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Recensione

70/100

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King’s Call – Lion’s Den – Recensione

25 Ottobre 2013 Comment Lorenzo Pietra

genere: Hard Rock
anno: 2013
etichetta: Mausoleum

Tracklist:

01. Mother Nature
02. Riding The Storm
03. Dig It
04. Shy Love
05. Is This The Life
06. Avalon
07. Red Lights
08. Get Up
09. Holy Ground
10. Avalon – Rising

Bonus Track:

11. Waiting For You
12. Love Will Find A way

Formazione:

Mike Freeland - Voce
Alex Garoufalidis - Chitarra
Asec Bergemann - Batteria
Andreas Kramer - Basso

 

Il 2013 segna il ritorno dei King’s Call e dopo un anno di registrazioni sotto la guida dell’esperto Chris Tsangarides (Thin Lizzy, Malmsteen, Gary Moore…) ecco arrivare il nuovo full lenght intitolato Lion’s Den. La copertina è accattivante mentre la formazione è di tutto rispetto con Mike Freeland alla voce, Alex Garoufalidis alla chitarra, Andreas Kramer al basso e, così scritto sul booklet, Asec Bergemann alla batteria. Il perchè di questo dubbio lo capirete dalla prima rullata di batteria; suono di plastica, finto, palesemente una drum machine e pure di basso livello!

Un vero peccato perchè le canzoni sono di buona fattura, anche se mancanti totalmente di originalità. Un classico hard rock ottantiano, con potenti riff e grandi melodie. La chitarra come detto, graffia come l’hard rock insegna e la voce di Freeland è una garanzia e salva l’album dalla monotonia. La prima traccia, Mother Nature, è un rock sanguigno, con Garoufalidis sugli scudi e con un grande assolo. Ci catapultiamo negli eightes con Riding The Storm, grazie suo hard rock diretto, potente e un refrain riuscito; rimane ancora il dubbio su una drum che non fa variazioni per tutta la canzone. Dig It svetta per la grande prova vocale di Freeland e prosegue sulla strada delle prime due tracce, Shy Love vira su un suono più moderno ma ancora una volte gode di una produzione non all’altezza…. Is This The Life calma gli animi ed è una perfetta mid-tempo per spezzare il ritmo, ma non colpisce. Avalon è un melodic-rock con un refrain azzeccato e una chitarra perfetta! Finalmente una grande canzone! Un buono spunto lo troviamo anche alla settima traccia nella “rilassante” Red Lights, con un suono spaziale, quasi Aor e la sei corde sempre sulla breccia…bella song! La divertente Get Up è energia pura, un rock ‘n roll sparato a mille con echi ottantiani, mentre Holy Ground ritorna sullo stile della prima parte dell’album con un riff cattivo e una grande melodia… ma perchè rovinare tutto con una batteria piatta e un basso quasi inesistente? L’album chiude con la strumentale Avalon Rising, che non lascia il segno, risultando superflua. Per fortuna le due lunghe bonus track Waiting For You e Love Will Find A Way riportano l’album su buoni livelli, la prima con un hard rock potente e un grandissimo assolo, la seconda con una ballad di grande classe e una melodia che rimane impressa al primo ascolto.

IN CONCLUSIONE:

Se amate l’hard rock classico non lasciatevelo scappare, ma come specificato all’inizio della recensione, ritengo che il suono della batteria sia troppo monotono e poco reale. Ma è questione di gusti quindi consiglio un ascolto preventivo dell’album.

© 2013 – 2018, Lorenzo Pietra. All rights reserved.

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