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Recensione

63/100

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White Widdow – Silouhette – Recensione

26 Novembre 2016 23 Commenti Nico D'andrea

genere: AOR
anno: 2013
etichetta: AOR Heaven

Tracklist:

1.Stranded
2.Surrender My Heart
3.Living For The Night
4.Last Chance For Love
5.Wild At Heart
6.Damage Is Done
7.Game Of Love
8.Smile For The Camera
9.Waited
10.Sleeping With The Enemy

Formazione:

Jules Mills - Voce
Xavier Mills - Tastiere e Cori
Enzo Almanzi - Chitarre
Ben Webster - Basso
Noel Tenny - Batteria

Contatti:

www.whitewiddow.com.au

 

Arriva al tramonto di questo controverso 2016 il nuovo atteso disco degli australiani White Widdow.
Scrivo “atteso” perché dopo due buoni dischi ed il terzo esplosivo Crossfire, la band guidata dai fratelli Mills potrebbe piazzare il colpo definitivo e prendere posto a fianco di H.e.a.t. e Brother Firetribe nel triumvirato AOR dell’era contemporanea, scalzando così gli ottimi ma appannati Work Of Art.
L’importanza di questa release mi ha perciò suggerito di convivere qualche settimana in più con la promo arrivata in redazione, in modo da poter giungere ad un giudizio finale il più ponderato possibile.

Già dalla fascinosa cover sembrerebbero non mancare in Silhouette i presupposti per rivivere quei sogni bagnati (naturalmente sulla battigia di una spiaggia californiana), tanto bramati dagli amanti del suono AOR anni 80.

Parte bene anche il disco con l’uno-due di Stranded e Surrender My Heart.
La prima (e primo singolo dell’album) potrebbe già essere un classico, con quel giro di tastiera mezzo rubato ad Ask The Lonely dei Journey.
La seconda esalta il sempre suadente timbro melodrammatico del vocalist Jules Mills.
La produzione è al solito bombastica (frutto di una compressione a tratti forse esagerata ed un mix a mio avviso troppo sbilanciato sulla batteria) e farà la gioia di coloro che prediligono la “botta” ad un suono più maturo ed avvolgente.
Sarà probabilmente quest’ultimo aspetto a fare da spartiacque tra chi adorerà questo lavoro e chi invece ne rimarrà deluso.

Volendo addentrarsi in un’ascolto ed in un’analisi più approfondita, la sensazione è quella (sopratutto per i pezzi a seguire) di trovarsi di fronte ad un lavoro un po’ superficiale.
I cori ci sono (ed in abbondanza) ma scordatevi i brividi procurati da brani come Fly Me Away e Just Another Night ascoltati in Crossfire.
Gli arrangiamenti mancano di profondità e nemmeno gli assoli di Enzo Almanzi (che aveva ben impressionato nel lavoro precedente) sembrano non incidere nell’economia di un suono dall’approccio troppo scolastico.
L’intro del classico AOR Last Chance For Love o l’arpeggio che apre la ballata Damage is Done sono cose già sentite troppe volte.
Bello invece il coro di Wild At Heart, un pezzo che si distingue anche per le progressioni ritmiche della chitarra di Almanzi.
Una citazione merita anche la conclusiva Sleeping With The Enemy che, tolte le abbondanti tastiere che accompagnano il refrain, si rivela piacevolmente come un pezzo in piene stile Dokken.

Troppo poco per garantire alla band quel salto di categoria che sembrava ormai annunciato.
Anche la scarsa durata del disco (37 minuti appena), lascia la sensazione di un lavoro preparato e pubblicato forse troppo in fretta.

IN CONCLUSIONE

Questo Silhouette poteva essere per i White Widdow il disco della consacrazione nella comunità AOR mondiale.
Sarà invece un disco che farà discutere e dividerà la platea nelle classiche due fazioni.
Adorato da chi ama i cori facili e le canzoni di primo impatto, ripudiato da chi rifugge i cliché e cerca nel particolare lo spunto per uscire dagli standard.
Per questo motivo e per le potenzialità espresse in passato , il voto finale raggiunge comunque la sufficienza e rimanda il combo di Melbourne ad una prossima più ispirata prova.

© 2016 – 2017, Nico D’andrea. All rights reserved.

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