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Recensione

65/100

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Degreed – Dead But Not Forgotten – recensione

22 Luglio 2015 17 Commenti Nico D'andrea

genere: Alternative Rock
anno: 2015
etichetta: Sun Hill Productions

Tracklist:

01. The Scam*
02. Face The Fact*
03. Madness*
04. Shame On Me*
05. Better Safe Than Sorry
06. Love Me, Love Me Not
07. Drama
08. Kill Your Darlings*
09. Touch Of Paradise
10. Forgive You
11. Start Again
12. Firefly
13. Final Ride
14. Turn Around,Don’t Back Down

* migliori pezzi

Formazione:

Robin Ericsson - Lead Vocals/Bass
Mats Ericsson - Drums
Daniel Johansson - Guitar/Backing Vocals
Micke Jansson - Keyboards

 

La facilità con cui oggi centinaia di bands riescono ad incidere, il più delle volte in autoproduzione, un disco sta pericolosamente spostando verso il basso l’asticella qualitativa delle uscite discografiche.
La questione non riguarda certamente questi Degreed, qui alla loro terza fatica, protagonisti indiscutibili della nuova scena “Alternative” europea.
L’impatto sonico e l’invidiabile cifra tecnica del quartetto svedese non sono infatti cosa da tutti i giorni. La loro proposta risulta inoltre piuttosto originale (considerati i limiti nei canoni compositivi del genere) grazie ad alcune scelte stilistiche decisamente azzeccate.

La vocalità del cantante/bassista Robin Ericsson prende infatti le distanze dal tipico timbro abrasivo di capiscuola come Chad Kroeger (Nickelback) od Austin Winkler (Hinder).
Il riferimento è piuttosto quelli degli Hanson del gioiellino pop-rock “This Time Around”, colpiti però da una potente bomba di steroidi.
Non sarà nemmeno difficile trovare per l’ascoltatore dei punti di contatto con i sempre poco rimpianti techno-aorsters Spin Gallery al netto delle meravigliose armonizzazioni che ne resero così irresistibile il debutto “Standing Tall”.
Sempre agli Spin Gallery ci riporta il massiccio uso di tastiere e programming, altra caratteristica distintiva al di fuori del pedante trend “Modern Rock”.
Il tutto risulta comunque assolutamente potenziato dal vigoroso apporto del chitarrista Daniel Johansson vero mattatore del disco, quasi “ex-equo” con l’ottimo Micke Jansson alle tastiere.
Ascoltate “Shame On Me” ad esempio. L’avvolgente intro di keyboard è il preludio all’inaspettato ed ennesimo rocker “stop and go” (come da classico manuale “Alternative”) ma il bridge apre con un riff semi-Thrash per chiudere con un solo da guitar hero di ultima generazione. Sorprendente !
D’altronde il tagliente riffing in apertura del platter di ”The Scam” (primo singolo dell’album) accompagnato dai centrati cambi di tempo nel serrato drumming dell’altro Ericsson (Mats), ci avevano già fornito l’input sulla varietà dell’impianto compositivo, almeno sotto l’aspetto puramente strumentale.
Una precisazione dovuta perché questo “Dead But Not Forgotten” non riesce a nascondere dopo qualche ascolto un bel punto debole, facilmente individuabile nella costante ripetitività delle melodie.
Sopratutto nella seconda parte del disco questo “bug” rende addirittura ostica l’ipotetica stesura di un “track by track”, vista l’oggettiva difficoltà nel distinguere un brano dall’altro.
A scapito di una valutazione d’eccellenza va anche segnalata la mancanza di almeno una ballad che invece i maestri nordamericani citati all’inizio della recensione ci hanno sempre saputo regalare.

IN CONCLUSIONE

“Dead But Not Forgotten” rimane un’album che non può mancare nella discoteca di ogni appassionato del genere. Ho però la netta convinzione che le potenzialità del four-piece di Stoccolma siano ben maggiori ed in grado di esprimersi con più efficacia in un contesto meno chiuso (anche se commercialmente più appagante) come quello della sfera “Alternative”.

 

© 2015 – 2018, Nico D’andrea. All rights reserved.

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