Jared James Nichols – Jared James Nichols – Recensione

Una cascata di riccioli biondi che ricadono su quasi due metri d’uomo e un amore viscerale per il blues: Jared James Nichols nasce a fine anni Ottanta nel Wisconsin e cresce ascoltando Stevie Ray Vaughan, Albert KingMuddy WatersHowlin’ Wolf. Nel 2010, dopo essersi trasferito a Los Angeles in seguito alla vittoria del “Gibson Les Paul Tribute Contest”, comincia a strizzare l’occhiolino al rock. Abbandonati gli studi di chitarra al Berklee College of Music, decide di smettere di usare il plettro, prediligendo le dita e sviluppando uno stile personale.

Forma un power trio con il bassista Erik Sandin e col batterista Dennis Holm e pubblica due dischi, Old Glory & The Wild Revival (2014) e Black Magic (2017) che gli permettono di andare in tour con artisti del calibro di Blue Öyster Cult, UFO, Saxon, Fozzy e Living Colour, e di dividere il palco con alcuni dei suoi idoli come Joe Bonamassa, Slash, Steve Vai, Leslie West, Peter Frampton, Billy Gibbons e Zakk Wylde.

Nel frattempo collabora con Epiphone alla realizzazione di due chitarre signature.

Dopo la pandemia del 2020, che lo costringe a interrompere il tour europeo, Nichols riprende l’attività live non appena possibile, ma durante una serata si infortuna sollevando una “road case” (i classici contenitori protettivi di strumentazione musicale). L’inevitabile operazione gli lascia in eredità una placca e 16 viti nel braccio destro, oltre alla necessità di riguadagnare l’uso dello stesso e la sua manualità con la chitarra. Cosa che fortunatamente gli riesce e che poi sfocia nella terza ed autointitolata fatica discografica, la prima per Black Hill Records.

Prodotto da Eddie Spear (Zach Bryan, Slash, Rival Sons), e con l’apporto del nuovo bassista Clark Singleton, il platter segue le orme dei suoi predecessori ed offre un hard rock a tinte blues d’impatto, semplice nell’approccio ma tecnicamente pregevole. Registrando in studio in presa diretta (ad eccezione delle voci), con poche sovraincisioni, Nichols ha cercato di dare all’album un sound che ricordasse il più possibile le atmosfere di un concerto, macinando riff su riff ed aggiungendo le sue caratteristiche vocals energiche e taglienti. Sin dalla quadrata opener “My Delusion”, che puzza tanto di vecchi Aerosmith quanto di Mountain e Led Zeppelin, si capisce che fra questi solchi ci sarà da divertirsi. L’hard rock boogie di “Easy Come, Easy Go” spiana la strada a “Down The Drain”, pezzaccio à la Soundgarden per cui è stato girato anche un (bel) video. “Hard Wired”, altro singolo, mostra i muscoli e ancora una volta non nasconde una chiara ispirazione 90s. Le successive “Bad Roots” e “Skin ‘n Bone”, anch’esse già singoli, spingono un po’ il piede sull’acceleratore mentre la voce di Nichols graffia su melodie accattivanti e convincenti. Giunti al giro di boa più che soddisfatti, le aspettative diventano alte per la seconda metà del disco. Qui non vengono disattese grazie ad altri sei brani di buonissima fattura, fra cui spiccano in modo particolare “Shadow Dancer”, canzone che potrebbe esser stata scippata dal songbook degli Audioslave, e la sabbathiana “Hallelujah”, condita da uno degli assoli più infuocati delll’intero album.

IN CONCLUSIONE

Senza stravolgere la sua proposta, ma infilando nel suo classico rock blues qualche elemento più vicino al grunge (movimento che non ha mai negato di apprezzare), Jared James Nichols confeziona un platter esaltante, che passaggio dopo passaggio lascia viva nell’ascoltatore la convinzione di trovarsi di fronte al suo miglior lavoro fin qui realizzato.

Il CD in nostro possesso è un digipack a 2 ante, purtroppo privo di booklet coi testi.

The Cruel Intentions – Venomous Anonymous – recensione

Quattro anni e una pandemia dopo l’esordio sulla lunga distanza No Sign Of Relief, torna all’attacco col suo secondo lavoro in studio il gruppo portabandiera dello sleaze metal made in Norvegia, The Cruel Intentions. La band, fondata nel 2015 dal cantante Lizzy DeVine, dal bassista Mats Wernerson, dal chitarrista Kristian Solhaug e dal batterista Eiliv Sagrusten (in seguito sostituito da Robin Nilsson), ha da subito attirato su di sé una certa curiosità da parte di fan e addetti ai lavori per via della presenza del frontman svedese, noto per i suoi trascorsi nei Vains Of Jenna. Della bontà del debut album di questo gruppo vi avevamo già parlato all’epoca della sua pubblicazione (qui), ma sarà riuscito questo nuovo capitolo del combo scandinavo a bissare quel piccolo e moderno gioiellino rock and roll? Vi sveliamo subito il finale e vi diciamo che secondo noi sì, c’è riuscito appieno. Lo ha fatto mettendo in tavola gli stessi ingredienti, rigiocandosi una formula vincente fatta di chitarre aggressive, ritornelli ossessivi e cori possenti, su cui le vocals taglienti come rasoi di DeVine vanno a nozze! Impreziosito dal contributo di Erik Mårtensson (Eclipse, Nordic Union, W.E.T.), che oltre a fornire chitarre aggiuntive e backing vocals ha mixato, masterizzato e prodotto l’album, Venomous Anonymous si attesta su livelli altissimi fin dall’opener “Reapercussion”, singolo e video che assieme a “Sunrise Over Sunset” e “Kerosene” ha aperto le danze qualche mese fa. Livelli da cui, di fatto, non scende mai, nemmeno quando si avventura in un pezzo in lingua svedese (“Salt I Ditt Sår”) o quando preme un po’ il piede sul freno (“Bad Vibes”). Veloce, roccioso, melodico e a tratti persin zuccheroso, questo disco fa della qualità del songwriting il suo punto di forza assoluto. Pescando qua e là da Ratt, Poison, Guns N’ Roses e Hardcore Superstar, ma con un marchio di fabbrica ben evidente, i The Cruel Intentions confezionano un sequel che supera in gradimento il suo predecessore, seppur di pochi punti. Un album, il primo, il cui valore è stato riconosciuto anche dal regista e produttore cinematografico James Gunn (The Suicide Squad, Guardiani della Galassia) che ha voluto ben tre canzoni nella colonna sonora di Peacemaker, serie sequel di The Suicide Squad focalizzata sull’omonimo personaggio interpretato nel film dal famosissimo wrestler della WWE John Cena.

IN CONCLUSIONE

Solitamente è uso di chi scrive concludere la recensione con una nota sul packaging, assente questa volta in quanto la curiosità di ascoltare questo lavoro in anteprima ha prevalso sull’attesa di ricevere il prodotto fisico!

Donna Cannone – Donna Cannone – recensione

Il progetto Donna Cannone ruota attorno alla chitarrista italiana, ma da anni trapiantata in Svezia, Giorgia Carteri, che ha dato vita a questa sorta di super-gruppo assieme al suo amico cantante/bassista Luca D’Andria, a cui si sono poi aggiunti la sua ex compagna di band nelle Thundermother Tilda Nilke Nordlund alla batteria, e il suo fidanzato Bjorn “Speed” Strid (Soilwork, The Night Flight Orchestra, At The Movies) alla chitarra solista.

Dopo aver scritto qualche pezzo e trovato un contratto con la Despotz Records, etichetta con base a Stoccolma in passato già label proprio delle Thundermother, il gruppo ha esordito ufficialmente il 25 Settembre 2020 con la pubblicazione del video dell’opener “Cross The Line”. Un brano che da solo svelava già quelli che poi sarebbero stati i punti cardine dei successivi singoli e video “Nothing To Do“ e “Is It True” (in cui è apparsa come ospite una rediviva Mia Karlsson delle Crucified Barbara) e del debut album: hard rock di stampo scandinavo condito da riff energici, drumming sostenuto, cori zuccherosi e melodia a fiumi, con una spruzzatina di glam rock a corredo. La voce graffiante di D’Andria, un altro italiano trasferitosi in Svezia ormai parecchi anni fa, è talmente particolare da riportare subito alla memoria i suoi Cowboy Prostitutes, sleazy rock ‘n’ roll band autrice di tre bei lavori nel quinquennio 2004/2009, periodo in cui utilizzava il nome d’arte Luca Isabelle. Ma a parte questo, un pregio dei Donna Cannone è una certa personalità nel songwriting, che rende la proposta interessante e, a tratti, persin “originale”. Nei mesi scorsi, dopo aver assimilato i tre singoli, la domanda sorgeva spontanea: il resto dell’album sarà all’altezza? La risposta è indubbiamente sì! Forte anche di una tracklist che si è con intelligenza fermata a dieci tracce, un numero che non scontenta mai l’acquirente e che facilita il compito di evitare di inserire dei filler, il platter scorre che è una meraviglia dall’inizio alla fine, confermando la propria bontà ascolto dopo ascolto grazie a canzoni come la sleazy e taglientie “Look Around You”, uno dei pezzi più vicini allo stile dei Cowboy Prostitutes del lotto; la rocciosa “Pushed”, che rimanda al periodo d’oro del revival sleaze/glam post “Rest In Sleaze” e la più rotonde e atmosferiche “Lost City’s Long Lost Friend” e “The North”. Insomma, se il tipo di rock and roll presentato coi singoli apripista è di vostro gradimento, il disco vi piacerà (quasi) sicuramente.

La versione in nostro possesso è un digipack con doppia tasca contenente CD e booklet di 16 pagine completo di foto, crediti e tutti i testi.

IN CONCLUSIONE

Sapientemente mixato da Chris Laney (At The Movies, Gathering Of Kings, Zan Clan, Animal, Pretty Maids) e masterizzato da Dan Swanö (Bloodbath, Katatonia, Edge of Sanity, Nightingale), a conti fatti l’esordio dei Donna Cannone è davvero una… cannonata!

Small Jackets – Just Like This! – Recensione

Uscito nel Dicembre del 2021, il quinto lavoro degli Small Jackets segue di ben otto anni il suo predecessore. Edito congiuntamente dalle due etichette che da tempo collaborano con il quartetto (l’italiana Go Down Records, che si è occupata del vinile, e la svedese Transubstans Records, che ha invece curato il CD), l’album è stato registrato al Deposito Zero Studios di Forlì e masterizzato a La Maestà di Tredozio (FC) da Giovanni Versari, un fonico che ha legato il suo nome, fra gli altri, a quello dei Muse del pluri-premiato Drones. Forte di una formazione ormai consolidata, il combo tricolore mette in pista nove brani di infuocato rock and roll di stampo scandinavo (The Hellacopters, Backyard Babies), infarcito con maestria di soluzioni più classicamente hard rock e blueseggianti (il fantasma dei primi Aerosmith aleggia su buona parte delle composizioni). Breve (circa 32 minuti) ma intenso, il disco si lascia ascoltare con piacere grazie a suoni pregevoli e ad una prestazione eccellente da parte dei musicisti. Just Like This! ha anche il pregio di non contenere filler, sebbene il rnr “funkeggiante” di “Getting Higher”, quello scuotichiappe di “Breakin’ The Line” e quello più anthemico di “Get Out Of My Way” sembrino avere una marcia in più. Una caratteristica che forse è sempre un po’ mancata ai lavori degli Small Jackets è stata la capacità di trasportare sul supporto ottico almeno una parte di quella strabordante carica live che da sempre li contraddistingue sul palco. Stavolta non è così: a patto di concedere a questo album qualche più che necessario giro sul piatto del giradischi (o se preferite nel lettore CD), per assimilarlo al meglio in quanto non proprio immediatissimo, si verrà catapultati on-stage, nel bel mezzo di un loro incendiario concerto!

IN CONCLUSIONE

Senza dubbio la produzione più indovinata del nuovo corso, che vede il bassista Mark Oak occuparsi anche delle parti vocali, e molto probabilmente una delle migliori, se non la migliore in assoluto della discografia di questo gruppo. La versione in nostro possesso è quella in CD: si tratta di un digipack a 2 ante con tray trasparente ma nessuna tasca o taglio per il libretto; il booklet, infatti, è assente, ed è un po’ un peccato non poter leggere i testi.

Michael Jessen – Memories – Recensione

Avere un mito come John Norum e suonare la chitarra come lui deve essere il sogno di tanti appassionati della sei corde… Questo è il caso di Michael Jessen, chitarrista dalle ottime potenzialità proveniente dalla Danimarca. Considerando che Michael suona tutte le chitarre dell’album e che come ospite trova proprio il suo “idolo” John Norum fa ben sperare sulla riuscita del progetto. Arruolati Goran Edman alla voce, Christoffer Hoaas al basso e Mads Grunnet alla batteria non è restato altro che incidere questo Memories. L’album è composto dalle 4 tracce dell’EP uscito nel 2012,  più 6 nuove canzoni, e con l’appoggio della label Massacre Records ecco prendere vita il platter.

Un album che passa dal classico melodic rock all’AoR più robusto e che trae ispirazione proprio da John Norum. 40 minuti di buona fattura, dall’hard rock più roccioso dell’opener Broken Heart e Everything Comes to An End, al rock più melodico del singolo My Own Funeral dove la sei corde di Jessen sprigiona riff e assoli a ripetizione. Blackwater trova ospite alla chitarra Norum e senza dubbio è una delle migliori tracce dell’album. Hard Rock potente, assolo da brividi e riff semplice ma di grande effetto. La prima ballad The Rose si apre con un arpeggio e riesce a catturare l’ascoltatore con la sua semplicità. Runaway torna a parlare il rock più duro dove batteria e basso pestano forte, un gran pezzo. La seconda ballad Prisoner è più sognante, pianoforte e voce in primo piano, il ritornello con archi e doppie voci la rende dolcissima. Il titolo della seguente song, Dreams Die Hard, parla da solo; una bomba hard rock molto eightes, un riff tagliente e un ritornello ben riuscito completano un altro ottimo tassello dell’album. Lost In L.A. nella sua breve durata risulta più radio-friendly, le chitarre fanno spazio alla melodie ma non convince molto il refrain. La chiusura è affidata ad un brano totalmente strumentale; Freefall è un episodio lento, una “ballad” triste ma che sprigiona energia ad ogni singola nota di Jessen…ma che ad un certo punto esplode in un hard rock cupo ma potente e ritmato. Sembra quasi di sentire una jam session del chitarrista scandinavo. Molto bella.

IN CONCLUSIONE:

Chi ama l’hard rock scandinavo con l’impronta di Norum non può perdersi questo lavoro.  Ancora qualche imperfezione sul mixaggio sonoro ma nulla di grave.

Gli Skin “rompono il silenzio”

Skin - Breaking the SilenceBreaking The Silence“, questo il titolo del nuovo lavoro in studio degli hard rocker Inglesi Skin già disponibile tramite il loro web shop (qui il link per ordinare il disco).

Gli Skin, che godono di una buona notorietà in patria,  si riunirono nel 2009 dopo ben 11 anni di inattività per dare alla luce l’ottimo album completamente acustico Up Close & Personal.

Breaking the Silence è invece un album “elettrico” (nel senso di non acustico 😉 ), caratterizzato dal loro forte stile Hard Rock da palcoscenico… basta ascoltare Born to Rock and Roll per rendersene conto.

La copertina dell’album sicuramente non brilla per bellezza, ma per il resto se siete amati dell’Hard Rock di matrice Inglese fate un pensierino a questo nuovo lavoro degli Skin.

Tracklist dell’album:

  1. Bad Reputation
  2. Indestructible
  3. Redemption
  4. Born To Rock & Roll
  5. Good To Be Back
  6. Stronger
  7. When I’m With You
  8. The Book Of Your Life
  9. Trigger Inside
  10. Don’t Call It Love
  11. Can You Feel It

Formazione:

Myke Gray
Neville MacDonald
Andy Robbins
Dicki Flizsar

link al sito ufficiale degli Skin:

http://www.skinfreak.co.uk/

Firefest 2010 – aggiornamento band, date e orari

Firefest 2010 Friday PosterUltimi aggiornamenti sul Firefest 2010, la grande kermesse europea di musica Aor, Melodic Rock e Hard Rock che si terrà a Nottingham (Inghilterra) dal 29/10 al 31/10.

Di seguito trovate l’elenco delle band e degli orari in cui saliranno sul palco in questa 3 giorni di grande musica, per la serata di venerdì al momento non ci sono più biglietti disponibili.

Venerdì 29/10 (400 posti tutti ESAURITI)

Apertura cancelli: 19.00

Reckless Love : 19.00 – 20.30
Crazy Lixx 20.50 – 21.50
HEAT : 22.15 – 23.30

Sabato 30/10

Apertura cancelli: 12.45

Grand Illusion : 13.15 – 13.55
Beggars and Thieves : 14.15 – 15.10
Bangalore Choir : 15.30– 16.30
Shotgun Symphony : 16.50 – 17.50
Bonfire : 18.10 – 19.15
Dare : 19.40 – 20.45
Lynch Mob : 21.10 – 22.20

Domenica 31/10

Apertura cancelli: 12.45

Grand Design : 13.15 -13.55
Newman : 14.15 – 15.10
Stage Dolls : 15.30 – 16.30
Strangeways : 16.50 – 17.50
Pretty Maids : 18.10 – 19.15
Jimi Jamison : 19.40 – 20.45
Nelson : 21.10 – 22.20

Se avete intenzione di partecipare a questo che è veramente l’Evento per eccellenza nel panorama del Melodic Rock e Aor a livello Europeo vi conviene affrettarvi, i biglietti se ne stanno andando velocemente… 🙂

Se volete maggiori informazioni leggete questo articolo o andate direttamente sul sito ufficiale (http://www.thefirefest.com/)

Buon Melodic Rock a tutti 😉

Una Web Radio di solo AOR, Melodic Rock e Hard Rock

Frontiers Web Radio

In Italia trovare una stazione radiofonica che trasmetta musica AOR, Melodic Rock o Hard Rock non è proprio un’impresa facilissima. Diciamo che le uniche emittenti che possono essere annoverate in questo ambito, ma prendendola molto alla lontana, sono Radio Capital, RadioMonteCarlo e la migliore e più vicina per genere è sicuramente Virgin Radio.
Però anche in questi casi per lo più possiamo riconosce qua e la qualche vecchio pezzo storico (Journey, Meat Loaf, Whitesnake, Survivor…) ma ben poco altro.

Se però quello che cerchiamo è veramente una radio che trasmetta principalmente SOLO Aor e Melodic Rock non disdegnando anche le ultime uscite o gruppi più di nicchia allora il panorama diventa veramente desolante.
Fortunatamente, anche in questo caso internet ci viene in aiuto, e la soluzione si chiama Web Radio.
La prima a cavalcare l’onda di questo nuovo fenomeno è ancora una volta la Frontiers Records che da sempre è molto attiva sul web,  infatti è una delle poche etichette ad avere un sito internet decente ed al passo con i tempi.

Da qualche tempo infatti la Frontiers ha attivato la sua personale Web Radio (http://www.frontiers.it/frontiers/webradio) che trasmette solo ed esclusivamente musica Melodic Rock, Aor e Hard Rock.
Ho provato ad utilizzare il servizio ed è veramente validoil collegamento con la web radio è stabile e la scaletta dei pezzi è molto varia, tra l’altro vengono passati a rotazione anche pezzi in anteprima di album di prossima uscita.
Unico inconveniente,  facile da intuire, è che vengono trasmessi solo band ed autori sotto contratto con la Frontiers. Ricordiamoci però che al momento la Frontiers ha sotto contratto alcuni tra i più validi artisti del panorama Melodic Rock e Aor.

Di seguito alcuni link per raggiungere la Web Radio della Frontiers:

http://www.frontiers.it/frontiers/webradio –> presentazione della web radio

http://www.frontiers.it/webradio –> accesso alla web radio

Buon ascolto a tutti! 😉

Pretty Maids – Pandemonium – recensione

Recensione tardiva essendo quest’album uscito a maggio… ma mi sento scusato, all’uscita www.MelodicRock.it era ancora in piena gestazione. 😉
Ci tenevo però a recensirlo perchè questo è al momento il disco HARD ROCK MELODICO DELL’ANNO!

I Pretty Maids si formano nel 1981 dal chitarrista Ken Hammer (all’anagrafe Kenneth Hansen) e dalla voce Ronnie Atkins (all’anagrafe Paul Christensen) come cover band di gruppi come Rainbow e Thin Lizzy. La loro carriera ormai trentennale è di tutto rispetto avendo suonato con gruppi del calibro di Balck Sabbat, Saxon, Nazareth, Venom, Heavy Pettin’,Wishbone Ash, Savage Grace, Running Wild, Metallica e Warlock.
Anche se bisogna aspettare il ’90 e vari cambi di formazione (ma voce e chitarra rimarranno sempre gli stessi) per vedere l’arrivo della fama (più che meritata) per i Pretty Maids.  Parte del loro successo è dovuto sicuramente alla perfetta simbiosi tra voce e chitarra che dopo il discreto Wake up to the Real World del 2006 ritorna oggi con questo Pandemonium, lavoro in cui sicuramente il binomio danese Hammer / Atkins raggiunge una maturità artistica di tutto rispetto.
Attenzione nell’album c’è pure la partecipazione di Barack Obama

Continue…