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Recensione

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First Night – Deep Connection – Recensione

07 Febbraio 2023 2 Commenti Giulio Burato

genere: AOR
anno: 2023
etichetta: Self Released

Tracklist:

01. These Hearts
02. Little Love
03. Beginning Of The End
04. Savage Heart
05. It’s Only Feeling
06. Love Me
07. Don’t Ever Say Goodbye
08. Someone
09. Is Your Love Alive
10. Talk To Me
11. Suddenly
12. Can’t Forget
13. In The Name Of Our Love

Formazione:

Reneck Sweet – Lead vocals
Mikk Tivas – Guitars, keyboards, backing vocals
Kristjan Aasamäe – Drums, backing vocals

Contatti:

Pagina FB: https://www.facebook.com/FirstNightEst

 

Seconda uscita discografica per gli estoni First Night, dopo l’omonimo debut-album, uscito ad inizio del 2019, che suscitò un certo interesse anche sul nostro sito.
Devoti all’AOR degli anni Ottanta, le band da cui attingono sono Blue Tears, Boulevard, Strangeways, Dalton, Bryan Adams e, per la parte più pop, si notano anche cenni dei Roxette. Quantità industriali di tastiere e di melodie ammiccanti la fanno da padrona in ogni singolo pezzo proposto dalla band estone, anche se, alla lunga, l’immediatezza del ritornello si scontra con la potenziale longevità delle canzoni.

I primi singoli risalgono, stranamente, a fine 2019, anno della prima uscita discografica. “Little love”, canzone di stampo Aor, fresca e dal ritornello perfetto, da cantare e ricantare, a mio avviso, hit dell’album; a seguire “Talk to me” con linee vocali di facile presa, come buona parte delle restanti canzoni. A ruota, altri due singoli; in ordine di apparizione la bella “It’s only a feeling”, uscita nel febbraio del 2021, mentre “These hearts” è uscita a metà dello stesso anno. Dopo ben 18 mesi esce a inizio 2023 “Deep connection” che annovera, oltre i singoli sopracitati, altre nove più recenti canzoni. Altri buoni suggelli sono “Love me” che si caratterizza da un bel lavoro in simbiosi tra chitarre e tastiere, la coralità del lento “Don’t ever say goodbye” e “Someone”, canzone di stampo rock. “In the name of our love” ha una reminiscenza dei Def Leppard mimetizzata dall’abbondante presenza di tastiere, citerei infine la romantica e malinconica ‘Can’t forget’.

Certo a voler essere puntigliosi, i titoli delle canzoni magari non entreranno nella storia musicale per originalità ed anche se alcune melodie sono dei piccoli deja-vu (“Savage heart” e “Suddenly”), il disco si lascia ascoltare con piacere. Nel complesso quindi “Deep Connection” è un album gradevole e con spunti interessanti, magari si poteva optare per qualche canzone in meno evitando alcuni riempitivi, per dare al disco una maggiore compattezza. Quindi, anche se personalmente sono rimasto maggiormente sorpreso dall’esordio, la loro evoluzione prosegue su una rotta solida e ben tracciata.

© 2023, Giulio Burato. All rights reserved.

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