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Recensione

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Yes – Heaven & Earth – Recensione

08 Luglio 2014 28 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Progressive Rock
anno: 2014
etichetta: Frontiers Records

Tracklist:

01. Believe Again
02. The Game
03. Step Beyond
04. To Ascend
05. In A World Of Our Own
06. Light Of The Ages
07. It Was All We Knew
08. Subway Walls

Formazione:

Steve Howe – Electric, Acoustic, & Steel Guitars. Backing Vocals
Chris Squire – Bass Guitar. Backing Vocals
Alan White – Drums. Percussion
Geoff Downes – Keyboards. Computer Programming
Jon Davison – Lead & Backing Vocals. Acoustic Guitar

 

Con 46 anni di storia alle spalle, che ci raccontano di successi, ma anche di innumerevoli cambi di formazione, variazioni di sound, alti e bassi, che hanno reso da tempo questa band-leggenda del prog rock totalmente imprevedibile, gli Yes ritornano sulle scene con il loro nuovo album Heaven & Earth, in uscita il 22 luglio via Frontiers Records.

Se, balzando di tre anni indietro nel tempo, mi ritrovo a tessere lodi sul loro precedente (e progressivo) disco Fly From Here, oggi non posso essere tanto positivo nel descrivere un platter, ahimè, davvero anonimo di Howe e soci. Heaven & Earth non ha praticamente nulla al suo interno che ci possa ricondurre alla magia progressiva degli antichi Yes, se non la solita raffinatezza delle melodie, e il grande sound bombastico (curato questa volta da Roy Thomas Baker e mixato da Billy Sherwood), che ritroviamo anche in queste otto canzoni (e ci mancherebbe!). Ma questo nuovo album è troppo rilassato, povero di pure emozioni, incompleto quasi, per essere vero frutto del genio di questi talenti indisussi della musica. Persino il bravo e intonato Jon Davison, sosia puro di Jon Anderson che sostituisce oggi quel David Benoît che tanto mi era piaciuto nel 2011 (ma che mi dicono esser stato davvero scarso in sede live), non brilla come potrebbe, e tutto resta li, appeso a qualche buono spunto e niente più. A sedimentare.

Non c’è innovazione, non c’è un cambio di tempo degno di nota, e il disco si avvicina pardossalmente di più al sound della scena rock melodica, che a quella progressiva. Ma, visto anche sotto questa luce, il platter non riesce però a convincere, risultando distante anni luce da un 90125, tanto per citare un vero gioiello degli Yes anni ottanta. Le tastiere di Downes rimangono infatti spesso troppo soft, angeliche, per colpire nel segno, e anche Howe resta li, sospeso, tra riff insipidi, quasi in secondo piano rispetto alla vocalità del cantante. White poi, alle pelli, sonnecchia su ritmi semplici e banali, e Squire è in totale letargo, perso nella lentezza di questa opera.

Nonostante tutti questi difetti, paradossalmente Heaven & Earth riesce a risultare (per il sottoscritto, a tratti) persino ascoltabile ed orecchiabile, come nel caso dei brani To Ascend e Light of the Ages, eterei e pregievoli. Sono buone anche le armonie delicate di The Game e Step Beyond, ma sono piccoli momenti di gusto nella fiacchezza generale. Tanto che neppure la lunga chiusura di Subway Walls riesce più di tanto a farci balzare in piedi dalle nostre comode sedie.. caspita, perchè anche lei è troppo lenta!!

IN CONCLUSIONE

Gli Yes si sono dimenticati di schiacciare il piede sull’acceleratore, e con Heaven & Earth hanno lasciato la loro lussuosa Bentley in folle, sola in balia della forza di gravità, lungo un pendio davvero troppo poco scosceso per darle velocità. Nonostante l’epicità e le armonie delicate dell’opera, questo album ha il sapore del fallimento, perchè non trova quasi mai il giusto spunto per colpire nel segno, dentro il cuore di chi ascolta.

Otto brani che scivolano via nell’anonimato e nella lentezza ritmica, ricca solo di stile, ma povera di innovazione e genialità. Non è questo che ci aspettavamo dagli Yes, dai!

© 2014 – 2016, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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