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Mario Percudani (Hungryheart) – intervista

Mario Percudani (Hungryheart) – intervista

04 Agosto 2015 6 Commenti Alessandro Lifonti

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Mario Percudani, insieme ad Alessandro Del Vecchio (leggi l’intervista) e Pierpaolo “Zorro11” Monti (leggi l’intervista) è sicuramente tra i personaggi più influenti e attivi sul piano internazionale dell’attuale panorama AOR / Melodic Rock e Hard Rock Italiano.
Chitarrista dallo stile e talento unico che ha collaborato negli ultimi anni con nomi come Mitch Malloy, Axe, Kelly Keeling, Nigel Bailey e Ted Poley giusto per citarne alcuni, deus ex machina dietro l’etichetta indipendente Tanzan Music e chitarra e seconda voce di una delle più belle realtà italiane dell’hard rock melodico, ovvero gli Hungryheart (qui la recensione del loro ultimo album Dirty Italian Job).
Il nostro Alessandro Lifonti ha avuto il piacere di scambiare due parole con Mario parlando di musica, della sua carriera e del panorama attuale Italiano ed Internazionale del nostro genere…

Denis Abello

Intervista a cura di Alessandro Lifonti

MR: Abbiamo il piacere di avere tra noi uno dei più bravi chitarristi della scena melodicrock italiana ed internazionale del momento. Mario, benvenuto tra noi.
MP: Grazie Alessandro e MelodicRock.it…..è davvero un piacere passare un po’ di tempo con voi!

MR: Mario, com’è nata la tua passione musicale, e soprattutto per questo genere?
MP: Tutto nasce da piccolo quando ho iniziato a sentire un’attrazione fortissima per la chitarra e mi sono avvicinato in maniera autodidatta. Ho sempre cantato quindi ho sempre visto la chitarra come un qualcosa di complementare alla voce, alle melodie. Infatti la mia prima band è stata un trio nel quale cantavo e suonavo… non avevamo ancora le idee chiare all’inizio, quindi la scaletta spaziava dagli uriah heep, lynyrd skuìyrd e hendrix, fino ai metallica, i motley crue e gary moore! eheehhe… però almeno ci è servito per imparare e assimilare tante influenze. Ma al melodic rock mi sono avvicinato scoprendo e ascoltando gruppi come Giant, Tyketto, Bad English, Danger Danger, Whitesnake. Io e Josh Zighetti, cantante degli Hungryheart, siamo nati e cresciuti nello stesso (piccolissimo) paese e da sempre abbiamo condiviso la passione per questo genere…..lui all’inizio era un chitarrista ritmico, poi gli proposi di cantare in un nuova band… e così sono nati gli HH e le prime canzoni.

MR: A che età hai incominciato a suonare la chitarra e come hai mosso i primi passi nel mondo della musica?
MP: Ho iniziato che avevo quasi 8 anni……. ovviamente a quell’età suonavo soprattutto musica italiana e ogni tanto sentivo qualche disco internazionale anni 70 e 80. Ma fin da piccolo ogni situazione era buona per poter suonare e cantare….. ricordo che una volta, avevo probabilmente 10 anni, ho suonato all’ospizio del mio paese una tristissima canzone di Baglioni “i vecchi” ed è finita con l’intera sala che piangeva!! Alla fine ero diventato l’idolo degli anziani del paese…
Ahahha… assaporavo già il successo!
Scherzi a parte… i primi veri passi nel mondo della musica li ho mossi con gli Hungryheart e parallelamente grazie all’incontro con Marco Tansini, grandissimo songwriter e produttore dal quale ho imparato davvero moltissimo. Ma ho dovuto aspettare i 30 anni prima di potermi occupare di musica a tempo pieno.

MR: Qualche anno fa hai fondato una tua etichetta. Ce la vuoi presentare e raccontarci bene com’è nata quest’idea?
MP: E’ nata dal desiderio di potermi muovere in maniera indipendente, senza paletti, veder realizzare le mie produzioni e nello stesso tempo dar voce ad altre band e artisti che in qualche modo sposano il mio stesso modo di vivere e sentire la musica.
Nel 2006, parallelamente al mio lavoro principale, ho rilevato un catalogo editoriale (fondato nel 1987) e dopo un paio di anni ho iniziato a far uscire i primi album come label. A differenza di altre etichette indipendenti non siamo focalizzati su unico genere o sottogenere… ovviamente la matrice principale è il Rock, ma spaziando dal Southern degli Smokey Fingers fino al Melodic Rock di Giulio Garghentini e degli stessi Hungryheart.
Oggi Tanzan Music è anche uno studio di registrazione e un’Accademia di Musica, un luogo dove ho la possibilità di essere a contatto ogni giorno con molti musicisti, artisti e allievi… non c’è nulla di più stimolante di vivere in un ambiente in cui respira e si fa musica di continuo. Ecco perché lo ritengo il “lavoro” più bello del mondo… nonostante i molti ostacoli nel fare tutto questo in questo paese…

MR: É appena uscito il terzo album degli Hungryheart dal titolo “Dirty italian job”. Ci vuoi parlare di questo nuovo lavoro?
MP: Molti dicono sia il nostro album più maturo e mi trovo totalmente d’accordo. Non mi piace fare paragoni con il primo e “One Ticket To Paradise” perché sono convinto che ogni album abbia la propria storia da raccontare, ma sicuramente questo nuovo “Dirty Italian Job” è un disco molto sentito ed è ciò che più ci rappresenta in questo momento.
E’ l’album che desideravamo fare come band e che sognavo di fare come produttore. Nonostante siano passati alcuni anni dal precedente, l’album si è sviluppato soprattutto in quest’ultimo anno, arrangiando i brani con gli strumenti in mano e cercando di fare una produzione che rispecchiasse il nostro vero sound dando risalto alle dinamiche e l’interplay. Eravamo consapevoli del fatto che il terzo album per una band è quasi sempre un momento delicato e la curiosità di sapere quali sarebbero stati i riscontri era davvero forte…… personalmente ero diventato insopportabile i giorni prima dell’uscita! Josh, Paolo e Stefano non mi sopportavano più!
Ma ora vedere l’entusiasmo e tutti i feedback positivi dai media specializzati di tutto il mondo, ci riempie di una gioia incredibile! Ne approfitto tra l’altro per ringraziare Daniele Mandelli, con il quale collaboro ormai da anni in studio e il cui contributo è stato importantissimo in questo nuovo lavoro!

MR: Com’è nato il nome Hungryheart?
MP: Sono passati davvero tanti anni!! Innanzitutto, a differenza di quello che pensano in molti, il nome non è ispirato a Bruce Springsteen e al suo famoso brano. Probabilmente siamo stati influenzati dal chorus di “Forever Young” dei Tyketto….. “two hungry hearts are on the road…” e abbiamo pensato fosse molto aor! Di sicuro ci rispecchiamo molto in questo nome.

MR: Qual’é la differenza, tra i primi due dischi degli Hungryheart e quest’ultimo?
MP: Il primo album è uscito nel 2008, ma l’avevamo registrato un po’ di anni prima… quindi è sicuramente l’album delle nostre origini. E’ un disco genuino, registrato con un budget limitato, ma che è stato molto apprezzato forse anche per la sue autenticità. Con “One Ticket To Paradise” abbiamo iniziato a maturare sia sotto l’aspetto del songwriting che degli arrangiamenti, sostituendo le influence più sleazy con quelle più melodic rock anni 90.
Dirty Italian Job è la naturale conseguenza, racchiude le nostre influenze ed è anche per noi una conferma del nostro personale stile.

MR: Vuoi parlarci degli altri fantastici componenti della band?
MP: Lo faccio per ordine di militanza…. e quindi non posso non iniziare da Josh Zighetti, fondatore insieme a me della band. Umanamente credo che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo… La sua carica e la sua influenza positiva è incredibilmente importante all’interno di una band… e non solo essendo anche migliori amici. Ci conosciamo da talmente tanto tempo che anche senza dire una parola spesso ci capiamo all’istante, avendo tra l’altro una visione davvero affine di quello che sono musicalmente gli HH. Adoro la sua voce e la sua espressività nel cantare, ha il suo personale “tone”, caratteristica rara e a mio avviso importantissima!
Paolo Botteschi è entrato con One Ticket To Paradise e fin dal primo colpo di rullante è diventato parte integrante di questa band per il feeling, l’affidabilità e la capacità di fare la cosa giusta. Ha un grande background che caratterizza il suo drumming e suona sempre in funzione del brano e degli altri musicisti e mai facendo cose fini a se stesse.
Di Stefano Scola posso dire che il suo ingresso ha dato sicuramente maggior equilibrio. E’ un bassista dal suono moderno e con grandissima musicalità, davvero un talento, che insieme a Paolo da molta sicurezza sul palco. L’impressione che abbiamo tutti noi è che suoni negli Hungryheart da sempre!
Dirty Italian Job è sicuramente il risultato della grande unione, dell’intesa e dell’amicizia che c’è tra di noi.

MR: Promuoverete Dirty italian job con un tour?
MP: Abbiamo già iniziato a fare alcune date in Italia e molte altre seguiranno dopo l’estate. In ottobre faremo un tour in Olanda, Germania e Svizzera e poi successivamente andremo a far sentire i nostri pezzi anche in altri paesi europei.

MR: Mario, nel 2010 sei uscito con uno splendido disco solista d’atmosfera. Come mai questo album, e pensi di registrarne altri in futuro?
MP: New Day è il lato più soft del mio modo di suonare e di scrivere e dove di più si possono sentire le mie influenze west coast, dei songwriter americani degli anni 70 e country.
L’aspetto solista è rappresentato da tutti quei brani, in parte più intimi, che scrivo senza una particolare finalità discografica e quindi con ancora più contaminazioni. La voglia di farne uscire un altro è tantissima, ma purtroppo è il il tempo che manca…. Ma ho già molti brani pronti e spero di riuscire a realizzarlo per il prossimo anno.

MR: La tua voce é stupenda: calda e passionale. Non hai mai pensato di essere il lead singer di una band?
MP: Grazie mille!! Come dicevo prima ho sempre cantato e non ne potrei mai fare a meno. Oltre appunto a New Day, negli ultimi anni ho avuto alcuni progetti come lead singer, come ad esempio l’album Blueville “Butterfly Blues”… e con gli HH in ogni album sono presenti brani cantati in duetto con Josh. Comunque sicuramente in futuro ci saranno molti altri progetti che mi vedranno coinvolto anche come cantante.

MR: Hai collaborato e suonato con diversi musicisti di fama internazionale. Mitch Malloy, Ted Poley, Kelly Keeling, e Nigel Bailey giusto per citarne qualcuno. Cosa ti hanno dato queste esperienze dal punto di vista umano?
MP: Purtroppo non sempre si ha la possibilità di instaurare rapporti umani nel modo di lavorare di oggi, in quanto spesso molti album vengono realizzati a distanza. Nel caso di Mitch Malloy invece abbiamo avuto la fortuna di conoscerci, diventare amici e suonare in alcuni paesi europei. Io e Alessandro Mori siamo anche stati ospiti da lui a Nashville e poi abbiamo suonato a Chicago al Melodic Rock Fest lo scorso Ottobre… insomma si è creato un rapporto che va al di là della collaborazione musicale e fa sempre uno strano effetto quando pensi che da ragazzino eri un fan di questi artisti con i quali oggi sei in contatto costante.
Ma una delle esperienze che più mi ha dato a livello umano è sicuramente il periodo passato con gli Axe che si è concluso con lo show allo Sweden Rock Festival, diventato poi il primo live cd e dvd ufficiale della loro storia. Passare diversi giorni insieme a due leggende come Bobby Barth e Bob Harris è stata un’esperienza che terrò sempre nel cuore.

MR: Abbiamo già nominato Ted Poley. Un’esperienza incredibile: suonare al Frontiers Festival le canzoni dei Danger Danger con Ted Poley e altri grandi musicisti italiani sul palco …..che emozione é stata?
MP: Come per gli artisti sopracitati, anche con Ted Poley è stata un’esperienza condivisa con Anna Portalupi, Alessandro Mori e Alessandro Del Vecchio, quest’ultimo anche produttore dell’album solista di Ted che stiamo proprio ora registrando.
I Danger Danger sono uno dei primi gruppi che mi hanno avvicinato a questo genere e quindi l’emozione di trovarsi sul palco con lui suonando brani come Bang Bang, Feels like love, One Step From Paradise e Beat the Bullet è stata davvero intensissima!
Tra l’altro lui è fortissimo… è impossibile non divertirsi con lui, sia su che giù dal palco! Non appena abbiamo iniziato le prove 2 giorni prima del concerto, stavamo suonando Don’t Walk Away quando lo vediamo uscire dalla sala sbraitando e con la faccia da incazzato! Ovviamente non capivamo cosa stesse succedendo ed eravamo nel panico….. dopo 1 minuto lo vediamo rientrare ridendo come un matto e dicendoci che era dal giorno prima che pensava di farci questo scherzo!!!
Questo è Ted! Numero 1!

MR: Dicci il nome di un’artista con cui non hai mai lavorato, e con cui ti piacerebbe lavorare in futuro….
MP: Nell’ambito del Melodic Rock mi piacerebbe un giorno poter lavorare con John Waite… è un sogno che spero un giorno si possa avverare. E’ un’artista che stimo tantissimo, amo il suo modo di scrivere e interpretare le canzoni e i testi… tra l’altro ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente durante la scorsa edizione del Frontiers Festival!

MR: C’è una canzone di cui vai veramente fiero di aver scritto?
MP: Una su tutte è A Million Miles Away tratta dal secondo album degli HH. E’ un brano scritto di getto e che ha molto significato per me essendo dedicata a mio padre. Anche in questo nuovo album ci sono alcune canzoni che sento in maniera particolare, come You Can Run, Nothing But You e la stessa Shoreline che è stata scelta come singolo.

MR: Qual’é invece la canzone di un altro artista che avresti voluto scrivere?
MP: Questa è una domanda difficilissima! Non saprei sceglierne sola una…. ci sono diversi brani ad esempio dei Toto o dei Bad English che mi hanno accompagnato per tutta la vita e che sicuramente avrei voluto scrivere! Ma anche molte canzoni di James Taylor, Jackson Browne e Eagles.

MR: Qual’é la tua opinione sull’ attuale scena melodic/hard rock internazionale e italiana?
MP: Ho grande stima per tutte quelle band che contribuiscono a tener vivo il genere guardando avanti… e guardare avanti a mio avviso non significa dimenticare le radici, ma anzi farne tesoro e cercare di fare musica con quello stesso spirito e approccio che sono serviti per scrivere la storia, ma anche il futuro di questo splendido genere Ho ascoltato dischi in questi ultimi anni di band nuove e storiche che mi hanno emozionato tanto quanto i dischi che uscivano 20 anni fa’. Credo che per mantenere viva la scena ci sia bisogno sempre di più di realtà vere, oltre a goderci ciò che ancora hanno da dare molti grandi della vecchia generazione. L’insieme di questi due aspetti può rendere il futuro del melodic rock sempre più roseo. Quanto alla scena italiana, è davvero bello vedere quanto di buono abbia prodotto in questi ultimi anni e lo dico avendo avuto la fortuna di partecipare a diversi album come ad esempio Lionville e Shining Line che hanno avuto riscontri molto positivi a livello internazionale. Rispetto al 2008 quando abbiamo realizzato il primo album sono cambiate tante cose, e in meglio! E molto del merito va ai media come voi e a tutti quegli amanti del genere che ci supportano…

MR: Mario, ti ringraziamo per la tua disponibilità. In bocca al lupo per tutti i tuoi impegni futuri.
MP: Grazie a te Alessandro, a tutto lo staff di Melodicrock.it e ovviamente a Denis per il lavoro che state facendo! E’ stato davvero un piacere… a prestissimo!

Contatti

http://www.mariopercudani.com/
http://www.hungryheartofficial.com/
http://label.tanzanmusic.com/

© 2015, Alessandro Lifonti. All rights reserved.

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