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Recensione

84/100

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Black Star Riders – All Hell Breaks Loose – Recensione

25 Maggio 2013 14 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2013
etichetta: Nuclear Blast

Tracklist:

01. All Hell Breaks Loose
02. Bound For Glory
03. Kingdom Of The Lost
04. Bloodshot
05. Kissin’ The Ground
06. Hey Judas
07. Hoodoo Voodoo
08. Valley Of The Stones
09. Someday Salvation
10. Before The War
11. Blues Ain’t So Bad

Formazione:

Ricky Warwick (vocals)
Scott Gorham (guitar)
Damon Johnson (guitar)
Marco Mendoza (bass)
Jimmy DeGrasso (drums)

Contatti:

http://blackstarriders.com/

 

Se ne sono dette di tutti i colori su questo nuovo progetto nato dalle ceneri della reunion dei Thin Lizzy, e sul se fosse o meno giusto procedere con questa nuova musica, sul se si dovesse o meno mantenere lo storico moniker, sul fatto che l’uscita di un nuovo disco volesse cancellare la memoria di una leggenda come Phil Lynott, sul se invece ciò volesse essere un ulteriore tributo alla sua figura, eccetera, eccetera.

Con l’uscita dalla formazione dei membri storici Brian Downey e Darren Wharton credo che la band abbia fatto il giusto gesto di depositare sui morbidi guanciali della storia l’imponente nome Thin Lizzy per dar vita ufficialmente ai Black Star Riders, sostanzialmente un nuovo gruppo (dei Lizzy resta il solo originale Scott Gorham) che ha debuttato con All Hell Breaks Loose il 24 maggio via Nuclear Blast.

Un disco che è un tributo magnifico non solo ai Thin Lizzy e all’unico e solo ‘the rocker’ Phil Lynott, ma anche all’altrettanto compianto chitarrista Gary Moore. E’ impossibile infatti trovare oggi una musica che meglio ricordi e ci faccia forse nostalgicamente rimpiangere le figure di questi due artisti prematuramente scomparsi, che oggi in parte rinascono e rivivono attraverso la musica dei loro fratelli, di quei Gorham e soci che hanno calpestato con loro i palchi o vissuto le loro stesse emozioni, in un hard rock di matrice britannico-irlandese volutamente e totalmente figlio del loro sound caratterizzante.

Piangeranno lacrime di commozione e gioia i fans all’ascolto di All Hell Breaks Loose di fronte a un album che sicuramente se fosse uscito sotto altro moniker sarebbe stato tartassato dalla critica e definito copia-clone-finto tributo, ma che oggi pubblicato come Black Star Riders diventa un’eccezionale prodotto musicale che combustiona con stile e grazia energia e spirito rock, con emozioni e sentimenti d’altri tempi. Un ascolto, ve lo garantiamo, unico ed appassioante.

Basta ascoltare i primi secondi della title track e opener All Hell Breaks Loose per capire il senso di questo lavoro e la sua indubbia qualità, con il cantante Ricky Warwick che non è più costretto a scimmiottare l’Inimitabile come accadeva con la live reunion, ma che torna se stesso, dando vita a una prova assolutamente sugli scudi, forse la migliore della sua carriera. Bound For Glory è l’omaggio definitivo ai Thin Lizzy, dove Gorham si trova alla perfezione a duettare con Damon Johnson esattamente come faceva trent’anni fa con Robertson o Moore, mentre a metà tra Emerald e Over the Hills and Far Away Kingdom Of The Lost appare come una delle tracce più belle dell’intero lotto per atmosfera, appeal e suoni folkloristici. Bloodshot è una dinamitarda cavalcata al ritmo del drumming del bravo Jimmy DeGrasso e del sempre perfetto Marco Mendoza, con un refrain che ancora ha il sapore forte della musica di Moore, e Kissin’ The Ground di contro una canzone più personale e meno influenzata, ma altrettanto riuscita.

Giro di boa con un’altro capolavoro, Hey Judas, che risveglia l’animo più puramente rocker di questi veterani poggiando forte sul bel riffing gemello di Gorham-Johnson. Hoodoo Voodoo è un bel motivo alla Lynott con un approccio divertente e diverito, e Valley Of The Stones un ritmato esempio di hard rock granitico e carico di groove e coralità sul suo ritornello. Ed eccoci in conclusione al terzetto finale, dove Someday Salvation rispolvera quella particolare musicalità e ironia di Phil con un ‘shananana’ corale da antologia e Before The War le trame atmosferiche del miglior Moore, esplodendo in un refrain tra i migliori in assoluto nella tracklist. Chiude Blues Ain’t So Bad che (come da titolo) risplende di animo blues e porta il nostro sangue ancora una volta a ribollire nelle vene grazie alla magica intensità di ogni sua nota.

IN CONCLUSIONE..

Ogni dubbio sulla bontà di questo progetto è stato cancellato come gesso su una lavagna, e l’universo rock internazionale si gode oggi un album tra i più belli in assoluto tra quelli usciti negli ultimi anni. A penalizzare All Hell Breaks Loose è solo l’eredità artistica, troppo grande e pesante per essere ignorata, e uno stile che è sì volutamente non originale, ma che non ci permette di lasciarci andare a un giudizio più alto di quello dato.

Merito infine al non ancora citato Kevin Shirley (Led Zeppelin, Iron Maiden, Aerosmith, Rush) di aver lavorato alla perfezione suai suoni, con una produzione calda e intensa (ma allo stesso tempo a passo con i tempi) che dona ulteriore qualità a questo piccolo capolavoro degli anni duemila.

© 2013 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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