Vi prego seguitemi, la nebbiolina sempre più insidiosa inizia a fare capolinea più spesso nelle mie uggiose giornate lavorative, la pioggia è il desktop costante nello slalom tra il traffico cittadino, sempre più pinguini mi salutano all’uscita di casa al mattino e noto con stupore che l’igloo che presumo essere adibito a loro dimora aumenta di dimensioni giorno dopo giorno, insoma i più arguti avranno già intuito che non abito a Cabo San Lucas. Poi, un giorno, improvvisamente, quando meno te lo aspetti poggi la puntina (o fai click su un file mp3 per chi vive di mera realtà) sull’ennesimo disco della tua inenarrabile vita e d’incanto, non ascolti nulla!
Vi prego seguitemi (e due), We Are The Stars è la nuova creatura degli svizzeri China, vecchia marpionesca conoscenza dell’ hard melodico europeo ed è un leggero allegro e incalzante album, foriero di buon umore e di ritornelli che ti si stampano in testa come l’inventario delle tasse da versare ad ogni inzio anno.
Magnificamente prodotto da Tommy Henriksen ed egregiamente suonato senza orpelli, sovraincisioni stratificate, giochi ad effetto, assoli roboanti e altri ammennicoli vari che avrebbero solamente affossato la semplicità di un songwriting adulto ma per nulla pretenzioso o autoreferenziale.
Le coordinate stilistiche si sono sensibilmente spostate rispetto alle precedenti uscite, per i lettori meno enciclopedici mi sembra doveroso rimembrare che il five piece capitanato da Claudio Matteo ha sempre fatto della melodia un segno distintivo ma sempre corroborata da chitarre taglienti secondo gli stilemi classici del genere (Leppard, Whitesnake versione Sykes, Gotthard o anche Vengeance e Lion) ed invece eccoci ritrovati malandrini ad ascoltare un unisci-cella tra il Bryan Adams formato Mutt Lange, gli Stage Dolls dell’omonimo platter, i The Cab oppure ancora i Panic! At The Disco.
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