”: Thomas Larsson

 

L’attesa è ormai finita. Tra pochi giorni, e più precisamente il 23 marzo 2018, la Frontiers Music distribuirà nei negozi di tutto il mondo il nuovo album degli W.E.T., uno dei più famosi super-progetti melodic rock del nuovo millennio capitanato da Robert Sall (la “W” che viene dai Work of Art), Erik Martensson (la “E” dagli Eclipse) e Jeff Scott Soto (la “T” dai Talisman), con l’aggiunta del chitarrista Magnus Henriksson e del batterista Robban Back.

Earthrage, questo il titolo del disco, è un compendio perfetto di tutti quei suoni e di quelle melodie che gli amanti del rock melodico desiderano ascoltare. Decisamente superiore al suo diretto predecessore Rise Up, e praticamente in linea con i fasti del capolavoro d’esordio omonimo, il platter si avvale ancora una volta del sound in studio diamantino di Erik Martensson per presentare ai fans un rock corposo ed avvolgente, ricco di energie positive e di ritornelli e passaggi melodici di una orecchiabilità unica, capaci di stamparsi subito in testa, spingendo il fan a sessioni di ascolto anche ripetute. Totalmente privo di filler o di momenti di stanca grazie a un songwriting vario e di eccellenza, Earthrage ci spinge all’headbanging nei suoi momenti più hard rock, in puro stile Eclipse (e per questo guidati dalle corde potenti di un Martensson indiavolato nei suoi riff e nei suoi assoli, e ben supportato da Henriksson alla ritmica), e deliziandoci con lo stile raffinato delle tastiere di Robert Säll e con i vocalizzi magici di un Soto in grande – grandissimo – spolvero. Il tutto, con l’aggiunta fondamentale del groove sonoro dato dalle pelli dinamitarde di un sensazionale Robban Bäck, bombastico quando serve, e di contro raffinato e preciso quando il tutto si fa più lieve e soffuso.

Se l’opener di un disco deve e vuole essere il biglietto da visita per il gruppo e per le tracce a venire della registrazione, il singolo e video Watch The Fire appare come l’incipit perfetto per un platter come questo. 100% in stile Eclipse, il brano alterna con stile il cantato di Soto e Martensson, gravitando le sue energie intorno alle due voci e alle chitarre. Analogamente, Burn non calma di una virgola il ritmo forsennato dell’album, lasciando al solo Soto il compito di interpretare vocalmente un pezzo dotato di un ottimo refrain e di tanto groove strumentale, con Kings On Thunder Road che suona ancora tanto hard ‘n’ heavy melodico, nonostante la maggiore presenza degli effetti e delle tastiere di Sall su un pezzo che tanto ricorda i primi W.E.T. del 2009.

Da qui in poi il platter cambia definitivamente marcia, e da decisamente bello diventa assolutamente ottimo. Elegantly Wasted è forse uno dei migliori pezzi del disco, e una mid-tempo (a tratti vestita da ballad) catchy e particolare, unica, inconfondibile nel suo sound ottantiano fino al midollo, ma con un occhio alla modernità. E’ sensazionale, al pari dell’heavy rock ritmato e divertente di Urgent, ma ancor più del sound maturo di un altro capolavoro di questa registrazione, ovvero Dangerous, forse il pezzo del platter che più accende la voglia di essere sentito e risentito grazie alla sua enorme orecchiabilità, che diventa gigantesca nel suo ritornello corale e tutto da cantare. Wow.

Arriva poi il turno di un’altra mid-tempo davvero stupenda, Calling Out Your Name, piena di atmosfera AOR, melodica e forte qua e e là con un bel tratto pomp che la rende decisamente ’80s. Ma non è finita qui, perchè Heart Is On The Line sale in cattedra come una power ballad perfetta, dolce, delicata, raffinata, molto in stile Def Leppard, da accendini in alto, a ritmo, nella notte più blù di un concerto magnifico.. Segue I Don’t Wanna Play That Game, una traccia moderna, un po’ più radiofonica (nel senso di commerciale) delle precedenti, ma per questo non di minore effetto. Infine, l’hard rock melodico – ancora una volta in stile Eclipse – di una The Burning Pain Of Love molto avvolgente e ricca di suoni porta alla chiusura rock melodica affidata a The Neverending Retraceable Dream, che riprende il sound del disco di debutto del 2009 in un commiato di grande spessore compositivo. Per un album che non ha mai smesso di stupire l’ascoltatore dal primo all’ultimo minuto della sua riproduzione..

IN CONCLUSIONE

Efficace in ogni sua sfacettatura, Earthrage è un disco gigantesco, eccezionalmente suonato e composto, assolutamente vario, perfettamente interpretato. E’ quanto di più bello abbiamo fin’ora recensito in questo anno solare di rock melodico.

Se un album cattura l’attenzione fin dalla sua prima nota, stimolando una voglia pulsante di essere riascoltato, beh, allora vuol dire che è stato impacchettato davvero bene. Io adesso sto cliccando di nuovo il tasto play del mio lettore, non so voi.. 😉

© 2018, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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