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05 Maggio 2025 6 Commenti Luke Bosio
genere: Hard Rock
anno: 2025
etichetta: Escape
Tracklist:
The Last Unicorn (7:22)
Arbeit Macht Frei (4:57)
Still Me (4:31)
Silent Killer (6:54)
Rainbow’s End (5:36)
Rage of Angels (7:06)
Murder at Midnight (4:07)
Bouncing Betty (4:31)
Sign of the Wolf (7:28)
Formazione:
Andrew Freeman: voce (Last In Line)
Doug Aldrich: chitarra solista (Dead Daisies/Whitesnake/Dio/Hurricane)
Fredrik Folkare: chitarra solista/ritmica e basso (Unleashed/Eclipse)
Steve Morris: chitarra (Heartland/Lonerider/Ian Gillan Band)
Steve Mann: chitarra (Lionheart/MSG/Lonerider/OuseyMann)
Vinny Appice: batteria (Black Sabbath/Dio/LastIn Line)
Josh Devine: batteria (One Direction/Lavera/Turkish Delight)
Johan Kullberg: batteria (Hammerfall)
Chuck Wright: basso (Quiet Riot/Giuffria)
Mark Boals: basso e backing vocals
Tony Carey: testiere (Rainbow)
Mark Mangold: tastiere (Touch/Drive She Said)
Come ben sapete, ci sono alcuni dischi che per determinate generazioni hanno lasciato un segno indelebile del loro passaggio.
Al 90% questi vengono chiamati unanimemente ”dischi importanti o dischi fondamentali” e dato che siamo in tema di percentuali diamo un buon 85% di possibilità che questi album siano usciti nella decade settantiana e ovviamente stessa percentuale va attribuita a quelli prodotti nella decade successiva, quella degli anni ottanta. Indipendentemente dall’età anagrafica dell’ascoltare (medio) interessato alla musica Rock funziona proprio in questo modo. Poi, ci sono anche dischi tra quelli importanti che hanno dato il via a provetti /improvvisati musicisti a cimentarsi con i loro strumenti spinti ad emulare con la chitarra K.K. Downing (Judas Priest) chi Tony Iommi (Black Sabbath) o Steve Harris (Iron Maiden) per lo strumento a quattro corde. Per giungere poi a emuli di James Hetfield (Metallica) o John Petrucci (Dream Theater). Questi sono gli ultimi idoli luminari ad aver ispirato una generazione.
Tornando a noi, per prima cosa c’è da mettere in evidenza come quello dei SIGN OF THE WOLF è un progetto nato da un’idea di Bruce Mee (fondatore della rivista Fireworks) e Khalil Turk (boss della casa discografica inglese Escape Music) quindi non si tratta affatto di una nuova band con chissà quali mire artistico/commerciali e bla, bla, bla….quindi, ciò che mi preme di fare subito è porre alla vostra attenzione chi ha suonato/collaborato a questo progetto, ovvero:
Andrew Freeman: voce (Last In Line)
Doug Aldrich: chitarra solista (Dead Daisies/Whitesnake/Dio/Hurricane)
Fredrik Folkare: chitarra solista/ritmica e basso (Unleashed/Eclipse)
Steve Morris: chitarra (Heartland/Lonerider/Ian Gillan Band)
Steve Mann: chitarra (Lionheart/MSG/Lonerider/OuseyMann)
Vinny Appice: batteria (Black Sabbath/Dio/LastIn Line)
Josh Devine: batteria (One Direction/Lavera/Turkish Delight)
Johan Kullberg: batteria (Hammerfall)
Chuck Wright: basso (Quiet Riot/Giuffria)
Mark Boals: basso e backing vocals
Tony Carey: testiere (Rainbow)
Mark Mangold: tastiere (Touch/Drive She Said)
Bisogna inoltre rimarcare il fatto che questo è un album difficile da comprendere e da ascoltare al giorno d’oggi per chi non conosce (leggi ama) la storia dell’Hard Rock. Quello dei Sigh of the Wolf è il perfetto anello di congiunzione tra passato e presente, un episodio isolato posto a cerniera tra i fumogeni Seventies e i fluorescenti Eighties. Nove tracce meravigliose cucite attorno alle classiche partiture del genere, con eccellenti ricami solisti di Doug Aldritch – qui davvero al top della forma – e un ordito di Hammond di Tony Carey che si intersecano alla perfezione ricreando (in alcuni epidodi qui presenti) la magia dei Rainbow di ”Rising”. Senza tralasciare l’enorme lavoro di Andrew Freeman dietro al microfono, decisamente più ispirato e sul pezzo qui che non sui tre dischi pubblicati sinora con Last In Line.
Come dice l’accattivanete biografia che accompagna il materiale promozionale messo a nostra disposizione, trattasi di un disco volutamente di omaggio alla musica di R.J. Dio, quindi non vale puntare subito il dito e con saccenza inopportuna dire: ”Eh però, questa qui ricorda ”Tarot Woman” … ”Eh ma, questo riffone è identico a ”Stand Up And Shout” (‘’Arbeit Macht Frei’’ in effetti è la modernizzazione riuscita di tale brano). Certo che è così! L’hanno fatto di proposito ed riuscito dannatamente bene. Questo disco, a cui non si può dare meno che il massimo dei voti, ci dice due cose fondamentali: la prima è che l’Hard Rock di classe è ormai tramontato decine di anni fa. La seconda ci fa capire quanto ampia sia la distanza tra tra ciò che era inteso un tempo come ”MUSICA HARD ROCK” e la pochezza delle proposte di riferimento odierne. Sono del fermo parere che gli amanti di bands come Whitesnake, Black Sabbath (per lo più quelli con Tony Martin alla voce) e Rainbow, difficilmente troveranno ancora qualcosa di così stimolante negli anni a venire. Sign of the Wolf è l’eccezione alla regola ed è stato scritto da gentaglia che in passato ha creato e fatto grandi proprio queste sonorità. Come detto è un disco per l’80% orientato sul periodo Rainbow di Ronnie James Dio ma non solo, ci sono alcuni episodi che esulano da questa categorizzane e che si abbeverano alla fonte del Melodic Rock inglese (non AOR) riconducibile al sound dei Magnum e per proprietà transitiva a quello dei Ten di Gary Hughes. Due sono i brani esplicativi di quanto detto poc’anzi: il primo risulta essere l’epica opener di 7 minuti dal titolo “The Last Unicorn’’, assoluta magnificenza Melodic Hard Rock 70iana e la conclusiva composizione che porta in seno oltre al nome dell’intero progetto, altrettanti 7 minuti di progressioni Sabbathiane in pieno periodo 1987/90 il riferimento ovviamente va alla triade “The Eternal Idol/Headless Cross/Tyr’’. Nel bel mezzo ci sono altri episodi pregevoli come la tellurica “Silent Killer’’, con il suo incedere avvolgente rimembrante le prime cose dei Pretty Maids, ritornello clamoroso incluso! Poi “Rainbow’s End’’ brano dotato di sognanti melodie tipicamente British alla Ten e l’ennesimo ritornello ficcante. Il sound dei Rainbow si fa risentire prepotentemente su ‘’Rage of Angels’’, l’ispirazione è quella di ‘’Rising’’, la composizione è cruda e nervosa, con una produzione che non smussa ne addolcisce, ma mette in evidenza fulmini potenti e asprezze autorevoli tipiche della nostra amata musica. ”Murder At Midnight” è scattante e piaciona. Una composizione tipica di quel Metal da classifica simil ”Hungry for Heaven” / ”Rock’n’ Roll Children” dal (troppo) bistrattato ”Sacred Heart” album del 1985 della band di Ronnie James Dio, figlio anche lui di un’epoca lontana ma che ricordiamo sempre volentieri.
Insomma, siamo al cospetto di un lavoro minuziosamente composto, arrangiato ancor meglio e curato in ogni singolo dettaglio. Un disco dedicato a tutti gli amanti della musica Hard Rock di classe, nessuno escluso e Ronnie James Dio ascoltando anche lui questo disco ci sta rivolgendo un bel sorriso e il suo pollice ovviamente rivolto verso l’alto in segno di totale approvazione. Hard Rock! Scusate il voto di 100/100 , mu questa è la musica con cui sono cresciuto negli anni Settanta e Ottanta, musica che mi tocca ancora nel profondo l’anima. So che ci saranno lamentele sul fatto che questo materiale non sia sufficientemente all’altezza delle band di cui sopra, ma questo non è un progetto per fare meglio di quei dischi (IMPOSSIBILE), questo è un album che dice ancora quanto per un determinato pubblico manchino i vecchi gloriosi tempi, quando le grandi band facevano album strepitosi. Tutti gli artisti coinvolti in questo progetto volevamo provare almeno a fare qualcosa di vicino ai loro padri ispiratori. Vecchia scuola, e ne sono fiero! Sarebbe da appiccicare sul davanti del disco l’etichetta “+50 only’’ dato il target d’età verso cui è indirizzato è decisamente quello!
Ultima postilla personale a concludere questa lunga recensione va ai possibili dati di vendita nonché di fruizione di questo prodotto nel 2025 dato che saranno di poco superiori alle 1000 copie, temo. Serenamente posso assicurare che se il disco SIGN OF THE WOLF fosse uscito a cavallo tra il 1984 e il 1986 avrebbe facilmente venduto 2 milioni di copie. Ma si sa, quelli erano altri tempi e c’erano altri ascoltatori, ma il rammarico resta.
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