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Recensione

85/100

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Uriah Heep – Into The Wild – Recensione

30 Agosto 2011 Comment Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01 Nail On The Head
02 I Can See You
03 Into The Wild
04 Money Talk
05 I'm Ready
06 Trail Of Diamonds
07 Believe
08 Southern Star
09 Lost
10 T-Bird Angel
11 Kiss Of Freedom

Formazione:

Mick Box - chitarre, voce
Trevor Bolder - basso, voce
Russell Gilbrook - batteria, voce
Phil Lanzon - tastiere, voce
Bernie Shaw - voce

 

 

Quanto può essere inutile introdurre una realtà storica come questa degli Uriah Heep? Chi al mondo non ha sentito quantomeno parlare di loro? Ci può essere qualcuno che non ha mai sentito neppure una nota di lavori come Salisbury o Demons & Wizards (per citarne due a caso..)? Spero di no e non lo voglio neppure pensare.

Andando dunque fin da subito al sodo, gli Uriah Heep tornano sulle scene in questo 2011 con un album, Into The Wild, che segue di 3 anni l’ultimo lavoro in studio Wake the Sleeper, uscito nel 2008 e non apprezzato proprio da tutti. Vediamolo traccia per traccia..

LE CANZONI

Parte subito energico il disco con Nail On The Head, singolo e video per l’album. Il pezzo è tanto piacevole quanto banale e da forte l’impressione di un qualcosa già sentito, certamente eseguito meglio, dalla band. Fortunatamente sarà l’unico brano del disco a rivelarsi insipido.
Già con la successiva I Can See You infatti il registro cambia vistosamente. Ampio spazio all’hammond, riffing conciso e grande vocalità sono solo tre degli elementi che da sempre hanno caratterizzato questa realtà musicale e che qui trovano perfetta espressione, in un ritmo accellerato che è vera e propria manna dal cielo.
Preziosa la title-track Into The Wild, che ancora non cala di un grado l’intensità del disco, mantenendo invariata la rapidità d’esecuzione e tutta la sua qualità. Molto bello il ritornello corale come il lavoro tecnico della band, guidato con perizia da un Russell Gilbrook scatenato dietro le pelli, al pari di Mick Box alla chitarra e Phil Lanzon alle tastiere, formidabili nel loro continuo duettare.
E ancora il quarto brano, Money Talk, non lascia prendere respiro all’ascoltatore. Denso di profumo progressivo, il pezzo vede Bernie Shaw adattare la sua voce su una tonalità più sporca e rauca, ma non per questo meno efficace. Ancora, I’m Ready si fa forte di grande orecchiabilità, pregievoli melodie e grande lavoro di basso, maschio lungo tutta la durata. Un pezzo intenso, che colpisce l’ascoltatore e quasi lo spiazza per tensione emotiva. Di certo ci troviamo qui di fronte a uno dei top del disco.
Vistoso rallentamento con Trail Of Diamonds, sesto pezzo, che esordisce con una rilassante melodia dominata dalla superba voce di Shaw, dallo stile molto neo-classico. Poi il brano acquista maggiore energia e intensità, allontanandosi dall’atmosfera iniziale per farsi spiccatamente rock per mezzo di un grande riffing e una chitarra che eccelle poi sugli assoli. Tra accelaerazioni e rallentamenti improvvisi, il pezzo chiude trionfale dopo 6 minuti e mezzo di musica ad altissimo livello.
Molto in stile Deep Purple, l’esordio di Believe ci fa tuffare ancora più nel glorioso passato musicale e del genere rock e della band inglese. Su stile analogo, con Southern Star è impossibile non versare una lacrima in virtù dei bei tempi passati, grazie a un sound prettamente settantiano e un lavoro della band da mozzare il fiato. Assoluta la vocalità e la genuina coralità, specie sul ritornello.
Piacevole, Lost torna ad essere un buon compenso di energia e tecnica d’esecuzione, che si fa dirompente sull’assolo di chitarra, di altro livello per chiunque o quasi. Oscura, soprattutto sul ritornello, la traccia rimane comunque dominata dall’hammond, anche qui splendidamente suonato.
Dal ritmo meno incalzante, T-Bird Angel incrementa vistosamente il gusto progressive del disco e la vocalità di Shaw si eleva per ampi tratti a protagonista, su uno stile che in parte ricorda certi passaggi dei primi Marillion. Inchino ancora sull’assolo, magistrale.
Chiude rilassata Kiss Of Freedom, una pregievole ballata di commiato dal grande testo, che esplode in tutta la sua qualità sul meraviglioso ritornello. Musicalmente ineccepibile, la traccia corona densa di emozioni l’album, avvalendosi di rallentamenti, passaggi strumentali e brevi accelerazioni, per poi declinare maestra in un calante fading.

IN CONCLUSIONE

Into The Wild è un signor album, eccome! Netto passo avanti rispetto al predecessore, il disco ha dalla sua un’intensità davvero unica e qualità tecniche ancora una volta d’altro mondo. Il sound è antico e puro come quello dei grandi successi, ed è un elemento fondamentale questo perchè permette all’ascoltatore di raggiungere sensazioni altrimenti impensabili. Di contro, alcuni cali (e in particolare il brano d’apertura, un po’ troppo moscio) penalizzano parte del giudizio finale, lasciando il pensiero che forse su alcuni pezzi qualcosa di più si poteva fare.
Il giudizio è però certamente positivo e la sensazione dominante è quella di un grande ritorno per gli Uriah Heep, forti ancora di tutte le qualità espresse nel loro passato e ancora capaci di comporre musiche uniche e calde, velate di quel gusto progressivo, ciliegina sulla torta del loro meritato successo.

 

 

© 2011 – 2022, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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