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Midnite City – Itch You Can’t Scratch – Recensione

27 Maggio 2021 5 Commenti Vittorio Mortara

genere: Hard Rock/ Hair Metal
anno: 2021
etichetta: Cargo records

Tracklist:

1. Crawlin' In the Dirt
2. Atomic
3. Fire Inside
4. Darkest Before the Dawn
5. I Don’t Need Another Heartache
6. Blame It On Your Lovin'
7. They Only Come Out At Night
8. Chance of A Lifetime
9. If It's Over
10. Fall To Pieces

Formazione:

Rob Wylde – Voce
Pete Newdeck – Batteria
Miles Meakin – Chitarra
Shawn Charvette – Tastiere
Josh Williams – Basso

 

Arrivano al terzo full length I britannici Midnite City, capitanati dall’ossigenato vocalist Rob Wylde e dal pelatissimo batterista Pete Newdeck. I due sono dei veterani della scena, avendo trascorsi nei Tigertailz e Nitrate il primo ed in una miriade di bands, da Paul Di Anno agli Harem Scarem, il secondo.
Fiancheggiati dal chitarrista Miles Meakin, dal bassista Josh Williams e da Shawn Charvette alle tastiere, dopo due album pubblicati dalla AOR Heaven, i nostri hanno compiuto una mezza rivoluzione cambiando sia il management che l’etichetta, accasandosi con la tedesca Roulette Media. La produzione ed il missaggio sono stati ancora una volta affidati a Newdeck con l’aiuto dell’amico Harry Hess.
Quella che non è cambiata, invece, è la proposta musicale: un mix pressoché perfetto del glam/street di Motley Crue e Poison e l’AOR americano un po’ tamarro di fine anni 80. Per intenderci, qui si respira l’atmosfera del primo inarrivabile album dei Danger Danger, dei primi Firehouse e del misconosciuto capolavoro omonimo dei Blue Tears. Insomma, nulla che non sia già stato proposto in precedenza. Però ci sono da tenere in considerazione tre fattori assai importanti: i nostri non sono dei novellini, sanno suonare e, soprattutto, dal vivo sono una macchina da guerra: io ho avuto la fortuna di vederli un paio di anni fa all’ H.E.A.T. festival di Ludwigsburg e mi hanno fatto una gran bella impressione!
E infatti il disco è bello! Si parte con un pezzo glam sguaiato come “Crawlin’ in the dirt”, nel quale vengono sciorinati tutti gli stilemi del genere. Ma, attenzione! L’opener è fuorviante! Quando le casse sparano il riffone funkeggiante di “Atomic” riemergono prepotenti reminiscenze Poison e Motley Crue condite con un pizzico di Firehouse nel trascinante refrain. E via col party metal! “Fire inside” si avventura su territori più melodici ed AOR, per nulla innovativi ma maledettamente efficaci a toccare le corde dei nostri cuori di melodic rockers! Non una nota fuori posto. “Darkest before the dawn” fa il verso ai Crazy Lyxx tramite una struttura semplice e concreta che ci conduce felici fino al ritornello. Le tastiere accompagnano la chitarra lungo tutta “I don’t need another heartache”, brano di pura energia e divertimento che, purtroppo, i Danger Danger e le loro incarnazioni non sembrano più in grado di scrivere. Vi sfido a non trovarvi a canticchiare “I don’t need another heart-heart-heartache” la seconda volta che lo ascoltate! Chitarrosa e ottantiana, “Blame it on your loving” mi ricorda fortemente il songwriting dei Jack Ponti e Vic Pepe. Ah, che profumo di eighties! E siamo alla perla del disco, non a caso scelta come singolo dalla band. “They only came out at night”, pezzo dalle tinte pseudo horror, introdotto da una cantilena infantile, poggiato su una linea melodica assolutamente perfetta, dalla strofa al refrain, ti si pianta inesorabilmente nel sistema limbico e ti obbliga ad unirti ai bambini per un ultimo “na na na”… E l’assolo? George Lynch ha insegnato qualcosa al signor Meakin, ne sono sicuro. Voglio assolutamente ascoltarla dal vivo! Sarà forse perché arriva dopo la mia canzone preferita, ma “Chance of a lifetime” è forse il pezzo più ordinario e meno significativo dell’album. Mentre il lento “If it’s over” va a piazzarsi esattamente fra “Heaven” dei Tigertailz e “I still think about you” dei soliti Danger Danger. La parola fine la scrive la vivace “Fall to pieces” e non poteva essere altro che l’ennsimo orecchiabilissimo pezzo di hair metal assolutamente all’altezza dei maestri del genere.
Lo avrete capito, “Itch you can’t scratch” non è di sicuro un disco originale. Se cercate questo, rivolgetevi verso altri lidi. Qui c’è una band di veri professionisti, gente che sa suonare, che dal vivo regge egregiamente il palco e fa concerti ogni volta che può. Il che, ad oggi, è quello che si definisce tanta roba. I pezzi sono tanto classici quanto belli, i suoni sono curati al punto giusto. La dose di adrenalina è meticolosamente calibrata. La qualità complessiva è ben al di sopra della media e senz’altro i ragazzi si esprimono meglio in questa veste che non nel progetto parallelo Nitrate. Insomma, se io fossi in voi lo comprerei. E se vedete il loro nome sul cartellone di qualche festival, prendete subito il biglietto! Divertimento garantito! Avanti il prossimo…

© 2021, Vittorio Mortara. All rights reserved.

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